Balconing

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Fino a stasera, per me, balconing era una parola come aajfafk (o come accappatoing) solo che aajfafk ha zero risultati su google (anche accappatoing), mentre balconing ne ha 800 mila. Poi ho scoperto cosa fosse grazie a Chinaski, e non è riusciuto a darmi pena. Anzi, il suo suggerimento ai tiggì mi ha fatto ridere a crepapelle:

Vietare il balconing e fare servizi ai telegiornali o sui giornali dove si parla di questo balconing e di quanto sia pericoloso e di moda fare balconing non farà – al solito – che incentivare il balconing. (…) Nuovo tipo di servizio giornalistico se si vuole porre un freno al balconing (cosa che non si vuole): «Buonasera. La prima notizia del telegiornale è il – reggetevi forte – balconing!, questa nuova fantastica moda mai troppo diffusa tra i giovani di lanciarsi dai balconi di tutte le nazioni o altezze, una moda nella quale si cimenterà domenica prossima anche il nostro amato pontefice Benedetto XVI. Purtroppo la notizia è che nel week-end solo qualche decina di ragazzi si è lanciata dai balconi, e che c’è stato solo un morto. Che cosa succede ai nostri giovani? Perché sono così smidollati? E, sentite questa: molti si lanciano dai balconi e sotto i balconi sapete cosa c’è? Spuntoni arrugginiti? Coccodrilli? Cemento? Macché, cari telespettatori: piscine. Piscine, avete sentito bene. Forse che troppi videogiochi dove si fa solo finta di stuprare donne e di sparare alla gente abbiano reso i nostri ragazzi delle femminucce? Piscine, cari telespettatori. A questo punto quale sarà la prossima moda? Mantenere ubriachi la distanza di sicurezza in autostrada?»

E buon Undici Settembre a tutti

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In genere non mi piacciono le commemorazioni dell’Undici Settembre, anche perché spesso hanno una sproporzione e un afflato retorico eccessivamente americano, che non apprezzo completamente.

Perciò, una cosa che posso consigliare di fare, è leggere questo articolo scritto tre anni fa Hassan Butt, un ex-terrorista islamico nel Regno Unito. È una storia buona da leggere un Undici Settembre, specie questo Undici Settembre, e inizia così:

Quando ero ancora un membro della Rete Jihadista Britannica, una serie di gruppi terroristici semi-autonomi collegati da una sola ideologia, mi ricordo come celebravamo con delle grasse risate tutte le volte che in televisione le persone proclamavano che la sola causa degli atti di terrorismo islamici come l’Undici Settembre o le bombe a Madrid e Londra fossero causa della politica estera dell’Occidente.

Biasimando il governo per le nostre azioni, coloro che parlavano delle “bombe di Blair” facevano propaganda per noi. E, ancora più importante, ci aiutavano a portare via l’attenzione da un esame critico di quello che era il vero motore della nostra violenza: la teologia islamica.

A meno che

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Chritopher Hitchens a proposito della giornata in cui è stata organizzata una preghiera collettiva per lui:

I don’t mean to be churlish about any kind intentions, but when September 20 comes, please do not trouble deaf heaven with your bootless cries. Unless, of course, it makes you feel better.

Quel motivetto in testa

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Ce l’avete presente tutti la questione del motivetto in testa: vorreste sapere il titolo, ma non lo ricordate, e allora le provate di tutte (ulteriore prova che il mondo è migliore ora che vent’anni fa) – hanno inventato anche questo, che però mica funziona tanto bene.

Però c’è un altro caso, quello in cui della vostra scatola cranica abbia preso possesso una di quelle musichine che vorreste far fuori il prima possibile, e però rimane lì e continua a martellare contro qualunque volontà. Non c’è altra soluzione, chiodo scaccia chiodo: ascoltate un altro motivetto insopportabile.

grazie a Ilaria

Il post sul ministro sparito dal sito del Foglio

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Giulio Meotti è un giornalista del Foglio che mi è capitato spesso di leggere, parla delle cose che interessano a me – Israele e Palestina, Occidente, Islam, etc – e mi è sempre sembrato arguto e ironico, oltre che non disonesto – anche se chiaramente troppo appiattito sulle posizioni della destra israeliana.

Il 23 agosto ha scritto un post sul proprio blog ospitato dal Foglio in cui faceva, sostanzialmente, l’apologia dell’ex-ministro tedesco Thilo Sarrazin autore di un libro in cui parlava dell’enorme rischio costituito dall’immigrazione mussulmana, e dell’islamizzazione della società europea. Sarrazin aveva scritto cose anche sensate, ma poco politically correct come: “Non desidero che il paese dei miei nipoti e pronipoti diventi in gran parte musulmano (…) dove le donne portano il velo e il ritmo della giornata è scandito dai muezzin”. Meotti ironizzava sulla certa crocifissione mediatica e giudiziaria che sarebbe seguita alla faccenda, e concludeva il pezzo con: «Evviva, ci arrendiamo!», citando Broder.

Il 27 agosto Meotti aveva scritto anche un articolo sul cartaceo del Foglio in cui raccontava la questione della pubblicazione del libro, in cui raccontava le opinioni dell’ex-ministro e parlava della polemica che era nata all’interno del suo partito, e in genere in Germania.

Successivamente, però, Sarrazin ha saltato lo squalo: se n’è uscito con delle dichiarazioni ignoranti sulla presenza di un gene diverso in alcuni popoli fra cui gli ebrei; di qui l’accusa di antisemitismo, e la richiesta di dimissioni dal direttorio di Bundesbank da parte di Angela Merkel. La cosa deve avere creato molto imbarazzo in Meotti che è amico d’Israele e molto interessato alle questioni ebraiche, che si è reso conto – immagino – di avere fatto un accostamento inopportuno. Però, invece di scrivere per spiegare il proprio errore, ha deciso di far sparire il post (che però si può trovare nella cache di google) facendo finta che nulla sia successo.

Ora, intendiamoci, è pienamente legittimo distinguere fra antisemitismo – nella più comune accezione del termine, quella dell’intolleranza nei confronti di un’etnia – e anti-islamismo, quando qui s’intenda la critica a un sistema di pensiero – come, ragionando laicamente, sono tutte le religioni – che non si condivide. Il razzismo è contestare le caratteristiche innate di una persona, mentre mettere in dubbio le sue idee – come si fa per il socialismo o il liberalismo – è un atto necessario e altruista. E non c’è niente di male neppure nell’aver scritto qualcosa di cui poi ci si pente, è successo tante volte anche a me. Sarebbe stato più onesto, però, scrivere «ho toppato», e non cercare di cancellare traccia del proprio autoammesso errore: questa è una di quelle cose che, la prossima volta che leggerò un articolo di Meotti, mi faranno domandare «ma è tutto vero?».

grazie a Luca F

Come sarà la pace fra Israele e Palestina

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Avrete letto tutti che fra una settimana ricominceranno i colloqui diretti fra Israele e Palestina per arrivare a una pace. Tutte le persone sono scettiche, e fanno bene a esserlo, ma lo sono per la ragione sbagliata: tutti dicono che sarà difficile trovare la pace fra Israele e Palestina, la verità è che come sarà quella pace lo si sa già, tutti sanno come sarà – che la facciano il prossimo mese o fra due secoli –, ma nessuno la vuole.

In tante occasioni, quando si parlava di Israele e Palestina, è venuta fuori questo discorso, e in molti mi hanno domandato quali fossero questi punti: ho sempre risposto in modo più disordinato di quanto volessi. Con il pretesto dell’ennesimo nuovo inizio delle trattative ho rimesso in ordine le cose, e ci ho scritto un articolone sul Post. Diciamo che, se non le sapessi, sarebbero le cose che vorrei sapere su Israele e Palestina.

La questione della giustizia

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Per fortuna Christopher Hitchens è ancora il più lucido:

Non sono uno di quelli che crede – come, invece, Obama sostiene – che una soluzione alla questione di uno Stato palestinese metterebbe fine al risentimento mussulmano nei confronti degli Stati Uniti; fra parentesi, se Obama lo pensa davvero la sua letargia e impotenza nei confronti del continuo gioco sporco di Netanyahu è ancora più colpevole. I fanatici islamisti hanno la loro agenda, e – come nel caso di Hamas e dei suoi sponsor iraniani – hanno già dimostrato che nient’altro che la distruzione d’Israele e la cancellazione dell’influenza americana nella regione li soddisferebbe.

No, la questione è quella che la giustizia – e una terra per i palestinesi – è una causa buona e necessaria in sé stessa. È anche una responsabilità squisitamente legale e morale degli Stati Uniti che hanno dichiarato un sacco di volte quello dei due Stati come il loro obiettivo.