Sarò io a propalare?

Ho conosciuto questo tipo qui, l’ho visto due volte – passando due notevoli (quasi illustri) giornate – e tra le due volte ha scritto questo post delirante, e, quasi come nemesi, dall’impianto filosofico così distintamente fiacco.
Faccio davvero questo brutto effetto?

E sapete la cosa che, appuntitamente, mi ha più indiposto? “Occidente” scritto minuscolo.

Latitanze

Le mie, sono (state) dovute a una brutta influenzaccia, e a un po’ di giri di cui renderò conto.

Balcani

Più ne leggo, qua e qua ultimamente, più mi sembra di capire che i balcani siano la cosa più simile al Medio Oriente che c’è. C’era anche un mezzo programma di farci un salto, tornato da qui, a Sarajevo. Chissà.

Confronti

La rivista Confronti ha fatto, a febbraio, uno speciale sul Medio Oriente. Il direttore mi ha chiesto se potesse pubblicare uno dei miei articoli. ovviamente ho detto di sì.

E. E.

Allora, extraterrestre, dallo spazio, la solita storia. Arriva qui, e noi gli spieghiamo.

VITA E MORTE
I cattolici sono (fra) quelli che credono in Dio; credono – in vari e diversi modi – che c’è una vita dopo la morte. Credono anche che questa vita successiva, se meritata, sia mirabilmente migliore di quella che viviamo qui.
Quindi li si dovrebbe ritenere più inclini a considerare prossimo al ridicolo il valore di questa vita, tantopiù che morire prima significa traslocare nel luogo più bello, nei pressi del Creatore.

Muore giovane colui che è caro al Cielo. (Menandro)

I non credenti, al contrario, sono persone che – in genere, si semplifica per l’extraterrestre – credono che la vita finisca dopo la morte. Quindi che abbiamo solo questa, e prima e dopo c’è il niente. Perciò anche una vita brutta terribile e noiosa dovrebbe essere enormemente meglio che niente, il Niente.
Ovviamente si può anche prendere in considerazione l’ipotesi, che il proprio non esistere sia migliore dell’esistere. Condizione rara, inauspicabile, ma non inammissibile, considerato che – qualunque sia il caso – a un certo punto il bus si ferma.

Non prendere la vita come una cosa seria, tanto – comunque vada – non ne esci vivo. (Hubbard)

LIBERO ARBITRIO
I cattolici sono quelli che pensano che siamo al mondo per compiere l’opera del Signore in Terra. Alla fine dei giorni Dio (la Verità) giudicherà tutti in base al modo in cui ognuno ha usufruito del proprio libero arbitrio. Il Libero arbitrio è quello che fa di un uomo una vera persona e non un burattino. Dio potrebbe tutto, ma decide di non mandare in opera la sua onnipotenza, così da mettere alla prova il genere umano, individuo per individuo: questa è la ragione per cui a tutti i farabutti del mondo è permesso di compiere il male che ci circonda, le vittime saranno ricompensate nella vita futura.

Se Dio esiste dovrà chiedermi perdono (Anonimo su un muro di Auschwitz)

I non credenti sono quelli che, assumendo la non presenza di una Verità assoluta, e quindi l’assenza – ora domani o fra due milioni di anni – di un’Entità giudicante, cercano in alcune convenzioni sociali e umane la via per abitare degnamente questo pianeta. Fra queste ci può essere quella di impedire a una persona di commettere il male, in nome del bene comune. Il metro di questo giovamento non può fondarsi su pretese ricompense successive che il non credente non ammette, né sulla paura che la non osservanza di patti sottoscritti con un’entità non riconosciuta (l’Autorità) possa danneggiare una vita alternativa all’unica creduta dal non credente.

Se esiste una specie di Dio capace di condannarmi perché non ci ho stretto un patto: pazienza! Non ci tengo a passare l’eternità in compagnia di uno così. (McCarthy)

COSCIENZA
Per Dio contano le intenzioni: non quello che uno combina, ma la coscienza di chi le commissiona a sé stesso o ad altri. Quindi non ha alcun senso cercare di impedire un peccato, bisognerebbe semmai tentare di cambiare l’idea alla persona in questione: sia a priori che a posteriori (la rivoluzione del perdono). Invece costringerla ad agire, o impedirle di fare ciò che un credente ritiene sbagliato è in contrasto con gli assunti della propria fede per due ragioni: Dio guarda la coscienza e non l’effetto, così si detrae un individuo del proprio libero arbitrio.

È dell’uomo desiderare che anche gli altri gioiscano del bene di cui noi gioiamo, non di costringere gli altri a il nostro modo di pensare. (Spinoza)

QUINDI
Perché sbaglia, il povero extraterrestre, a pensare che – giusto o meno, sacro o meno, mezza vita o morte – sia in contraddizione con ogni cosa dire a una famiglia che la vita della loro figlia appartiene più alla nostra idea di lei che a essa (la famiglia), e – per quelli che ci credono – al giudizio del Signore?

Perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore (Cristo)

E IO
Sai che c’è? A me la vita piace tanto, non perché c’è ma per le persone che ci stanno dentro. Se io ci dovessi capitare, perché dovrebbe decidere la parte rimasta di me, anziché tutti loro? Se dovesse capitare a me, decidano le persone che hanno fatto la mia vita, e non io che l’ho solo vissuta.

La vita è un dono meraviglioso. Vi assicuro che l’ultima cosa che farò sarà morire! (Benigni)

Sono degli stronzi

Non riesco a trovare altre parole. E dei farabutti.

Prima di venire qua in Palestina facevo una piccola cosa, un paio di volte a settimana, che era insegnare italiano agli immigrati. Chi mi conosce sa quanto sia rompipalle sulla lingua, quindi diciamo che insegnarla era la naturale prosecuzione della mia noiosità. E mi divertiva molto. I posti erano pochi, sono pochi, una quarantina che diventavano sempre settanta, con la gente che stava in piedi, solo per seguire queste lezioni gratuite che io – e molti altri bravi insegnanti improvvisati – tenevamo. C’era anche gente che non entrava, perché fisicamente non c’era spazio, e così anche un’ora e mezza prima della lezione (un’ora e mezzo!!!) c’era una fila di persone che stava lì ad aspettare soltanto per riuscire a entrare nella struttura, e poter imparare un po’ d’italiano, primo strumento per cominciare una nuova vita. Vedere quella fila di gente in attesa era il miglior anticorpo a quella scemata secondo cui gli stranieri non hanno voglia di lavorare: io, la voglia di fare un’ora e mezza di fila, non l’avrei avuta.

C’erano molte piccole soddisfazioni, come potete immaginare: quando qualcuno tornava dopo settimane a dirci “ho trovato lavoro come giardiniere”, oppure quando per Natale mi regalarono un sacchettino con qualche caramella e una scatola di gessi. Lì c’erano persone che avevano fatto viaggi incredibili, avevano bevuto la benzina per non morire disidratati, avevano rischiato di esser ammazzati per la loro fuga, in giro per tutto il mondo. Eppure, nonostante avessero visto (o forse proprio per questo) tutto il male del mondo, coprivano l’insegnante di una gratitudine per quel paio d’ore spese per loro, davvero commovente.”Grazie maestro”, la prima cosa che tutti volevano saper dire.

C’era una cosa molto importante che ricordavamo sempre, a ogni lezione: «mi raccomando, se state male potete andare in ospedale, anche se non avete i documenti». E se vedevamo qualche faccia dubitosa, si rimarcava il concetto: «le cure mediche – in Italia – sono assicurate a tutti, e nessuno può chiedervi nulla né tantomento rispedirvi al vostro paese».
Molti degli studenti, quando dicevo questa cosa, si stupivano e gli si leggeva sul sorriso la contentezza per essere arrivati in questo Grande Paese civile.

Ecco, uscivo di lì e – come pochissime volte mi è capitato – ero davvero orgoglioso di essere italiano.

Io no

Non ci avevo già pensato. Bella considerazione. È un po’ come quando si dice che è la legge a fare costume e buone abitudini, e non viceversa: si parli di diritti delle donne, o di fumatori nei locali pubblici.

p.s. Certo che – dopo essermi imposto la regola di accettare o chiedere l’amicizia soltanto di coloro che ho visto in faccia  – ora mi verrebbe voglia di chiedere l’amicizia a Daria Bignardi, per vedere se ho la faccia da pirla o se il mio nome le ispira qualcosa…

p.p.s Questo post parla di Facebook! Contenti?

L’ateismo NON è una religione

Mi sapete un tipo piuttosto equilibrato, credo, sulla gran parte delle questioni. Permettetemene una, quindi, e cioè di bandire da questo blog una fesserìa che proprio non riesco a reggere: quella storia per cui l’ateismo sarebbe «un’altra religione». Arrivo fino a capire, con tanti distinguo, che si possa estendere la definizione di “religione” a un’ideologia, il comunismo è l’esempio più comune, perché può portare con sé un’adesione fideistica propria delle religioni. Ma l’ateismo è, per definizione, valido fino a prova contraria.

Ancor più inspiegabile è che spesso arrivino a definire l’ateismo come una religione, coloro che in Dio ci credono davvero, e che quindi dovrebbero avere un’alta opinione del concetto di religione, e non usarlo come categoria screditante il pensiero altrui.

Secondo me, come ascoltai una volta: «definire l’ateismo una religione è come definire il non collezionare francobolli un hobby». Non so se era sua, ma aveva ragione.

Lo spirito di Roma

Quando dico che in Palestina mi manca lo spirito di Roma, ovviamente mi chiedono cosa sia questo spirito, non so mai bene come spiegarlo, allora racconto il solito episodio: scatta il verde al semaforo, ma la prima macchina in fila vede alla guida una ragazza intenta a truccarsi; caso vuole che il mezzo dietro di lei sia un camion, con tanto di camionista d’ordinanza. Il quale non fa nessuna delle due reazioni che uno s’aspetterebbe, quello educato che aspetta pazientemente, e quell’altro – più comune – che si attacca al clacson, incazzoso. No, lui si sporge col gomito dal finestrino e – rivolgendosi alla pilotessa della macchina davanti – in tono bonario fa: «a regazzi’, piuvverde deccosì nun ce diventa».

Ecco da oggi, grazie ad Alessandro Gilioli, di episodî ne ho un altro:

Oggi, sull’autobus 714, durante un alterco tra passeggeri imbottigliati, a un certo punto uno dei litiganti se n’è uscito con la più classica delle frasi, quella che credevamo ormai confinata alle commedie degli anni ’60: «Lei non sa chi sono io!» – ripetuta oltre tutto almeno tre volte.

Ad alterco consumato, il litigante in questione – un cinquantenne onusto di sdegno – se la prendeva anche con il conducente del suddetto 714, gridandogli: «Basta, me ne vado, mi faccia uscire di qui!».

Al che il dipendente dell’Atac – incuriosito dagli eventi – ha frenato e si è voltato pacato verso i passeggeri: «Io je apro, dottò, però adesso ce dice chi cazzo è lei».