C’è ancora religione

Non mi ero fatto un’idea sulla questione della preghiera mussulmana in Piazza Maggiore e Piazza Duomo, me la sono fatta fare, con Francesco:

Bisogna mettersi d’accordo: se le preghiere islamiche davanti la cattedrale di Milano non sono gratuitamente provocatorie, allora non lo era manco la passeggiata di Sharon sulla spianata delle moschee. La mia posizione, per inciso, è “chi-se-ne-frega”, dell’una e dell’altra. Ma non si può dire che una non è niente di male e l’altra è gravissima. (Forse sì, vedi commenti).

E con Malvino:

Immaginiamo che in Piazza Maggiore, a Bologna, mentre i musulmani erano raccolti in preghiera, un garzone di salumeria avesse dovuto attraversare la piazza con un bel prosciutto in spalla: (…) Perché  avrebbe dovuto allungare la sua strada, evitando quell’assembramento?

Insomma, fatti questi distinguo, secondo me tirare fuori i teoremi “casa propria” e “casa loro” è un po’ fascista.

Non confondere Barack con Barak

Voi venite qui aspettandovi foto dalla Palestina e ve ne ritrovate dall’altra parte dell’oceano: grazie a Fabio, lettore dopo che amico, e abitante della città di Obama per eccellenza.

Manifestazione pro-palestinese a Chicago – notevole  il “Yes we can, free Palestine”:

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Alcuni luoghi comuni su Hamas

Ho letto che il Professor Beccaria voleva spiegare perché il post di Leonardo è il peggior post su Gaza, però poi gli è passata la voglia. Mi stupiva, perché è capitato più d’una volta che non fossi d’accordo con Leonardo, ma lo trovavo sempre acuto, e – per usare parole non mie – uno che ha dei (bei) sogni educati. Invece qui, mi sembra che abbia ragione Marco. E allora provo a spiegarlo io, il perché non è il migliore post su Gaza.

Lo faccio con quel modo che ho visto utilizzare da Leonardo stesso, e che avevo apprezzato molto: punto per punto. Leonardo in corsivo.

1. È Hamas che ha rotto la tregua
Le tregue sono fatte per rompersi, per definizione
.

Che è come dire che i matrimoni sono fatti per divorziare. Non sono fatti per. E poi poco più giù non si diceva che le tregue sono fatte per durare, perché se uno si confronta con una partito religioso ma (millenaristico) che si richiama al Corano, questo non potrà mai accettare una tregua o chiamarla tale? Sarà una pace, mi sembra dicesse Leonardo, ma chiamata tregua.

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Ovvio

Ecco, un esempio, è una settimana che sento dire tutti, tutte le parti, tutti i luoghi – molto ragionevolmente – che è ovvio che Obama non parlasse (con mio rammarico) di Gaza. E ha parlato. Ora sicuramente ci sarà una ragionevolissima spiegazione per la quale è ovvio che avrebbe parlato, ed era ovvio che fosse ora. Come era ovvio che Israele avrebbe attaccato ora, perché è la fine di Bush etc. etc.

È tutto così ovvio, qui in Medio Oriente.

È fuffa?

Volevo scrivere: ma come fanno a non rendersi conto della loro cretineria quelli che scrivono, in fondo a un post o in fondo a un commento “meditate gente, meditate”; Magari senza neanche conoscerne l’origine ironica e pubblicitaria?

Poi, dal mio osservatorio lontano, stavo cercando di riportarmi in pari con quello che succede dall’altra parte del Mediterraneo o dell’Atlantico leggendo un po’ di blog, e leggo – linkato da Francesco – un post, risibile nei contenuti, di Gabriella Carlucci che finisce proprio così!

Però poi, vedo che anche Francesco, pochissimo più sotto, termina un post con “tutto il resto è fuffa”, che se non è meditategente, siamo lì. Sarà perché condizionato da quel pizzico di sciatteria linguistica che ho trovato quel post molto scolastico; e visto che poche volte mi trovo in disaccordo con lui sulla politica, e pochissime volte l’uno o l’altro non cambia idea per vicendevole contributo, provo a spiegare il perché.

Dico molto scolastico perché dice, da una parte, cose ovvie: gli elettori di destra non sono geneticamente più portati a delinquere. Ma dall’altra, trascura di approfondire l’argomento: certo che nessuno si rallegra, se il proprio politico di riferimento è un corrotto, ma ci sono diverse sensibilità al tema che Francesco omette. Tendenze diciamo, ovviamente storiche e contestualizzate, come dice lui, ma comunque presenti.

Come quando qualcuno obietta che no, non è vero che i romeni rubino di più degli italiani. Faccio questo esempio perché sapete come la mia posizione sull’immigrazione sia più a sinistra (o più liberale, libero scambio di merci o persone) di chiunque, ma è vero che – date le condizioni storiche, sociali, etc – attualmente i rumeni, in Italia, sono più portati al furto.

Allo stesso modo, sì, andando in giro per mercati ho sentito elettori dire: «tanto tutti rubano» e sì, incidentalmente, erano molto più elettori di destra che di sinistra. Io non credo al feticcio della legalità né a un fenotipo di elettore berlusconiano, ci sono persone per bene, liberali convinti (che faticano un po’ ad aprire gli occhi), ne conosco. Neppure credo al rispetto della legge in quanto legge (questo sì una cosa di destra) ma so che nella grandissima maggioranza dei casi l’osservanza della legge, è bene.

È una cosa endemicamente di sinistra? No. Chi vota a sinistra è moralmente superiore? No. Però è vero che – con tutte le eccezioni del caso, senza nessuno psicodramma se dovessi scoprire l’opposto –  se dovessi decidere fra votare Rifondazione Comunista (che sapete tutti quanto non sia il mio partito ideale) o Forza Italia, sarei poi meno stupito di un’indagine (e di una condanna) ai danni del secondo che ai danni del primo. Così come, sono certo, lo sarebbe meno Francesco. Ripeto, è solo una tendenza.

Un suo commentatore dice: “a me non interessa che Churchill fosse onesto, è quello che ci ha salvato”. Beh, a me sì, e questo non mi vieta di considerarlo “quello che ci ha salvato”.

Se il mio partito si dichiarasse non “il partito degli onesti”, ma “uno dei partiti degli onesti” io ne sarei contento, non perché questo costituirebbe una garanzia, ma perché alzerebbe l’orizzonte d’attesa: ed è questo che predichiamo, no?

Alla prima assemblea nazionale dei Mille venne il momento di pagare la sala – eravamo rimasti in pochissimi, accanto alla cassa soltanto io e Marco Simoni – e qualcuno suggerì di trovare un escamotage per non pagare le tasse sull’affitto della sala, eravamo un movimento appena nato, e quindi non avevamo mica le risorse che avevano altri partiti, con ben altri finanziatori: «non siamo mica Forza Italia!».
Ricordo bene l’argomento, scherzoso ma serio, con cui Marco rifiutò: «appunto».

Meglio mai, che tardi

Ho visto Fitna, un piccolo documentario anti-islamico attorno al quale c’era stata una querelle la scorsa primavera per la mancata messa in onda a causa della paura di ritorsioni, com’era avvenuto per Submission di Theo van Gogh. Anche su internet era stata messo, poi rimosso, poi rimesso. Lo trovate qui, dura 17 minuti, alcune immagini sono forti.

La vicenda di Submission (che invece è qui, sottotitoli in italiano) la conoscete, Theo van Gogh – il regista, e pronipote del pittore – rifiuta la scorta e viene ucciso da un estremista mussulmano, la sceneggiatrice e attrice Ayaan Hirsi Ali – anch’ella minacciata – si salva perché ha la scorta da parlamentare olandese. Il corto – invece – sarebbe la prima parte, di una seconda mai realizzata per la morte del regista. Merita due parole di più Ayaan Hirsi Ali, che è uno dei personaggi più straordinarî del nostro mondo. Ha scritto un libro (mai lapsus fu più azzeccato, avevo scritto senza volerlo “libero”), Infedele, che dovrebbero leggere tutti. Ed è anche un test. Prendete una x persona, fategli leggere l’inizio di “my freedom“, la seconda parte – se non si commuove, se non è paralizzato dalla tensione emotiva, quella x persone è fuori di dubbio un insensibile.

***

Fitna, che dall’arabo coranico si traduce come qualcosa di simile a “guerra civile”, vuole essere il presecutore naturale del corto di Theo van Gogh. Ma se Submission era una richiesta d’aiuto, un grido d’allarme, l’insieme più ruvido di queste due cose, ovvero una bestemmia, Fitna è un documento a tesi. È confezionato in maniera irritante, e ha quell’accostamento di immagini e quella melliflua scelta della musica di sottofondo che sono insopportabili in un documentario. Insomma, se non hai già un pregiudizio non ci caschi.

Mi ha ricordato molto Michael Moore. Ora, siccome – ovviamente approssimo, per schematismo – chi segue Michael Moore è piuttosto tenero con l’Islam, mi son domandato: ma come si rapportano gli uni agli altri? Cosa criticherebbe un appassionato di Bowling a Columbine a Fitna? Non sta anche quel documento – il solito ritornello – “enunciando fatti”?

Gli zingari e i furti di bambini

In Italia non c’è un solo caso di zingaro condannato per “furto dei bambini”. Voi lo saprete già, io l’ho scoperto qualche mese fa. E me ne vergognai abbastanza. Come facevo a essere così disinformato su di un fatto tanto evidente? Ogni volta che mi tornano in mente i due casi di quest’anno, quello di Ponticelli e di Catania, tanto pompati al tempo delle traballanti accuse, quanto trascurati ora che si sono rivelati due falsi, beh, mi assolvo un pochino per la mia precedente (e comune, deduco)  ignoranza. Possibile che una notizia come questa non “sfondi”, mai, sui media?

In Occidente i Rom, e gli zingari in generale, sono uno degli ultimi serbatoî al quale si possano attingere rigurgiti razzisti e teoremi spregevoli senza il rischio della censura sociale. Anzi, proprio in virtù di questa unicità, è più facile associare loro un qualsiasi epigono del più bieco dei luoghi comuni: «io non sono razzista, ma… gli zingari».

Però la cosa più aberrante del comune modo di rapportarsi ai Rom – e forse la questione ha tratti comuni al rapporto con l’Islam – è che qualunque approccio è totalizzante: o si accusano in toto (spesso), o si difendono in toto. E se l’intollerante di turno che agita la condizione delle donne all’interno dei campi nomadi non lo fa interessandosi veramente a quelle donne, ma solo per dare una legittimità camuffata ai propri accenti di disprezzo; è terribile (quasi altrettanto) l’atteggiamento contrario: quello che – per il benigno intento di difendere il prossimo dal razzismo – trascura gli orrori, ammantandosi di quel rispetto-per-le-altre-culture che non considera che il rispetto per una cultura, così, è il rispetto per chi ha la forza, in quella cultura.

Nelle mie girovagazioni lavorative e volontarie di questo periodo, ho avuto fugaci rapporti anche con i Rom, e con le loro storie raccapriccianti: Danja, una ragazza bosniaca, che a 13 anni era stata venduta al marito per svariate migliaia di euro; il suo valore era dato dal fatto che fosse bella giovane e – soprattutto – vergine, assente questa condizione il suo prezzo sarebbe stato esattamente la metà. Costretta ad avere rapporti sessuali, assumere droga (per non farlo, poverina, si chiudeva in bagno per ore), andare a rubare, era poi fuggita. Sapendo che l’unica possibilità di sopravvivenza, era quella di vivere per sempre in una struttura: diversamente uno dei duecentocinquanta parenti del marito l’avrebbe riconosciuta e uccisa. Tutto questo succeva, e succede quotidianamente, in Italia. Raccontava di come, quando arrivava la polizia per i ciclici sgomberi, lei – che viveva rinchiusa a chiave dentro una roulotte – cercasse di attirare l’attenzione dei poliziotti, e nessuno la degnava d’uno sguardo amichevole.

Ecco, se vi viene da pensare “vedi? Alla fine si torna lì, che sono questi Rom a essere dei prepotenti, delinquenti e incivili”, pensate che anche Danja è una Rom – non l’ha deciso, ci è nata – e non ha fatto nulla per meritare il vostro disprezzo. Anzi.