Lunedì 6 ottobre

Una boccata d’aria – Diario dalla Palestina 78

banksy.jpg Quello che vedete non è un mirino, ma l’obiettivo di una macchina fotografica. Il gioco degli specchi – che rincorre a vista la mia foto sola – di questo giorno denso.

La vita è ciò che ti succede mentre sei occupato a fare altri programmi, bellissimo ragazzo.
La vita, per sua quotidianamente inopinata sincronia, non può essere fatalista.

Tanto che nel suo grumo, l’oggi, che doveva essere il più pianificato e il più lontano dall’efferatezza della guerra non combattuta ha scartato di lato, fuori dal binario, invertendo i due assunti.

C’era quella favola raccontatami dalla nonna un giorno che fu (lontano come sono i giorni dei racconti delle nonne) di lui che aveva scoperto la lampada magica: quella che gli permetteva di andare avanti nel tempo; e il martedì saltava alla domenica perché sapeva che il dì di festa sarebbe stato gaudente, pieno, bello.
E fu così (lei la faceva più lunga per la mia indefessa ostilità al sonno e alle fini) che arrivò a ottant’anni in un battibaleno, senza averla vissuta, la sua “modesta e timorata gioia di vivere”.

Ecco, oggi si è colorato di uno di quei giorni di vetro – fra martedì e domenica – quelli che non potevi strofinare prima, per cui è meglio lasciarla lì, la lampada.

Eppure è stata la giornata in cui ho fatto la traversata della rozza indifferenza all’ingiusto, nella pigra ferocia dei soldati di stanza a Hebron, nel tronfio disprezzo dei coloni di lì.
E poi una moglie tanto velata, tanto professionalmente impegnata a non stringere mani di sesso maschile, tanto più giovane del marito che avrebbe dovuto essere così laico, così tollerante, così ateo da essere chiamato Gevara, Che Guevara qui. E poi come moglie aveva scelto lei.

Y entonces vivió, de lo oscuro.

Il mio lago di Narciso. Con il vitale fastidio, dubitoso di me, che sarebbe stato il mio ad ascoltarmi la prima volta, a fare le stesse domande, a grattare il barile vuoto delle stesse risposte. Due miei altri occhi.
E per quei pregiudizî amici di una parte sola nemici della pace, quella grata e pudica indignazione di chi sa il mercimonio di questa parola, indignazione.
Dei tanti che preferiscono, testardi, un malinteso giusto, alla gioia lucente di chi ha il cuore in equilibrio, per una pace possibile; che non capiscono cosa è giusto, nondimeno ignorano che ciò che funziona, talvolta, è più giusto di ciò che è giusto.
Chi ama soltanto una classe sociale – figurata – può fare finta che no, ma chi vuole bene alle persone, ciascuna persona, deve fronteggiare la realtà e il possibile. Coi dubbi laceranti, pensarci: non urlare pensieri.

Era già stato un po’ così con lui, più divertito e meno attento. Ma forse quella volta avevo meno bisogno di una testa pensante, di una boccata d’aria.
Non ero ancora abbattuto dalla cecità di questo tipo d’assenza di speranza.
Vorrei incontrare un profeta passeggero, ogni qualche tempo, per sapere che va bene. Che ha uno spiraglio di senso quello che faccio.

Potreste, a buon titolo, dire «cosa ti aspettavi?», sapevi di chi ha il fucile e ha paura di chi non ce l’ha, e sapevi della desolazione di chi non ha la grazia di Dio di essere maschio anziano. Ma si è sempre pronti a sapere, non a vedere.
C’è dell’altro.

Mi disse, una persona con un bel terreno e poca voglia di lavorarlo, che chiedeva agli altri di abitare-la-sua-stanza-senza-mai-spostare-niente-senza-mai-fare-rumore. In passato mi aveva sempre contestato l’irruenza del mio prender gli altri per mano, leggendo il mio Diario aveva glossato con brute ma non tiepide parole. Mi scrisse:

Non so, credo potrei sciogliermi per la dolcezza delle cose che scrivi e per la tua ingombrante presenza sorridente nelle foto. Sarà che non mi sembra la stessa persona che ho (appena*) conosciuto (?).
a presto

*appena nel senso di “poco”

Risposi che

È sempre stato il mio modo di dedicarmi agli altri, irrispettoso, invasivo, ingombrante.

Non aggiunsi che parte dei motivi per cui ho lasciato l’Italia per un po’, sono i tanti «devo» orecchiati: è bello capire che qualcuno capisce quelle ultime tre voluminose parole, piuttosto.

Tornerò, perché ora sto partendo, o qui o a Jenin, fra un mese.
E quando avrò il cuore stanco aspetterò l’arrivo della prossima, nuova, boccata d’aria.

4 Replies to “Lunedì 6 ottobre”

  1. sono stato un quarto d’ora su itunes per trovare una citazione appropriata da qualche canzone.
    alla fine risolvo dicendo che adoro l’ultimo album dei sigur ros, e così
    með suð í eyrum við spilum endalaust

    spero ti faccia bene passare un po’ di tempo in italia
    best luck

    ciao

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