Qualche riflessione sul manifesto di Breivik

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Ho impiegato un po’ di tempo, in questi giorni, nel leggere diversi stralci e commenti al manifesto di Breivik, ne ho tratto qualche considerazione non risolutiva:

* La cosa che mi ha colpito di più è quanto questo documento assomigli a quelli di Hamas. Naturalmente ha dei tratti in comune con tutte le destre del mondo, ma l’equivalenza con Hamas è davvero notevole. Il suprematismo religioso, l’ultraconservatorismo sociale, il vincolo alla propria – statica – cultura, l’ossessione complottista, la sindrome d’accerchiamento, la fobia per l’invasione, il rifiuto del progresso, lo spregio per omosessuali ed emancipazione femminile etc. Davvero, sostituendo con l’equivalente un paio di parole chiave (Israele, Cristiani, Templari), sembrano scritti dalla stessa mano. Naturalmente, come sottolinea il mio amico Marco, la differenza è nel seguito che Breivik e Hamas hanno.

* In questo senso l’accostamento politico-religioso con Hamas, e soprattutto con l’Hamas più recente, è più preciso che quello con Al Qaida o con altre organizzazioni del fondamentalismo islamico che hanno un progetto prevalentemente religioso. Breivik ha compiuto un’azione prevalentemente politica, mossa dal suo spaventoso progetto di società. Il movente non è stato religioso, almeno non in senso stretto: non in molti l’hanno notato, Breivik non ha ucciso un mussulmano o un immigrato, ma ha ucciso dei ragazzi del partito laburista, come Hamas non uccide gli israeliani perché ebrei ma perché israeliani (naturalmente Hamas è antisemita e Breivik odia mussulmani e immigrati, ma non è la condizione autosufficiente).

* Per onestà, devo riconoscere che il mio primo pensiero “ah, vedi che anche i fondamentalisti cristiani fanno gli attentati!” non era molto accurato. Breivik non è un fondamentalista religioso, almeno non nel senso comune che diamo a questo termine: si definisce più volte una persona che crede in Dio ma “non particolarmente religiosa”, dice di non avere una relazione personale con Cristo, e suggerisce addirittura di aver considerato in passato la religione come un rifugio per persone deboli. Insomma: certamente un cristiano, ma non quello che generalmente intendiamo per fondamentalista religioso. È invece ossessionato dall’ideale identitario della religione (“sono culturalmente, socialmente, identitariamente e moralmente cristiano e perciò mi definisco tale”), come una sorta di nuova etnia (in questo senso, si avvicina di più a un razzista), un Sacro Romano Impero, un’Europa arcirinchiusa sulle proprie “radici cristiane” contro il nuovo impero Ottomano.

Non ho molte conclusioni da trarre da queste osservazioni: continuo a pensarci su.

Terrorista

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Coloro che oggi lamentano l’ipotesi islamista come un pregiudizio non sanno cosa sia un pregiudizio. Non parlo delle critiche a chi l’ha scritta sui giornali prima di averne le conferme, quello è cattivo giornalismo. Parlo della prima ipotesi che abbiamo fatto, noi tutti, quando abbiamo saputo della bomba e della rivendicazione farlocca del gruppo qaedista. Un pregiudizio è una convinzione radicata – irrazionale e non basata su prove o ragionamenti – spesso formata su una paura, senza possibilità di cambiare idea.

Ipotizzare che una bomba in una capitale europea è opera del terrorismo islamico è semplicemente la più ragionevole delle ipotesi, valutando il passato recente di questi episodî e l’ideologia che lo supporta. Quando picchiano un omosessuale a Roma, la prima ipotesi che ci viene in mente è che sia qualcuno legato al neofascismo: e questo mica vuol dire che abbiamo un pregiudizio nei confronti del neofascismo. Se domani sparano a Mina Welby – “Dio” la conservi –, la prima ipotesi che formuleremo sarà che il colpevole sia qualcuno legato all’estremismo cristiano, e questo ben sapendo che ciò non investe di sospetti il nostro giornalaio che ha il poster di padre Pio attaccato nel chiosco. Anzi, chi è ansioso di scagionare la categoria “terrorismo islamico” perché pensa così di scagionare Ahmed, il fruttivendolo sotto casa, è il primo che investe quel legame di legittimità.

Tuttavia, c’è un’altra cosa che potrebbe denotare un pregiudizio nelle reazioni di queste ore. Non è l’uso del termine islamico prima, ma il mancato uso del termine terrorista poi – quando si è scoperta la diversa matrice dell’attentato. Il terrorismo è l’uccisione indiscriminata di civili (quindi, al di fuori della mente criminale, innocenti) per perseguire scopi ideologici. Non c’è dubbio che Breivik sia un terrorista e abbia fatto un atto di terrorismo (mi ricorda un po’, sul fronte opposto, la renitenza all’uso del termine “terrorista” nei confronti di Hamas). C’è l’uccisione indiscriminata e ci sono gli scopi ideologici, nei quali la religione viene prima della politica che viene a sua volta prima della religione, in un circolo vizioso che abbiamo oramai imparato a conoscere e che è, quasi sempre, il sottobosco in cui fiorisce il terrorismo e le ideologie che a esso sono intrecciate.

La stupida attesa

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Mi è capitato di ascoltare questa storia. È molto bella, e l’inglese non è difficilissimo – ascoltatela:

Gene Cheek

Racconta della storia di un matrimonio fra una donna e un nigger nel Sud americano delle Jim Crow laws, quelle che vietavano a bianchi e neri di sposarsi, o imponevano a Rosa Parks di lasciare il posto a un bianco.

È una storia incredibile (c’è anche un libro), raccontata dal figlio di lei – Gene – avuto dal primo matrimonio con un bianco, simpatizzante del Ku Klux Klan, come molti in quelle zone, al tempo. La storia inizia con Gene che entra un giorno in cucina e trova la madre in lacrime: quando lui le chiede perché, la risposta è «perché l’uomo che frequento – Tuck – dice che non ci dobbiamo più vedere, per il tuo bene». E perché? Perché è un negro. Il Ku Klux Klan si riunirà di fronte alla loro casa, la madre verrà processata per quella relazione, e non vi dico il resto per non rovinarvi la storia.

La cosa che colpisce di più, in questa storia che oggi chiunque considererebbe spaventosa, è la somiglianza – l’identicità – fra le ragioni che sostenevano coloro che si opponevano al matrimonio fra bianchi e neri, e quelle che usano oggi coloro che si oppongono al matrimonio fra uomo e uomo o donna e donna. Non è un’iperbole per screditare le opinioni degli ultimi con un paragone offensivo, no: è che sono proprio le stesse.

È contro natura. È contro la volontà di Dio. È scritto così nella Bibbia. Hai mai visto un uccello rosso e uno blu accoppiarsi? Che la risposta sarebbe anche sì, esistono animali omosessuali: ma poi chissene di cosa è naturale. E poi tutta l’enfasi sui figli: su quanto non sia sano esporli a un ambiente simile, sia per vero senso di contaminazione che perché “la società non è pronta”. Sono davvero le stesse idiozie.

Ho fatto due considerazioni. Naturalmente ci sono tutte quelle che avevo fatto in questo post, di cui riporto la didascalia a questa dolce foto scattata a una manifestazione per i matrimonî omosessuali:

È una coppia, un bianco e una nera, che tengono un cartello con scritto «un tempo anche il nostro matrimonio era illegale». Io la trovo commovente, perché vuole dire “noi abbiamo avuto questo diritto, ma non saremo contenti finché non ce l’avranno anche tutti gli altri. Tutti gli altri noi”.

Ovvero che tutte le settarizzazioni, anche quelle delle cause, sono sbagliate. Non devono essere gli omosessuali a difendere gli omosessuali, non è chi subisce un’ingiustizia ad avere più titolo per combatterla (né per capirla, come ogni tanto anche le stesse vittime sbagliano a pensare), perché l’ingiustizia – la stupidità ingiusta – ha una radice così simile di pregiudizio e indisposizione a cambiare idea, lo stesso carnet di dogmatismi e argomenti che non stanno in piedi.

Le persone che oggi sono contro al matrimonio fra omosessuali (naturalmente non ne faccio una questione di nome, si chiami pure briscola) stanno dicendo esattamente la stessa cosa, e cioè che un bianco e un nero non dovrebbero potersi sposare. Tutti i tentativi di razionalizzare quel pregiudizio, di distinguerlo da quell’altro che oggi sembra non tenibile, si scontrano con il ridicolo: per esempio, un matrimonio omosessuale non garantisce figli alla società – che vuol dire che in società sovraffollate, come la Cina, il matrimonio eterosessuale dovrebbe essere vietato, e quello omosessuale l’unico permesso.

Ci pensate? È una cosa su cui non c’è davvero niente da discutere. Perché discutiamo del matrimonio omosessuale? Non c’è una sola buona ragione contraria. Forse solo sull’adozione ci sono delle motivazioni ammissibili ma sbagliate, ma anche in quel caso l’unica risposta matura non è “sono d’accordo” o “non sono d’accordo”, ma “facciamo sì che tutte le persone che lo desiderano siano sottoposte a delle (dure) prove di idoneità per il benessere del figlio”. Non sei tu a dover decidere, ma degli psicologi, degli assistenti sociali – persone che sono preparate: non è che uno va dal medico e gli dice «eh, no, dottore: io non ho l’influenza, ma la varicella».

Eppure, a oggi, il matrimonio omosessuale è celebrato solamente in Europa e America (e, come noi italiani sappiamo bene, non ovunque), mentre i due continenti più popolosi al mondo – Asia e Africa, che insieme fanno i tre quarti della popolazione mondiale – hanno un solo Stato (Sud Africa e Israele, che li riconosce ma non li celebra) che accetta questo principio elementare di umanità.

E tutto questo, al di là del tragico, è così inerentemente ridicolo: perché sappiamo benissimo che quelle stesse persone che ieri erano contro al matrimonio misto e ora non ci penserebbero nemmeno, oggi sono contro al matrimonio omosessuale e fra qualche anno – se non vinceranno quelli che “bisogna rispettare le culture” – non ci penseranno nemmeno. Chissà quale sarà la nuova frontiera di quello stesso, identico e stupido, rifiuto.

Fenomenologia del doppio standard

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Qualche giorno fa ho fatto un piccolo esperimento. Uno che ogni persona in buona fede può verificare con sé stesso. Si tratta del diverso atteggiamento, un iniquo doppio standard, con cui valutiamo “gli Stati Uniti” e “i Paesi mussulmani”, o l’Islam in generale.

Specie a sinistra, dove un tempo eravamo così amabilmente anticlericali, e ora ci fregiamo di comitati come “mussulmani per Pisapia” (che se era “cattolici per Pisapia”, immaginate le polemiche – dice il mio amico Jai – fra cui le mie).

L’esperimento è il seguente: avevo scritto un post che parlava di tutt’altro, e in cui c’era questo passaggio:

Alcuni di noi, fra cui il sottoscritto, non sono neppure contenti che in Italia dieci milioni di persone abbiano idee leghiste, o che negli Stati Uniti ci sia una bella fetta di popolazione che crede al creazionismo.

Questa frase non era quella che avevo scritto all’inizio, ma nessuno l’ha trovata iniqua. La prima redazione del post era più precisa, e recitava così:

Alcuni di noi, fra cui il sottoscritto, non sono neppure contenti che in Italia dieci milioni di persone abbiano idee leghiste, o che negli Stati Uniti (o in tutti i Paesi mussulmani) ci sia una bella fetta di popolazione che crede al creazionismo.

Comprensibilmente – anche senza il passaggio in corsivo – nessuno fra i diversi commentatori mi ha mosso l’obiezione di non essere stato equo: nessuno mi ha scritto “perché non ci hai scritto che anche qualunque Paese mussulmano ha una larghissima fetta, ben più grande che negli Stati Uniti, di creazionisti?”. Questo perché siamo abituati che gli Stati Uniti si possono criticare in solitaria, mentre per criticare i Paesi mussulmani bisogna sempre trovare un contraltare.

Immaginate ora cosa avreste pensato se aveste letto un periodo come questo:

Alcuni di noi, fra cui il sottoscritto, non sono neppure contenti che in Italia dieci milioni di persone abbiano idee leghiste, o che in tutti i Paesi mussulmani ci sia una bella fetta di popolazione che crede al creazionismo.

Quanti di voi, se avessi scritto un periodo del genere, avrebbero pensato o scritto «eh, ma anche in America»? Tanti, io dico tutti. Me compreso. È un riflesso condizionato, però forse vale la pena rifletterci. La stessa frase, scritta sugli Stati Uniti, è sembrata impeccabile e valida. Se l’avessi scritta sui “Paesi mussulmani” tutti, o quasi, ne avrebbero percepito la partigianeria.

Non è che siamo noi i partigiani?

In difesa di chi passeggia coi maiali

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Ve ne potrei elencare diecimila di sciocchezze fatte da Calderoli e dalla Lega. C’è tutto l’arco del negativo, dall’idiozia alla deliberata criminalità: lo spray sugli immigrati, le sparate sugli spari ai barconi, il reato di clandestinità, la denuncia da parte dei medici, le idiozie delle ampolle, la discendenza dai celti, le canzoncine contro i terroni, eccetera eccetera (eccetera eccetera).

Sono tutti i motivi per i quali, nel vecchio giochino, misi Bossi come l’ultimo degli ultimi, spreferito addirittura nei confronti di Storace e Berlusconi. La Lega è il peggior partito dell’intero arco costituzionale, e vanto l’aver fatto fuggire (per manifesta inferiorità, dico io, per manifesto disprezzo, dice lei) una leghista dopo una discussione con il sottoscritto.

Perciò potete immaginare quanto sarei lieto (sarcasmo) che il PD facesse un qualunque tipo d’intesa, anche un trattato di non belligeranza con quel partito.

Però, in questi giorni, sento diverse persone citare – come misura e spregio del male della Lega – Calderoli che fa pascolare il suo maiale su un possibile luogo di edificazione di una moschea. Quello che fa pascolare il suo maiale. Che già solo a leggere ‘sta frase uno si domanda: e che c’è di male? Di tutte le cose elencate sopra, tanta gente – anche miei compagni d’anticlericalismo – trova grave ed esemplare della Lega quel fatto lì. L’unico in cui, invece, la presunta offesa dipende dall’offendibilità dell’interlocutore, e non dalle canagliate dei leghisti.

Ma siamo matti? Abbiamo deciso di accettare il metro per il quale se un maiale pascola in un posto, quel posto non è più edificabile? Se Calderoli vuole fare la sua campagna contro la costruzione di una moschea, ha tutto il diritto di fare una cosa legalissima e innocua. E se quelli (mussulmani, ebrei, sikh, scientologisti) son talmente matti da rinunciare al loro progetto per un ridicolo dogma infondato, sono del tutto fatti loro. Se domani volessero aprire una sede della Lega, e un leghista se ne uscisse con un “non vogliamo edificare su un terreno dove ha passeggiato il cane di un terrone”, cosa pensereste? Io so cosa penserei, ma sopratutto so cosa farei: telefonerei a tutti i miei amici del sud cane-muniti, e li inviterei a fare una bella passeggiata assieme.

Cos’è? Siamo laici solo quando ci sono di mezzo preti e Vaticano? Io non son mai tenero con i cattolici, però mi sembra che un giorno i nostri vicini di casa potrebbero venirci a chiedere il conto di tutti i doppî standard che facciamo – e non avrebbero mica tutti i torti. Se una farmacia si rifiuta di vendere profilattici perché è contro i loro principî, qual è la prima reazione che hanno tanti di noi? Bene, domani andiamo a fare una distribuzione gratuita di profilattici lì davanti (cito questa vicenda perché è un fatto accaduto).

Il principio è molto semplice: le idee infondate (in realtà tutte le idee) non possono richiedere un’impermeabilità alle critiche o alle sfide. La libertà di pensiero non risiede soltanto nel mio diritto a pensare quello che voglio, ma anche nel tuo diritto a contestarmi ciò che penso. Perché se non si sfidano i dogmi, rimarranno sempre lì, intatti, come la Terra che è al centro dell’Universo. E invece no – ed è così che ha sempre progredito il mondo, per fortuna.

Scienziati e clero

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Traduzione in fondo.

«Funziona così» «No no» – «Funziona così, e ne ho le prove» «No no» – «Funziona così, e ho delle prove straordinariamente convincenti» «No no» – «Funziona così e ho prove talmente staordinariamente convincenti che sta diventando un problema di credibilità per te» «No n...ehm, aspetta un momento: fammi vedere» – «...» – «...» «Non è magnifico il disegno di Dio?»

Unreasonable Faith

Manco per il cazzo

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In due città della California, San Francisco e Santa Monica, è stato approvato un disegno di legge – che sarà poi sottoposto a referendum popolare – per vietare la circoncisione maschile sui minorenni, se non per ragioni mediche. Il modello è quello delle mutilazioni genitali femminili, e infatti ci si riferisce alla circoncisione come MGM (Male Genital Mutilation), pur riconoscendo l’enorme differenza di gravità fra le due cose. Il principio, però, è valido: nessun bambino dovrebbe subire alterazioni permanenti del proprio corpo prima di aver raggiunto l’età della ragione. Fino a vent’anni fa, il problema era meno sentito perché la circoncisione era considerata un’operazione favorevole alla salute degli individui, ultimamente si è sempre più diffusa la tendenza opposta, se non in rarissimi casi (quantomeno nei Paesi sviluppati).

Se ricordo bene, una cosa simile era stata approvata in Finlandia. Per me è una bella notizia, come lo è qualunque barriera all’indottrinamento. Si può cominciare a essere ebrei o mussulmani quando si è grandi.

La moschea a Milano

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Pisapia, in teoria, è un mangiapreti. Moratti, in teoria, è una liberale. Pisapia vuole costruire una moschea a Milano, Moratti vuole impedire che venga costruita. ‘Namobbene. Secondo me sbagliano entrambi: i soldi pubblici non devono essere spesi per favorire un culto, al tempo stesso il comune non può impedire a un privato di costruire quel che gli pare sul proprio terreno, naturalmente nel rispetto dei regolamenti municipali.

Vale lo stesso discorso fatto per la moschea a Ground Zero: ognuno può avere l’opinione che vuole, ma lo Stato non ci deve mettere bocca. Come una sede della Lega Nord: io non approvo quello che viene predicato lì dentro, ma non ho nessun diritto di impedire che un privato adibisca la propria struttura, o l’affitti, a sede della Lega Nord. Allo stesso tempo, se lo Stato – con i soldi pubblici – costruisce una sede della Lega io m’arrabbio.

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EDIT – Nonostante, a mio avviso, il programma suggerisca l’opposto, Pisapia ha appena chiarito questo punto specificando che: “come ognuno paga la casa in cui abita, anche nei luoghi di preghiera deve essere così”. Bravo!

Er mortorio

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Tutti coloro che in un’improvvisa ansia mistica si stanno preoccupando della non concordanza della sepoltura di Bin Laden con il precetto islamico, gli stessi che fino a ieri dicevano che Bin Laden non rappresentasse nessun mussulmano (cosa vera) né nessuna forma di Islam (cosa meno vera), dovrebbero mettersi d’accordo con sé stessi.

Anche perché mi sembrano le stesse persone che – come me – hanno criticato la Chiesa cattolica per i funerali a Pinochet e i non funerali a Welby.

(il titolo è la citazione dello splendido sonetto, posto in auto-epitaffio sulla tomba di Aldo Fabrizi)

Perché Wojtyla non ha guarito un amputato?

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E insomma Wojtyla è stato beatificato per il miracolo di aver “guarito” dal morbo di Parkinson una suora, lo stesso morbo di cui soffriva Wojtyla e da cui – guarda un po’ – non era riuscito ad autoguarirsi. Uno si dovrebbe domandare perché quella suora sì e tutte le altre persone del mondo che soffrono di Parkinson no. Se Wojtyla aveva questo potere, perché lasciare nella sofferenza tutto il resto del mondo? Sicuramente la risposta sarà che le vie del Signore sono infinite, che è come barrare la casella non sa/non risponde nei questionarî.

Se, però, le vie del Signore sono così infinite, rimane sempre una domanda: perché Dio, i papi, tutti i miracolanti, non curano mai un amputato? Quella sì che sarebbe una guarigione a prova d’impostura. Qualche poveraccio che ha perso la mano, il braccio, una gamba, per aiutare il prossimo. Non ne varrebbe la pena?

Eppure non succede mai, chissà perché. I miracoli son sempre questioni su cui ci dobbiamo fidare della testimonianza di qualche suora, quando per un amputato – come questo ragazzo che l’attuale papa ha incontrato di recente – basterebbe fidarci dei nostri occhi.