Questo primo post dal Burkina Faso rischia di essere molto retorico, ho provato a tagliarlo asciutto asciutto ma non m’è riuscito: mi si perdoni l’indugiarci, almeno oggi.
L’immagine è quella lì, davvero “noi” e “loro”. Ed è anche molto più semplice delle divisioni che ci troviamo a fare, per rendere comprensibile il mondo, nei nostri discorsi quotidiani: proletarî americani immigrati, dove in fondo – e in una qualche misura – siamo tutti un po’ proletarî, siamo tutti un po’ americani, tutti un po’ immigrati.
Qui no, è facile e brutale. Noi, i bianchi. Loro i neri.
Ci sono gli hotel per il mondo che non è di qui, e sono di un lusso sfarzoso, delle volte ostentato, che si ferma sul portone d’ingresso. Dove ci sono delle guardie, a tenere lontano lo stuolo di mendicanti che si affastella ai finestrini di ogni macchinone che parte, a chiedere l’elemosina.
All’entrata del fortino ci sono le guardie, a tenere fuori, a spingere lontano la povertà.
Loro – i neri – per entrare negli alberghi devono essere invitati, e ci entrano con un cartellino appuntato al petto con scritto “visiteur”, ché non insospettiscano.
Tu, per diritto di pelle – smaccatamente solo e soltanto per ordinamento cutaneo – a cui le guardie aprono la porta, per non farti fare la fatica di accompagnarla. E alla quinta o alla sesta volta che ci passi, avanti e indietro, finisci persino per dimenticarti di dire almeno “merci”.
***
L’immagine è quella lì, dicevo, e cioè che ti lavi i denti con l’acqua minerale. L’attitudine è fatta di cose piccole, questa quella che – scioccamente – ha colpito me. Come chiamarla? Sì, molto banalmente “ingiustizia”, e crasi di tutto il solco delle disparità: là fuori anche quella del rubinetto – non per lavarsi, ma per bere – manca.
Ma le alternative non ci sono: mia collega se n’è scordata, quattro giorni fa, ha usato l’acqua del rubinetto con lo spazzolino ed è tornata a casa – rimpatriata – con una malattia di qui, il Dheng, per fortuna non grave.
(Edit del 9/11: la collega ci tiene a specificare che, come già scritto nei commenti, avevo capito male – è stata una zanzara)
(Nuovo edit 9/11: ho capito l’origine dell’incomprensione, era stato un altro collega – a Roma – a parlare di un’altra collega ancora che, tornata in Italia, si era sentita male, ma non con la dengue)
Ed è lo stesso: non puoi andare in giro da solo. Ci sono le guardie e gli autisti, invariabilmente. Abbiamo una casa, dove lavoriamo e gestiamo l’organizzazione, fuori dalla casa stazionano un paio di guardiani. Ogni volta che andiamo in qualche albergo/ristorante/salaconferenza ci accompagna l’autista. Per fare 500 mt a piedi l’autista parcheggia la macchina e ci accompagna camminando. Avere, possedere, autisti e guardie ti fa sentire come il lavarsi i denti con l’acqua minerale: ma, allo stesso modo, qual è l’alternativa? Forse soltanto chiudere gli occhi.
Meglio di no.
***
Qui una foto presa male (ingrandendola ci si entra meglio dentro):
la foto mi ricorda assai il senegal, unica mia esperienza africana, per di piu’ in villaggio-vacanza… li’ la situazione non era pero’ cosi’ drammatica in quanto si poteva girare piuttosto tranquillamente poiche’ ogni senegalese sa che l’unica fonte di guadagno accettabile e’ data dal turismo.
mannaggia che brutta sensazione quella di essere il ricco, il pollo, il bianco. se solamente ci fosse un modo per andare da quelle parti in incognito, cazzarola.
E “noi” e “loro” comunicano? Entrano mai in contatto?
durissima realtà …
Auguro comunque alla tua amica di guarire, la malattia febbrile Dengh in realtà non è curabile, esistono solo terapie di supporto. Senta terapia è mortale in un caso su cinque, con la terapia si abbassa la percentuale di rischio, ma non si annulla.
Con queste premesse ovvio che ci si lava con l’acqua minerale, ma si capisce anche perchè da quelle parti del mondo la gente cerchi con ogni modo di fuggire, a costo di annegare nel canale di Sicilia su una bagnarola …
credo che il privilegio dovuto al colore della pelle sia una sensazione conosciuta a tutti i bianchi che hanno a che fare con l’africa…ti senti fortunato, e a disagio. forse più a disagio che a disagio che altro.
invece sono perplessa dalle misure di sicurezza : non conosco il burkina, ma lo immaginavo un paese tranquillo, in cui spoastarsi, soli, bianchi e diversi, ma sicuri.
buona continuazione,
sissi
@ sissi:
E pensa che in Kenya è anche molto peggio.
ma le dengh che é? sarebbe la dengue? ma non si prende per puntura di zanzara?
comunque quando ci sono stato io in burkina faso(2004), si c’erano gli scocciatori che ti pedinavano continuamente, ma rischi per la sicurezza quasi zero. Poi mi colpì molto che lo stato che doveva essere poverissimo in realtà stava meglio del mali e del senegal.
già , in effetti io fui in togo nel 2005 e mi ricordo un posto tutto sommato sicuro, dopo un paio di settimane di acclimatazione ci facevano anche uscire da sole la sera 🙂
vado spesso in Burkina faso perchè lavoro per una Ong italiana che ha una sede a Ouagadougou. recentemente ho anche accompagnato un gruppo di donatori in visita ai rogetti sostenuti. Non mi pare proprio che manchi la sicurezza, in Burkina Faso. Nessuno di noi gira accompagnato e la popolazione è fra le più amichevoli e “rilassate” che abbia mai incontrato. Certo, il senso della grande disparità esiste ed è molto evidente. In ogni caso basta non andare nei grandi alberghi e frequentare i locali non propriamente per stranieri…nulla lo vieta e sono anche più divertenti! Comunque la tua amica il dengue se l’è preso perchè è stata punta da una zanzara infetta, mica per l’acqua…
Sui rischi per l’incolumità può essere che, trovandomi a frequentare i grandi hotel dove alloggiano i ministri e quelli che partecipano alla conferenza, l’effetto “fortino” sia particolarmente accentuato. Però è vero che anche accanto a casa nostra, che è tutto fuorché lussuosa, ci sono sempre due guardiani come ce ne sono all’uscita di un sacco di edifici.
Forse mi sono fatto condizionare dai racconti che mi hanno fatto, comunque, e dagli scongiuri di non uscire da solo. Sono tre giorni che cerco di fare una passeggiata ricevendone risposte vicine al “tu sei matto”.
Per quanto riguarda il Deng, lo sapete sicuramente meglio di me: avevo preso per buona la raccomandazione della mia collega «mi raccomando di lavarti i denti con l’acqua minerale, altrimenti finisci come me», ma sicuramente intendeva l’insieme delle cose di cui curarsi.
donatella scrive::
Che frase davvero scontata e stucchevole.
Giovanni Fontana scrive::
La parte migliore del post.
Senti Io Dead Aid di Dambisa Moyo alla fine me lo sono letto.
Erano cosa già dette da altri in altri libri e io mi ci trovo abbastanza daccordo.
Secondo la Moyo (bella gnocca tra parentesi dalla foto di copertina) tu li stai facendo danni.
Tu come la vedi ?
@ Carlo:
Perché lo dici? Non vedo che attinenza abbia una spinta all’abbandono delle MGF con un problema legato alla bolla economica creata dai finanziamenti a fondo perduto.
Qui, mi sembra, che per i pochi soldi che ci sono, quelli che ci sono enormemente vincolati al successo.
Intanto guarda quello che stai descrivendo : un fortino assediato di professionisti della cooperazione separato dal resto della società africana. Non so nulla di come lavori ma ti sembra normale tutto cio ?
Poi anche tu sei in qualche modo parte di una sindrome olandese.
Spiegazione: Negli anni 50 gli olandesi scoprirono immense riserve di gas naturale nelle loro acque territoriali. Per qualche anno fu una manna poi il gas fini e si ritrovarono con un’ economia disastrata. Si teorizzo allora che quando dipendi in maniera eccessiva da una risorsa es. abbondanza di materie prime, questo settore deprime tutti gli altri(e quando il reddito da questo settore unico sparisce realizzi che non hai più un economia.
In un paese povero come il Burkina Faso i dollari e gli euro che il settore no-profit porta nel paese hanno tutte le caratteristiche di una materia prima facilmente sfruttabile che non richiede un’enorme manodopera. Credi che senza le varie Ong quegli alberghi esisterebbero ? E le guardie e gli autisti che assumete ? Secondo rispettati economisti quando una fonte di reddito conta per più del 15% del Pil di una nazione quell’attività è dannosa perché deprime tutti gli altri settori che non possono svilupparsi. Non è difficile fare il 15% del Burkina Faso e non ho difficoltà a credere che il no-profit rappresenti la più importante industria del paese. Il danno avviene in due modi, in primo luogo le Ong assumono le persone più competenti che potrebbero lavorare nella produzione ed esportazione di beni e servizi. Poi l’influsso di valuta pregiata dall’estero (gli stipendi che pagate, i soldi che mettete in questo o quel progetto) alza il valore della valuta locale rendendo più difficili le esportazioni. In questo modo un “florido” terzo settore ostacola la crescita di un settore privato drogando letteralmente l’economia. Per non parlare poi della mentalità da accattone che una simile organizzazione socioeconomica del paese crea.
Il problema non è che i finanziamenti siano o meno a fondo perduto. Il problema è che i finanziamenti esistano.
Carlo scrive::
Sì, ho letto anch’io quella parte del libro con interesse.
Però non capisco cosa questo abbia a che fare con quello che facciamo noi. L’obiettivo di questa campagna non è rendere le persone più ricche, questione alla quale tu rispondi – dimmi se sbaglio – «facendo la carità , la povertà aumenta». No, l’obiettivo di questa missione, e di questa campagna, è: eliminare le mutilazioni genitali femminili.
Se, nell’aiutare queste persone a mettere al bando le mutilazioni, si genera anche un “indotto” che fa sì che qualcuno qui abbia qualcosa di cui sfamarsi siamo tutti contenti, ma non è questo l’obiettivo principale.
Secondo me ha ragione Giovanni.
La questione della sindrome olandese (dutch disease) è interessante, non avevo mai pensato si applicasse così facilmente all’aiuto internazionale, e mi sembra molto probabile possa avere certi effetti negativi.
D’altro canto, come dice giustamente Giovanni, lo scopo è un altro. Magari si poteva fare la conferenza a New York, ma se si perdevano gli effetti negativi del dutch disease si perdevano altri effetti positivi, no?
Sull’indotto: se è vero che, per colpa del dutch disease l’aiuto fa più male che bene, allora quello che chiami indotto è una conseguenza negativa. Io, però, personalmente, dubito della dimensione di tali effetti e dico che l’effetto keynesiano degli alberghi a 5 stelle è maggiore dell’effetto dutch disease, tutto questo detto senza nessuna particolare esperienza nel settore, ma qualcuno con tre esami di econometria immagino che questa cosa l’avrà studiata.
Io non contesto quello che fai tu… ma per il fatto di essere li tu e la tua Ong state insufflando euro nell’economia locale (non so se paghiate in euro o in valuta locale, il discorso non cambia) acquistando valuta Burkinabe ne fate salire il valore per la legge della domanda e dell’offerta. A questo punto un agricoltore o un imprenditore Burkinabe che volesse esportare i suoi prodotti in europa si ritrova penalizzato perché il settore no-profit droga l’economia del Burkina Faso rendendo la sua valuta troppo pregiata e quindi i suoi prodotti troppo costosi.
Mi spiego meglio: immagina che ci vogliano dieci franchi bukinabe per fare un euro e che il prezzo di un uovo al mercato sia un franco. Per un acquirente europeo è un buon affare acquistare uova burkinabe e nasce una fiorente industria di pollicoltura. Poi arriva la ONG che acquista valuta locale per pagare l’affitto, la benzina, i dipendenti etc. Siccome di valuta burkinabe c’è n’è poca sul mercato (chi vuoi che se la pigli normalmente)anche un leggero innalzamento della domanda fa aumentare il valore della valuta del Burkina Faso. Risultato : Adesso l’uovo costa sempre un franco al mercato ma bastano 5 franchi per fare un euro e le uova del Burkina Faso sono improvvisamente troppo care (per la precisione il loro prezzo è raddoppiato). Gli acquirenti europei lasciano il mercato divenuto troppo costoso, l’industria dei polli va in crisi e per conseguenza ancora più aiuto è pompato sul Burkina Faso in una spirale viziosa. Quello che tu chiami indotto è consumo interno che non produce nuova ricchezza. Questo consumo puo anche prendere la forma, morale finché vuoi, di cure mediche e istruzione, ma resta un consumo improduttivo che non produce nuova ricchezza.
In ultima analisi la cooperazione internazionale ha due effetti indesiderati :
1) uccide le esportazioni (per il meccanismo esposto qui sopra)e quindi l’economia.
2) produce un’economia malata fondata su una risorsa aleatoria e “innaturale”(la cooperazione), alimentando una mentalità da accattone nella popolazione.
E’ come se regalando una sedia a rotelle a qualcuno con difficoltà motorie lo abituassi a poco a poco a non camminare più.
Non è un caso che i paesi del terzo mondo che si sono sviluppati (India, Cina, Brasile) hanno la caratteristica di essere troppo grandi perché l’aiuto internazionale facesse qualche effetto.
Nonostante tutti i suoi (benintenzionati)sforzi madre Teresa di Calcutta non è riuscita a tenere l’India nella miseria.
Sì, va bene Carlo questi effetti sono tutti sensati e plausibili, ma quantificando?
Stiamo parlando di un enorme aumento della domanda che spinge su l’inflazione e danneggia i setori esportatori, che ora sono meno competitivi.
Ma se l’enorme aumento della domanda, oltre ad aumentare il prezzo delle uova permette di costruire una strada, grazie a cui il prezzo delle uova si riduce dell’80%, l’effetto dannoso non è annullato da questo nuovo effetto benefico?
Il fatto è che a noi occidentali questo tipo di cooperazione (costruire le strade dico) non piace più, perché l’ambiente, la terra ancestrale, la corruzione etc. Noi facciamo roba leggera, progetti di educazione, ambulatori rurali…
Queste cose le fanno i Cinesi che stanno letteralmente ricostruendo le infrastrutture dell’Africa. Purtroppo pero lo fanno con manodopera cinese e importano dalla Cina praticamente tutto, cosi non c’è un effeto keynesiano.
Poi le strade rimangono. Ci sarebbe da discutere su come sono fatte quelle strade. Uno dei drammi dell’Africa è che le infrastrutture furono costruite dagli europei in modo che la colonia inglese fosse meglio connessa alla Gran Bretagna che alla vicina colonia francese. Una strada dalla miniera al porto più vicino e via. I cinesi spesso ricalcano questo modello. Un po’ perche rifanno la vecchia strada un po’ perché a loro interessa esportare in più in fretta possibile le materie prime dall Africa esattamente come agli europei duecento anni fa. Il risultato è che spesso un commercio interafricano è difficilissimo.
Ad ogni modo quello che dici tu vale per la cooperazione “pesante” alla cinese non per quella “leggera” all’occidentale.
@ donatella:
sono la denghizzata e confermo…fu una zanzara…
@ Carlo:
premesso che di economia so praticamente nulla, non è droga anche il vantaggio che da la poco pregiata moneta? cioè non si stimola un aumento della produttività diminuendo quell’effettoi droga?
poi un ambulatorio, o qualsiasi cosa di leggero, non stimola anch’esso l’imprenditorialità creando condizioni per un progressivo abbandono dell’economia di sussistenza?
Provo a rigirare la frittata e a porla in un modo che a me non piace molto: Confesso che io preferisco la mia prima versione ma nei libri di economia te la spiegano anche cosi (e chi sono io per giudicare).
Ogni individuo razionale vuole consumare (se sei un elfo della toscana è un problema tuo, a pagina 3 di ogni manuale di economia scrivono cosi), dal momento che il mercato è globale (da duecento anni minimo, no da ieri) la stragrande maggioranza dei beni e dei servizi che un individuo desidera consumare sono prodotti all’estero (questo è vero soprattutto se vivi in Burkina Faso).
Per acquistare beni dall’estero ho bisogno di valuta pregiata perché il franco burkinabe non lo vuole nessuno e i giapponesi mi ridono in faccia se gli offro franchi del burkina faso in cambio di una Toyota. Quindi io mi devo procurare valuta pregiata, dollari o euro. Come, sono cazzi miei, m’invento qualcosa. Se c’è una risorsa facilmente sfruttabile tipo petrolio o oro non sto a dannarmi tanto, ho già qualcosa da barattare in cambio degli euro con cui mi posso comprare la macchina . Se invece non ho nulla devo usare il cervello e inventarmi qualcosa di meglio (la Finlandia ha creato la Nokia, gli svizzeri avevano un po’ di ferro lo hanno trasformato nei più preziosi pezzi di ferro umanamente costruibili cioè gli orologi di precisione) o fare qualcosa meglio (i cinesi avevano tanta forza lavoro a buon mercato, cioè migliore, e quella si sono messi a vendere).
In pratica è come se le differenti attività economiche fossero in competizione fra loro, se ne emerge una dominante soffoca tutte le altre perché attira i migliori talenti e perché nessuno si spreme le meningi a inventare qualcosa di meglio.
Questo significa che alla fine della fiera un paese povero di risorse è messo meglio di un paese ricco. La Polonia e la Russia erano più o meno agli stessi livelli vent’anni fa. I russi avevano gas e petrolio, potevano comprarsi quello che gli serviva sul mercato internazionale senza dannarsi e svilupparono una monocoltura industriale basata su gas e petrolio. I polacchi non avevano un emerita m*****a e hanno dovuto reinventarsi tutta un’economia. Questo implica snellire la burocrazia, ripensare il prelievo fiscale inventarsi competenze e mestieri, impiantare nuove attività (e cosi la miniera di sale dell’ottocento diventa attrazione turistica). Insomma stiamo parlando di una radicale ristrutturazione dell’economia resa possibile dal fatto che l’alternativa era morire di fame.
Questa trasformazione enorme implica una massa enorme di lavoro che si autoalimenta. Io trasformo la casa del popolo in albergo, tu mi procuri fiori e frutta fresca per gli ospiti coltivandoli nell’ex orto collettivo, per quello avrai bisogno di concime che ti porta Yuri che si è fregato otto vacche dalla stalla del kholkoz appena è venuto giù tutto e il latte lo rivende à Mikail che ci fa la caciotta mugika etc.
Il risultato è che ora i polacchi hanno un economia, mentre i russi dipendono dalle fluttuazioni del petrolio. Per dirla con un premio nobel per l’economia “la più preziosa delle materie prime è il cervello” (e due mani piene di calli aggiungerei io).
Questo per spiegare perché con tutte le sue rogne un paese povero di risorse come l’Italia è più ricco dell’Arabia Saudita. Avere materie prime è una sfiga.
Ora il problema è che in un economia piccola come il Burkina Faso un modesto flusso (modesto per i criteri occidentali )di aiuto internazionale è una risorsa facilmente sfruttabile.
Ha lo stesso effetto sull’economia burkinabe del petrolio sulla Russia. In pratica impigrisce.
Il tipo sveglio non cerca di mettere su una bella fabbrica di magliette con operai pagati dieci centesimi all’ora (si non è il massimo dell’etica ma i cinesi cosi sono diventati la quarta economia del pianeta) perché va a fare l’autista per l’ONG. In pratica la principale “filiera professionale” del Burkina Faso diventa l’aiuto internazionale. Più aiuto pompi più distruggi il resto dell’economia più il paese dipende dall’aiuto internazionale che cresce ancora di più.
Se volessimo veramente aiutare questi paesi dovremmo lasciarli esportare in europa tutto quello che vogliono senza pagare tasse alla dogana.
poi: non ho capito il primo punto, sul secondo l’unico modo con cui un ambulatorio stimola l’imprenditorialità è che l’imprenditore (o futuro tale) resta vivo il che è innegabimente un vantaggio (soprattutto per l’imprenditore).
@ Carlo:
il rpimo punto è: 1euro=10franchi 1uovo=1franco
quando poi 1euro=5franchi e diminuzione della domanda, il produttore di uova non deve trovare un modo per migliorare la produttività e ritornare competitivo?
il secondo punto: appunto, se il (potenziale) produttore non deve lottare per la sopravvivenza non comincia a voler far piani per il futuro? non è la stessa storia della fine del feudalesimo e lo stato accentrato col monopolio della forza e poi via via meno marchesi del grillo che cagano’okaiser all’artigiano?
poi, non riusciranno mica tutti a godere dei miseri vantaggi dell’aiuto internazionale, no?
@ Lorenzo
Primo punto:
C’era un economista nel settecento (non mi ricordo il nome)che sosteneva che bisognava tassare i poveri più dei ricchi per incitare i poveri ad arricchirsi. Tu ci vai abbastanza vicino. 🙂
Scherzi a parte intanto bisogna vedere se il livello di educazione etc permette d’inventare qualcosa di cosi innovativo poi quei poveretti hanno già tanti di quei problemi che non mi sembra il caso di aumentarglieli. Poi il punto è che l’ex allevatore di polli finisce a lavorare per un ONG e non ha bisogno d’inventarsi qualcosaltro.
Punto 2: A parte che è la fame che ti aguzza l’ingegno, semmai è esattamente il contrario. Se l’ambulatorio del villaggio è pagato con le mie tasse io voglio e pretendo che ogni centesimo del bilancio alla sanità vada in spese mediche e non in corruzione e sono pronto a rompere le scatole al ministro perché cio avvenga. Se invece è frutto dell’elemosina degli occidentali allora io non ho diritto a nulla non me ne curo se qualcuno saccheggia il budget e mi si sviluppa una mentalità da accattone verso il bwana bianco.
E’ malata l’idea stessa del buon bianco che va a salvare il povero nero incapace di badare a se stesso. Gli Africani hanno le energie e le risorse per prendere in mano le loro vite.
Per il punto 3) In africa se uno ha un buon lavoro mantiene anche i cugini di terzo grado.
@ Carlo:
1: ma qual è il loro vantaggio nel mantenere imprese di basso livello? mi pare una condanna all’elemosinaggio permanente…
poi la butto li, per sembrare ancora meno quell’anonimo del 700, mica è sbagliato chiudere la miniera improduttiva, casomai non dare il paracadute al minatore lo è.
… e si viva l’istruzione
2:no ma il mio punto è un altro, semplicemente che l’ambulatorio, la strada, la forza pubblica, la scuola creano quel background nel quale si vive meglio. ste cose mica ti danno ricchezza (come possibilità di consumare per godere), però in quello sfondo invece di aguzzare l’ingegno per riempirmi la pancia e domani è un altro giorno, lo potrò fare per arricchirmi, accumulare
Sul primo punto avresti ragione se ci fosse qualcosa d’altro da fare. Stai proponendo quello che fece la Thatcher in Inghilterra chiudere le miniere per sviluppare un economia di servizi (ma l’Inghilterra aveva una classe media ben educata, trasporti, istituzioni funzionanti etc).All’epoca fu un enorme successo (tranne per i minatori) adesso sembrerebbe che un eccessiva terziarizzazione dell’economia non sia sta gran pensata. Poi non è che la miniera in Africa sia improduttiva, è che il rame e il ferro etc estratti non sono lavorati in Africa. Bisognerebbe trovare il modo di sviluppare un industria africana.
Sul secondo punto stai dicendo quella che è la teoria ortodossa dell’aiuto internazionale. Il problema è che sono quarantanni minimo che pompiamo aiuto in Africa senza risultati. Gli stati Africani che stanno meglio sono quelli che NON hanno ricevuto aiuto internazionale. Secondo me quella teoria ha qualcosa di sbagliato.
@ carlo:
ma mica lo sapevo che avevano miniere, neanche volevo proporre una terziarizzazione ahah.
il riferimento alla thatcher era solo per, diciamo, scindere quello che c’è di buono in quella politica da quello che non lo è -noparacadutes-.
comunque dai, se esistono condizioni che creano una specie di protezionismo -tipo il fattore moneta, se non sbaglio, in quel caso- l’impresa gongola e se ne sta com’è, a differenza di quella costretta a competere sul serio, questo il mio punto
non ti seguo.
Ci spostiamo più su che qui siamo rimasti io e te ?
(io comunque leggo e mi interesso)
Ciao Giovanni, ti leggo da un pò ma solo oggi ho scoperto che sei stato in Burkina ormai più di due anni fa. Io ci ho trascorso 3 mesi e ci tornerò in marzo credo. Per quanto abbia fatto la distanza tra noi e loro ha accompagnato il mio soggiorno là . Tra l’altro ero sola, quindi siamo diventati amici, o almeno mi piace pensarlo. Andavo a casa loro, uscivamo insieme il we, abbiamo anche fatto un fine settimana a Bobo insieme, ma resta sempre questa distanza incolmabile. Alla fine ci ridevamo sopra, sulla nasara che veniva additata per le strade. Però con i responsabili locali della mia organizzazione, quelli che erano stati in Italia e che lavoravano con noi da decenni, le distanze si accorciano.
Non è possibile chiudere gli occhi di fronte alle ingiustizie di quei paesi, a credo che l’unico riscatto passi dalle loro scuole e che quindi sia lungo, molto molto lungo.