Questi sono i 5 minuti di chiacchierata che ho fatto a Condor, con Gianluca Neri e Cinzia Spanò su Radiodue, la puntata intera si trova qui ma ora il database sembra avere problemi.
Domani mi dovrebbe intervistare una radio australiana (!), poi dovrei tornare un allegro anonimo cazzone come prima: peccato, mi piaceva essere una star!
Mi hanno ricontattato quelli di Raitre, davvero molto gentili, soltanto per dirmi che il servizio va in onda fra pochi minuti su RaiTre, all’interno di un programma che si chiama “Lineanotte”.
Chi avesse voglia, ci dia un’occhiata: non ho idea di quello che ne è venuto fuori, tantopiù con la faccenda della polizia che mi ha scacciato.
Nel senso che «via via» l’hanno detto a me: m’hanno cacciato!
Fra l’altro era venuta pure Raitre a riprendere, un casino! Dunque, con ordine: mi contattano da RaiTre, mi chiedono se possono venire a riprendermi. Dico loro di sì, che non ho nulla in contrario, però che non sia una candid camera. Cioè, che io faccio quello che faccio sempre, parlo e chaicchiero con tutti, e loro riprendono ciò che vogliono: che io non debba inventarmi nulla, insomma. Mi dicono che non c’è problema, che è ciò che vogliono fare anche loro. Quando arrivo, loro sono già lì: iniziano a riprendere, ma con la telecamera (comprensibilmente!) non si avvicina nessuno. Allora chiedo loro di allontanarsi, di farsi un giro: sono molto gentili e se ne vanno proprio.
Intanto comincio a raccogliere le firme contro l’ineluttabilità della morte, questo è il bottino quando mi cacceranno, è un bottino magro se considerate che voglio arrivare a 3 miliardi più uno di firme per raggiungere il quorum degli individui interessati (tutta la Terra), per poi proporre il testo di legge al capo del mondo Ronald McDonald (c’è sempre McDonald dietro a tutto, guerre, manovre finanziarie, deve essere uno importante, no?).
Dico a tutti di firmare con un nome fittizio, altrimenti la morte potrà individuare i proprî nemici giurati, e non è carino: purtroppo l’escamotage non funziona, perché Topolino firma con il nome di Berlusconi, e Berlusconi firma con il nome di Topolino. Rendendoli entrambi chiaramente indentificabili come firmanti contro la morte. Da registrare anche un Gesù di Nazareth, e un Rolando la Canna (chiedevo sempre il cognome, le raccolte firme o si fanno per bene, o non si fanno).
Intanto ho iniziato a parlare con Valerio e Mattia, Valerio ha una storia incredibile, sembra una puntata di report. Mi racconta di una vitadi droga, criminalità, braccia rotte, prostituzione, coltellate quando aveva ancora 13 anni. Nato a Napoli, ha vissuto nei Quartieri Spagnoli fino a 17 anni, sua madre è lesbica «va con le donne», dice. Sembra che le voglia bene nonostante questo. Dice: «mi avrebbe fatto più schifo se era una persona ‘e mierd». Gli dico la mia opinione, che non c’è nulla di cui vergognarsi nell'”andare con le donne”. Non so perché, si fida di me. Mi spiega come funziona il mercato della droga, usa un sacco di termini tecnici curandosi di spiegare di cosa si tratta, mi spiega che a Scampìa la droga si trova a ogni angolo, 15 € il crack 13 € l’eroina. Si interessa molto quando gli dico che io ho fatto un paio d’anni di volontariato, dice che vuole espiare le sue colpe – non parla delle rapine, né delle botte, ma di aver avviato persone a cui vuole bene all’eroina. Gli sconsiglio di fare volontariato per questo: gli dico che ogni persona è quello che è, in quel momento, che il Valerio del passato è un’altra persona, quindi lui non deve espiare. Semmai provare a dare una mano a quei suoi amici. Che il volontariato, ognuno di noi – glielo posso testimoniare – lo fa per piacere personale. Se un giorno gli piacerà farlo, allora sarà giusto che lo faccia. In tutto questo tempo Mattia sta zitto, delle volte annuisce. Intanto tornano quelli di Raitre, chiedono se possono riprendere: Valerio chiede di essere ripreso da dietro, mi racconta di Nancy, la sua ragazza, che è ancora a Napoli, da un anno. Le dico d’invitarla qui, «e che farebbe qui?» mi chiede, «e che fa lì?», «nulla», mi risponde. «Allora dille di venire qua». Alla fine gli chiedo, come a tutti gli altri, se posso fargli una foto per metterla sul mio diario online, sono praticamente certo che mi dica di no, invece si mette in posa con l’amico. Non so come funzionano queste cose delle bande, non vorrei metterlo nei casini: ho tolto il viso.
Con Luca riesco a parlare soltanto del mio cavallo di battaglia sui gabinetti con scritto “signori” e “signore”: «tu vai al bagno da solo o in compagnia?» «da solo, solitamente» (mi piace il “di solito”, ma evito di puntualizzargli che invece le donne vanno insieme al bagno, come si dice: le vere amiche si vedono nel momento del bisogno). Uno che va da solo al bagno non è un “signori” è un “signore”, quindi io quando sono da solo, mi sento legittimato a entrare nel bagno con scritto “signore”. Luca è del tutto d’accordo con me!
Poi arriva la polizia e mi fa sloggiare, a Luca trovo il modo di fare la foto soltanto nella disperazione del riporre le sedie per andarsene.
Sullo sfondo si vede Valerio che telefona: per un attimo avevo esistato e gli avevo chiesto «ma è tutto vero quello che mi stai raccontando?», mi sembrava una storia così spaventosa. Lui dice che mi va a prendere le denunce a casa, per dimostrarmi la veridicità della storia, poi non c’è verso: vuole farmi parlare con la madre perché mi confermi che è tutto vero «unica cosa, non dirle della banda». Gli dico che non c’è alcun problema, e non c’è bisogno di farmici parlare. Insiste, insiste insiste, alla fine parlerò per un attimo con la madre di Valerio. Se ora c’è una persona a cui auguro tutto il bene, davvero, è Valerio. In primo piano Luca con le sedie in mano, mentre sbaracchiamo:
La polizia: mentre parlo con Luca, arrivano due poliziotti in motocicletta. Mi chiedono se ho l’autorizzazione. Dico che no. Mi dicono che per stare lì serve l’autorizzazione del comune, gli chiedo: «ma per parlare con chiunque di qualunque cosa, serve l’autorizzazione?», mi risponde «sì». Sì, soltanto “sì”, non “eh, ma facendo così…” sembra romanzo di Kafka. Non sono maleducati, comunque, mi spiegano che è occupazione di suolo pubblico, e sicuramente hanno ragione loro.
Mi dispiace perché è una di quelle leggi sicuramente utili: altrimenti ognuno può fare qualunque cosa che disturbi gli altri, ma forse andrebbe applicata con un po’ meno di zelo, non infastidivo nessuno – non ho mai “accalappiato” le persone, chi era interessato a parlare veniva sua sponte, né intralciavo niente: la piazza è enorme e io stavo nel mio solito angolo (c’è ombra lì).
Chissà che non abbiano visto le telecamere, e pensato che fosse uno di quei programmi tipo “ah, guarda come il Comune di Roma permette queste cose illegali!”, perché l’altra volta mi son passati accanto un sacco di vigili, polizia, carabinieri, e non mi ha detto nulla, mentre stavolta sono venuti per mandarmi via quasi subito.
La troupe della Rai, che aveva da tempo riposto tutto e probabilmente stava aspettando la macchina che li riportasse a casa, appena sono arrivati i poliziotti ha ricominciato a filmare, e mi ha chiesto di raccontare quello che era successo. Loro insistevano particolarmente perché raccontassi alla telecamera dell’allontanamento da parte della polizia, io ho provato a metterla un po’ più sullo scherzoso, anche perché sono sicuro che quei due che son venuti, dentro di loro pensavano “che compito ingrato, rimuovere uno stendino”, e magari senza l’uniforme sarebbero venuti a parlare anche loro: non sono di certo un martire, c’è di molto peggio che questo. Però mi dispiace.
Hanno intervistato anche Lina e Mario che stavano aspettando che finissi di parlare, chissà cosa ne verrà fuori.
Alla fine non so che dire, mi dispiace davvero che mi si sia rotto il giocattolo: magari non è così difficile avere un’autorizzazione dal Comune per occupare un paio di metri quadrati, proverò a informarmi. Sarebbe bellissimo avere l'”Autorizzazione dal Comune di Roma per parlare con chiunque di qualunque cosa”, me la attaccherei in camera.
Ci ho pensato un po’ a quando tornarci, fosse stato per me ci sarei tornato anche l’indomani, tanto m’ero divertito. Però la valanga di commenti e proposte mi aveva un po’ fatto esitare: chi mi diceva di farlo tutti assieme un giorno, chi mi chiedeva il permesso di usare uno stendino (ci mancherebbe altro!), etc.
Non che non mi facesse piacere il successo dell’iniziativa, anzi fanfarone come sono, però avevo paura che organizzarlo come un “evento” finisse per farlo diventare una baracconata, molto più di ciò che era, improvvisato, domenica scorsa. Così avevo pensato di non scriverlo sul blog, la prossima volta che l’avrei fatto. Ma anche questo è sciocco. Effettivamente non ho nulla in contrario a che la gente, anche se sa già di cosa si tratta, venga a chiacchierare. Chiedo solo una cosa, per non perdere di spontaneità: se qualcuno volesse venire, faccia come se fosse capitato lì per caso, altrimenti si rompe l’incantesimo.
Non so se stavolta pubblicherò le foto e i racconti, vedo come mi gira stasera.
Dunque ci torno oggi nel tardo pomeriggio, volevo cambiare il posto, ma poi perché? Piazza del Popolo è così adatta, affiancherò il vecchio cartello a questo nuovo:
L’attività principale rimane quella di parlare con chiunque di qualunque cosa, ma a chi si fermerà proporrò anche la mia raccolta firme contro la morte. In un sacco di piazze italiane c’è chi raccoglie le firme per abolire la pena di morte, ottima causa: ma, come insegna sempre mio nonno, bisogna risolvere i problemi a monte!
Ovviamente si dovrà firmare (ma solo la firma!) con un nome inventato – Amadori Valter il mio – altrimenti la morte ti riconosce…
Ieri c’era lo sciopero dei blogger, contro una norma del decreto Alfano che obbliga chi scrive su internet a rettificare una baggianata pubblicata poco prima. Sulla faccenda sono un po’ combattuto.
Non c’è dubbio che il limite delle 48 ore per la rettifica sia una cosa ridicola, come l’equiparazione di ogni sito internet a una testata giornalistica: era già stata proposta un altro paio di volte, questa cosa, no?
Ho idea che, come nei casi precedenti, l’estensore fosse un incompetente non un censore: perciò i toni apocalittici con cui si è parlato di “imbavagliare” i blogger non mi sono piaciuti; come hanno detto in tanti, i luoghi dove ti imbavagliano sono altri – l’Iran, la Cina, la Russia – e si muore per protestare.
Al di là del merito specifico mi son domandato se pensiamo – io primo fra tutti – che su internet sia giusto poter fare qualunque cosa soltanto perché è sempre stato così, e non perché abbiamo riflettuto e deciso che sia davvero giusto.
Qual è il limite, se ci deve essere un limite? Non lo so. Però ad esempio penso che il giornalista che ha scritto sul suo blog che Alessandro Gilioli ha organizzato questo sciopero in ossequio “al suo padrone che lo manovra e lo foraggia” dovrebbe dimostrare le sue calunnie, o – sì – essere costretto a scrivere un bel post di rettifica e di scuse a Gilioli.
Ma mi sono reso conto che non era neanche quello il motivo per cui ho avuto un po’ di diffidenza riguardo all’adesione a questo sciopero, e non ha a che fare con questa iniziativa, ma proprio con la forma dello sciopero: l’idea che i blogger debbano scioperare per una norma che li tocca sarà pure normale, ma è il tipo di politica guercia e settaria che non mi piace. Ognuno si fa i fatti suoi: gli omosessuali difendono i diritti degli omosessuali, le donne i diritti delle donne, come se vivere in uno Stato che limita i diritti di una categoria non offenda anche me, che incidentalmente non appartengo a quella categoria.
Siamo abituati così, quindi non è un’accusa, ma una domanda a me per primo: se pensiamo che uno sciopero abbia qualche efficacia (magari ce l’ha, almeno nei confronti dell’opinione pubblica), non era più bello – dico proprio “bello”, giusto, sensato – farlo contro le leggi più indecenti fatte da questo governo come – mi viene in mente questa, perché mi rese furibondo – la denunciabilità dei clandestini che si presentano in ospedale per ricevere delle cure?
“Persone come te, farebbero migliore il mondo” “Sei un esempio per tutti noi!” “Bellissimo! ma non fermarti a Roma” “è un atto di pura intelligenza, alla quale non siamo più abituati”“Se qualcosa un giorno dovesse mai cambiare si partirebbe da questo tuo gesto”
Sono qui per presentare la mia candidatura a Presidente del Mondo. Farei anche il Dittatore del Mondo, ma sono democratico. Ho, ora, la certezza – in verità sempre posseduta – di essere sempre nel giusto, e non poter sbagliare mai. Sono però un Presidente del Mondo democratico, lo ripeto, quindi ho stabilito che anche gli altri possono avere ragione, alle volte. E c’è un modo molto semplice per capire quand’è che voi avete ragione, ed è precisamente questo: quando siete d’accordo con me.
Ragazzi, no, ecco, sono un po’… stordito. Quelli qui sopra sono estratti dei commenti all’iniziativa del banchetto, forse – voglio dire – sono un po’ sopra le righe. Alla fine, e anche all’inizio, è una scemata. La scritta non l’ho neanche inventata io. In fondo la cosa originale che c’era, era l’assoluta mancanza di un secondo fine… Per dire, personalmente sono più orgoglioso della laurea con la maglia della Fiorentina. O di mille altre cretinate creative.
E la cosa fondamentale è che è stato un sacco divertente, non credo che si cambi il mondo così, anche perché penso che il mondo sia già cambiato. Sapete una cosa? Io non sono per niente stupito che tante persone si siano fermate a parlare: mi sarei stupito del contrario. Forse è per questo che sono stupito di tante reazioni così entusiaste, invece.
Domani, probabilmente, mi telefoneranno da Kondor, su Radiodue alle 16.10.
Un sacco di gente mi ha scritto per dirmi che farà la stessa cosa nella propria città: sarebbe gustoso organizzare un qualcosa di congiunto, tutti lo stesso pomeriggio – magari già domenica prossima – caricando poi tutte le foto dai diversi banchetti (ma deve essere uno stendino, altrimenti non c’è gusto!) sui varî siti, o su di un sito ad hoc.
Però una volta sola, ché poi ci si stufa.
Intanto sto pensando a come variare un po’ sul tema, cose da affiancare al parlare-con-chiunque-di-qualunque-cosa, qualunque consiglio è gioiosissimamente accetto.
Sicuramente bisogna operare per questioni di pubblica utilità e sentite in profondità da tutti, ma che la nostra vile classe politica non affronta mai: ad esempio proporrei una raccolta firme contro l’ineluttabilità della morte.
Piazza del Popolo, 12 luglio 2009. Ore 18.30->20.15
Era un sacco di tempo che lo volevo fare. Oggi, domenica, il giorno più adatto. Tardo pomeriggio, quando non fa troppo caldo. E andare.
Dice che “non si parla più”, sarà una cretinata dico io, il problema è che non la si fa mai parlare la gente, e allora vediamo!
"I talk with anyone about anything (for free)"
Principalmente per vedere l’effetto che fa. È stato un successo strepitoso, in meno di due ore sono venuti quattordici gruppi diversi, e non sono mai stato per più di 3 minuti senza nessuno a parlare. Anzi, si son tutti lamentati che non ho portato abbastanza sedie.
A chi mi chiedeva di cosa si potesse parlare rispondevo che si poteva parlare di cose serie, come il calciomercato della Fiorentina, di cazzate, come il conflitto arabo-israeliano, oppure di problemi che sono nella testa e nel cuore di tutti, come la fecondazione assistita dei fenicotteri nani della Papua Nuova Guinea e delle Isole Kiribati.
Le storie e le facce:
Loro sono Igor e Bogdan, con loro abbiamo parlato di poesia, e ho recitato loro la Quercia del Tasso:
Con Sara e Ilaria abbiamo parlato dello shopping, degli emo, poi mi hanno chiesto di raccontar loro una barzelletta: ho raccontato loro quella di quello che aveva tre palle, hanno riso.
Lina mi ha raccontato di lei, del marito morto di recente, e un vecchio pretendente – vecchio di 52 anni fa – prima che lei si sposasse, che l’ha richiamata per farle le condoglianze. Dice che papà, giù in Sicilia, le aveva impedito di sposarlo, e ora era tentata, a mezzabocca, di tornare a Ribera (Agrigento) per rivedere questo Pietro.
Io l’ho cercata di spingere in tutti i modi a smettere di fumare, e ad andare giù in Sicilia da questo suo vecchio grande amore.
Con Federica e Valerio abbiamo parlato della fine del mondo, decidendo che non arriverà. E poi dei buchi neri. All’inizio avevo detto loro che io potevo assumere qualunque posizione: volevano litigare con un fascista? Facevo il fascista! Volevano discutere con un leghista tifoso del Palermo? Facevo il leghista tifoso del Palermo.
Lui ce l’aveva a morte con le religioni, non ho avuto il cuore di difendere le religioni.
Domenico ha voluto sapere soltanto di me. Gli ho detto di me.
Con Christian e Marta abbiamo parlato del mio cognome. In verità ho detto loro di chiamarmi Amadori di nome e Valter di cognome, perché mio nonno si chiamava Valter Walter, poi siccome durante il Fascismo regolarizzavano i nomi stranieri, lo chiamarono Valter Valter, ma tutti si confondevano, andava all’anagrafe e doveva ripetere mille volte nome e cognome, in comune, e doveva ripetersi. Allora ha deciso che tutta la sua progenie si sarebbe chiamata con un cognome, mio padre si chiama Lanfranchi Valter, io mi chiamo Amadori Valter, e se devo decidere un nome per mio figlio (maschio, per le femmine non c’è il problema della confusione) devo decidere un cognome: per esempio io ho pensato di chiamarlo Ariosto. Ariosto di nome, e Valter di cognome.
Mariangela è brasiliana, è venuta in Italia per amore, ma il suo amore è finito, poi però…
…sono arrivati Julieta e Tibo, lei argentina e lui francese: non c’è stato verso, a quel punto è diventato un derby Brasile-Argentina-Francia con discussione sul calciatore più forte del mondo. Ronaldo, Batistuta o Zidane. Ovviamente, a mio insindacabile giudizio, ha vinto Batigol.
Lino e Enrica. Ho detto loro che c’era già stata una Lina, e che mia sorella mi chiama “Lino”, sarebbe il vezzeggiativo di lello. E poi ho spiegato loro, erano di Napoli, perché Roma fosse la città più bella del mondo, sempre la storia della ragazza che si trucca al semaforo e del camionista:
Marianna, Nasser, Carola, Penelope, Fabiana e Sonia. Mi hanno istruito sull’emozione fugace del fare i commessi, e abbiamo parlato di Nuvolari. Una di loro voleva darmi dei soldi: credo non avesse proprio capito bene lo spirito, ma effettivamente quale spirito?
Shakespeare, no non è lui. Lui è uno che scrive madrigali, e li canta, si chiamano Giuseppe ed Eleonora, abbiamo parlato di Shakespeare, appunto, dei poeti siciliani, e dell’instabilità come concetto filosofico in relazione allo stendino.
Potevo raccontar loro questo episodio, e me ne son dimenticato.
Lei è stata la più noiosa, Veronica, del resto era l’unica che conoscevo già. Il dilemma era se fosse più opportuno comprare una Nikon o una Canon, io ricordandomi di Nikoletta ho suggerito la Nikon.
Lorenzo (a destra), l’altro è Tommaso, aveva un problema con la sua ragazza. Innamoratissimo lui, lei era arrabbiata per una scemata che lui ha fatto (non troppo grave, nesusn tradimento, se mi ha detto la verità). Così gli ho detto tutte le sorprese che le doveva fare per riconquistarla, lui ha preso appunti. Spero che gli vada bene.
Infine Ivana e Enertina (che nome!), abbiamo parlato dell’insensatezza della gelosia. Abbiamo disquisito, alla fine tutti concordi, del perché essere gelosi significa non essere innamorati. Un finale degno!
E alle 20.15, mi sono ritenuto soddisfatto e ho sbaraccato.
Ecco l’occorrente – per chi volesse provare di persona: uno stendino, un cartellone, un lenzuolo, due sedie, uno sgabello, un po’ di scotch:
Qui la postazione appena prima d’andare via:
Mi son divertito un sacco, solo vedere le facce della gente che passava, valeva il gioco.
Va rifatto, e la prossima volta m’invento qualcosa di nuovo.
A me sembra tanto assurdo che Berlusconi possa cadere per una questione di prostituzione, e non per i processi per i quali sarebbe imputato, o per le leggi promulgate dal suo governo; ma quando leggo dell’approvazione di una legge vergognosa come quella che equipara un morto di fame a un delinquente, penso che – lo so che è sbagliato, il fine giustifica i mezzi – ben vengano tutte le Patrizie D’Addario del mondo. Non mi importa se la maggioranza degli italiani è d’accordo con questa ferocia ombelicale: in un’Italia così mi sento davvero io, clandestino.
La moralità sarà pure una cosa privata, ogni morto annegato nel Mediterraneo, o trucidato nelle prigioni del nostro amico Gheddafi, no.