Google aveva in passato negoziato con il governo cinese la censura di alcuni contenuti (i classici temi “sensibili” per una dittatura) in cambio della possibilità di lavorare nel Paese più popoloso del mondo. Questa scelta era stata criticata ferocemente da molti utenti di Google, che avevano pure avanzato l’ipotesi di cambiare motore di ricerca.
La notizia di poco fa è che Google ha annunciato un’inversione di tendenza. E che, a quanto si legge, le censure saranno rimosse anche a rischio di dover chiudere google.cn.
Ovviamente fra cinque minuti ci sarà chi dirà che – sicuramente – c’è qualcosa sotto, e che Google l’ha fatto per occulte ragioni economiche: foss’anche così, questa non sarebbe che una buona notizia nella buona notizia – se a una delle più grandi aziende al mondo conviene non assecondare le richieste liberticide della più grande dittatura del mondo, c’è qualche ragione per essere ottimisti nel futuro.
“Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri”.
Don Milani
Comunque il fatto che tutti i commenti scandalizzati sulla torta di compleanno di Berlusconi vertano sul trascurabile dito medio riprodotto, e non sul cameratesco accostamento – per “il compleanno più bello” – a una biondona tettuta col sorriso da televendita abbrancata con la mano del pappone, la dice lunga sul tasso di perbenismo e l’inossidabile maschilismo di tutto il nostro Paese, anche di quella che dovrebbe esserne la “parte buona”.
Leggo che in Messico hanno iniziato a legalizzare matrimonio e adozione gay, mi stupisco – un po’ – perché, insomma, inutile spiegarlo. Il Messico. E l’Italia no.
Poi però mi fermo un attimo a guardare una fotografia del mondo, e mi rendo conto di quanta strada ci sia ancora da fare, di quanta insensatezza ci sia. Anzi, a confronto con le varie pene pecuniarie, detentive, e capitali che ci sono in giro per l’Africa e il Medio Oriente, l’Italia è un vero paradiso.
E, sì, mi torna in mente una considerazione molto elementare su cui sto riflettendo da qualche mese: io ‘sta cosa che è l’omofobia proprio non la capisco.
Voglio dire – ci sono delle considerazioni collaterali che dovrebbero scoraggiare l’omofobia nelle società, al di là dell’aspetto etico: l’omosessualità conviene economicamente, ad esempio. E non c’è un argomento, non dico caritatevole, ma proprio logico per considerare l’omosessualità una disgrazia.
Sarà che il mio proverbiale sfasamento rispetto alla realtà che mi è intorno si spinge fino al rendermi addirittura incapace di comprendere anche un barlume di fondamento delle motivazioni altrui, ma su altre cose non accade con questa asprezza. Cioè: prendiamo il più banale dei razzisti, quello che odia i negri – almeno quell’altro ha una variante, c’ha la pelle di un altro colore. E “diverso”. Insomma, sei un bello stronzo ma almeno capisco l’origine della tua stronzaggine, e sono anche più preparato a estirparla.
Oppure, chessò, credi in un altro dio. Quel Dio richiede delle cose, la persona che ti sta davanti non le fa, gli vuoi male, lo odi: è un infedele. Sei sempre un bello stronzo oltre che stupido, ma almeno hai qualche appiglio negli occhi con cui guardi la tua malintesa realtà. Mi spingo pure a capire che la gente possa farsi la guerra per una squadra di calcio, per quanto assurdo sia. Sei juventino? ti odio. Supporti un’altra squadra, non hai la mia nella più alta opinione. Sei un bel cretino, ma almeno c’è una ragione.
Per gli omosessuali non c’è niente di tutto ciò: cioè, ma che cavolo mi importa con chi va a letto uno? Sarebbe come se odiassi visceralmente delle persone che – chessò – amano l’insalata, o il gusto del gelato al pistacchio e invece a me piace la vaniglia. Ma che senso ha?
Boh.
Vabbene, ora è tornato a casa è stato – giustamente – dal dentista, e le cose dovrebbero tornare alla loro normale misura.
Direi che ora posso mettere la prima cosa che ho pensato di pubblicare – e poi ho desistito perché mi sembrava di cattivo gusto e demagogica – quando ho letto il messaggio di Berlusconi a caratteri cubitali “L’AMORE VINCE SULL’ODIO”.
Ed è questa:
Esseri umani "amorevolmente" respinti, (e rimandati a morire nei loro paesi).
Strano che qualcuno non ci abbia fatto un azzardato parallelismo storico:
Violet Albina Gibson (…) è stata la donna che il 7 aprile 1926 attentò alla vita di Benito Mussolini a Roma. Gibson, faticosamente sottratta al linciaggio, fu condotta in questura; interrogata, non rivelò la ragione dell’attentato.(…) Il giorno dopo l’attentato Mussolini compì un viaggio in Libia e si mostrò a Tripoli con un vistoso cerotto sul naso, come testimoniano le foto dell’epoca. Di lì a poco anche quell’episodio servì per giustificare una stretta legislativa e l’avvio vero e proprio verso il fascismo.
Uno dei cliché più stupidi che ci siano è che la gente ti odi perché è invidiosa. È una spiegazione compiaciuta e da quarta elementare. «Mamma, Martina mi dice che sono brutta» «lo fa perché è invidiosa di come sei bella».
Invece se uno ti odia lo fa per la ragione opposta, e cioè che è tutto il contrario: che non vorrebbe mai essere come te, e che non condivide in nessun modo quello che fai.
Berlusconi l’aveva già detta, una cosa simile, ché fa molto presa sul senso comune. Ma, invece, no: Tartaglia non era invidioso di Berlusconi, tutt’altro. Fosse stato invidioso l’avrebbe idolatrato, e non gli avrebbe tirato una statuetta in bocca.
Io sono convinto che ci siano molti che, veramente, odino Berlusconi – anche in un modo che io non riesco a capire, oltre al limite dei provvedimenti con i quali Berlusconi ostacola la felicità degli altri individui: quell’atteggiamento insinuante – al di là dei casi specifici – per cui non esiste una zona grigia fra ciò che è legale e ciò che è giusto, e che qualunque tentativo riuscito di spostare in avanti ciò che è legale in direzione dell’approfittarne, è testimonianza di furbizia.
Ma a me, della sofferenza personale di Berlusconi non frega nulla. Anzi, ci mancherebbe, mi dispiace.
Quindi sì, l’odio c’è. E sicuramente – come s’è visto – c’è chi è capace di trasformare quest’odio in un fatto violento. Ma che c’entra l’invidia? È molto più probabile che gli invidiosi di Berlusconi siano quelli che lo votano, che sperano che qualche briciola cada anche al popolo, dal ricco tavolo imbandito del sovrano.
L’invidia è un sentimento bellissimo. L’invidia è quella disposizione d’animo per cui, quando vedi qualcuno che fa una cosa meglio di te, vuoi riuscire anche tu a farla bene come lui.
È la spinta di verità per cui Ahlam – che non ci aveva mai pensato prima – vede una ragazza italiana, Angela, che può andare in giro per strada, camminare e parlare con chi vuole senza bisogno di un uomo che la controlli, e pensa: «perché lei può e io no?».
Alla base di tutte le rivendicazioni di libertà c’è invidia, l’invidia – sana – per chi quelle libertà ce l’ha. L’invidia è il principio, in entrambi i sensi, di ogni evasione.
Certo, chiaro, l’invidia può degenerare. Qualcuno può tentare di rubare, per invidia: ma è sbagliato rubare, mica essere invidiosi.
Per questo l’accusa agli invidiosi è, davvero, la cosa più sciocca che ho sentito in questi giorni.
Poi è chiaro che, in questo momento, come ai funerali e nelle grandi tragedie nazional-popolari, vale tutto. Liberi tutti. E ha anche un senso.
Ma a un certo punto mi fermo: perché la retorica la capisco e la sopporto – l’amore vince sempre sull’odio -, le cazzate no.
“Il più antiberlusconiano di tutti è…” quello che dice queste cose:
C’è poco da dire su Massimo Tartaglia, un povero disgraziato e malato le cui giornate da domani in poi saranno ben peggiori di quelle che ha vissuto finora. Ci sarebbe molto da dire invece su […] quelli che non riescono che a rimbrottare severamente che «questo è controproducente», o di quelli che anche questa volta non riusciranno a trattenersi dal produrre le teorie del complotto più ridicole. […] Ci sarebbe molto da dire su di voi. Potremmo cominciare col fatto che siete, più di qualsiasi altra legge e leggina che sia passata in Parlamento, la minaccia più concreta alla salute della democrazia di questo paese. Che siete, più di qualsiasi Mastella e di qualsiasi Latorre, un gigantesco problema della sinistra italiana. Io non ho l’aspirazione né tantomeno la necessità di sostenere uno schieramento o una coalizione in cui tutti la pensino come me su tutto. Sono disponibile a confrontarmi, discutere e litigare su centinaia di cose, comprese quelle su cui ho meno dubbi e che mi stanno più a cuore. Ma davvero non ho nulla da spartire con voi che esultate, con voi che nicchiate, con voi che non riuscite a dire semplicemente che in una democrazia l’aggressione violenta a un politico è una schifezza triste, aberrante e fascista.