I conti della resa
La sconfitta è piena. Tutti i “ma” che ho sentito mi sembrano veramente stropicciati.
I giovani non hanno votato più il PD che il PDL+leghe, anzi hanno votato più PDL/leghe. Fare festa su di un mezzo punto percentuale in più alla camera è ridicolo.
È assurdo anche fare festa perché il pallino del governo sarà alla Lega Nord, con quel risultatone che ha ottenuto: non si può gioire per la vittoria di un partito di trogloditi.
Anche consolarsi con la disfatta della sinistra scolorita non è un gran bel vedere, ciò significa che un governo di centro sinistra vero (tipo Zapatero) in Italia non si potrà fare per mooolto tempo.
L’unica consolazione per me, è stata quella di andare soli: pensare se il PD si fosse presentato con la super coalizione dell’altra volta, che disastro ci sarebbe stato. Chi suggeriva questa soluzione, anche dentro il PD, ha preso una batosta ancora più grossa.
La resa dei conti, o i conti della resa?
In trepida attesa dei primi dati, con contrastanti sondaggi clandestini alle mie orecchie, ecco le mie dichiarazioni di voto
:
Senato PD
Camera PD
Sindaco Grillini /disgiunto PD
Provincia PD (Zingaretti)
Municipio radicali (come si chiamava?)
Effettivamente fanno molto intellettuale del voto.
Fra’ Giuliano e noi
La migliore dell’election day.
Piuttosto che sbagliare
Volevo scriverla da tempo questa cosa – e già questo è un anacoluto come scrivere “a me mi”, però come scrisse qualcuno, citato anche qui (da sempre negli scritti altrui), “l’importante non è fare errori, ma non sapere che lo sono”.
- ‘Piuttosto’ significa invece, non oppure.
es. Possiamo andare al mare piuttosto che in montagna = andare al mare è meglio che andare in montagna
Spiegazione: piuttosto, più tosto, significa più velocemente. Prima, quindi più graditamente. Fare un lungo elenco intervallato da ‘piuttosto’ è come fare una graduatoria, il 10 piuttosto che il 9, piuttosto che l’8, piuttosto che il 7.
- Si dice “nelle file”, non “nelle fila”.
es. Batistuta entra nelle file della Fiorentina – Ho tirato le fila del discorso.
Spiegazione: in latino fila e filum sono due parole diverse, così in italiano fila e filo. La fila, al plurale file, è quella che si fa alle poste: non ha dunque senso dire che qualcuno fa parte delle ‘fila’, a meno che non si parli di tessuti. Il filo, quello con cui si cuce, ha due plurali uno analogico ‘fili’, e uno più colto in ‘fila’ (filum è neutro, al plurale ha la terminazione in ‘a’, come ‘braccia’). Entrambi sono più che accettabili, quindi si può dire sia “i fili per cucire” che “le fila per cucire”, con una preferenza per il plurale in ‘a’ nelle espressioni idiomatiche, e quello analogico ‘fili’, in tutte le altre circostanze. Invece dicendo “nelle fila”, si fa confusione fra le due radici.
- Si dice “sua sponte“, o “di sua spontanea volontà”, non “di sua sponte”.
es. ho fatto quella cosa mea sponte, ha fatto quella cosa di sua spontanea volontà.
Spiegazione: sua sponte è un’espressione latina, e non ha quindi bisogno di alcuna preposizione poiché questa è già espressa nella terminazione. Sarebbe la stessa cosa che scrivere “in grosso modo“. Ovviamente è pienamente ammissibile anche la traduzione italiana di tutta la frase: di sua spontanea volontà. Quindi o tutto in italiano, o tutto in latino, non a metà.
p.s. C’è un pigro tic che fa leva sulla stessa pigrizia: quello di pensare che chi corregge qualcun altro lo faccia per supponenza anziché per dargli una mano. Del tutto affine al ritornello menefreghista per cui “non accettiamo lezioni da chicchessìa”, questa abitudine, invero molto italiana, eleggerebbe la noncuranza quale comportamento da seguire.
Certo, ci sono occasioni e occasioni, non è il caso di far notare un raddioppiamento fonosintattico sbagliato al sermone di un funerale, ma in generale chi corregge qualcun altro dà la possibilità a questo di imparare qualcosa. Se tutti mi fossero stati zitti, avrei continuato a non sapere tanti degli errori che faccio o facevo.
Spiegare dove si sbaglia è altruista, senza spranghe o giustizialismi, ignorare per non fare brutta figura è cieco ed egoista. I care.
p.p.s La nemesi: volendo correggere altrui malcostumi linguistici, avevo fatto uno strafalcione ben più grave io (mia anziché mea sponte, grazie Arianna). Ben mi sta; eterogenesi dei fini, questo mi dà il destro per citare un’altra ragione per cui è giusto arrischiarsi nel correggere gli altri: avere l’occasione di essere corretti a propria volta. [un concetto che mi ha ricordato il punto uno di questo, dagli scritti altrove]
E la nebbia?
Uno vorrebbe liberarsi dai luoghi comuni, prestare tutta la sua apertura di vedute, non dare per scontate le cose, e poi la cruda realtà lo aggredisce: sono 72 ore che sono a Milano e non ce ne sono state 5 di fila senza la pioggia…
Giro delle Fiandre
È come alle rimpatriate con vecchi compagni di classe o quando ti ritrovi con quelli del gruppo con cui hai fatto quella vacanza-studio, molto vacanza e poco studio, in chissà quale paese anglofono, o – immagino – fra ex-commilitoni.
Ti ritrovi, una volta ogni tanto tempo, e stai lì a raccontarti tutte le cose che sono successe. E che tu già sai, e che tu già sai che loro sanno. E perfino, specie le volte successive, che sai già che loro sanno che tu sai. E allora ti ricordi quello che fece Beppe, e quello che fece Valeria, e quando insieme abbiamo fatto quello scherzo, dài che fico, ti ricordi? E quello scemo invece? quello che prendevano in giro tutti, ti confesso che a me – in fondo – è sempre stato simpatico…
Sì che mi ricordo. Perché me l’hai raccontato ciascuna delle altre quattro o cinque volte che ci siamo riuniti, e io ti ho risposto «sì, sì davvero…e invece ti ricordi..» ricominciando a narrarti le gesta di Matteo, che ho rivisto – a proposito lo sai che l’ho rivisto (sì che lo sai, te l’ho già detto l’ultima volta). Accidenti quanto era cambiato.
E ti senti in un mondo molto esclusivo.
Ecco, il ciclismo è così: ci sono quei commentatori, che non si sopportano mai, e a cui si trovano tutti gli errori del mondo, e poi ne arrivano altri e dici “ah, com’erano meglio i passati”.
E con loro hai il rapporto dei vecchi amici, iniziano a raccontarti ogni anno le stesse cose, e tu le apprezzi. Le sai già, ovviamente, tutti gli appassionati di ciclismo sanno che «ah, il Muro del Grammont.. se lo dici ai fiamminghi… si chiama Geraardsbergen… anzi, ti dicono che non sanno dov’è, se gli dici il Grammont». Lo sai benissimo, però ogni volta che lo senti dire ti senti confermato nelle tue sicurezze, parte di un mondo, un mondo molto esclusivo: come il mondo di quelli che sanno di quella volta che Carlo si arrampicò su una finestra del college per entrare nella camera della ragazza, e sbaglio camera.
Poi ti ricordi di quando te l’ha spiegato qualcuno, perché qualcuno te lo deve spiegare, te lo sei segnato con cura, e ti sei sentito ammesso al circolo. È lo sport più romantico del mondo, non può essere che un po’ conservatore, e un po’ aristocratico.
Ah, il Fiandre l’ha vinto Stijn Devolder, uno che sta sempre per. L’anno scorso stava per vincere addirittura la Vuelta, poi crollò. Stavolta ha fatto il gregario, ha rincorso, è andato in fuga. Insomma ha fatto tutto, gli mancava di vincere. Quelli dietro si rialzano, non c’è accordo, è fatta. Il distacco aumentava. Poi proprio quando sembrava ovvio che stesse per vincere parte Flecha e dietro Nuyens, si riportano a 9 secondi. È cotto, ha troppi km nelle gambe, l’hanno ripreso. Invece, inspiegabilmente, il distacco ha ricominciato ad aumentare e proprio quanto stava per vincere – per una volta – ha vinto.
NYT
“Mr. Veltroni, a mild-mannered former Communist, has adopted Barack Obama‘s “Yes We Can” slogan for his campaign. But he probably can’t.”
Fango
Più Paperino lui, o più Gastone l’altro?
Sei grasso, e ti tirano le uova
Ma questi non erano quelli che (giustamente) dicevano che lanciare uova a chi non si sopporta fosse un gesto vergognoso e liberticida da due minuti d’odio?