Sei al sicuro

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Vienna

La cosa più commovente di questa volantino appeso alla stazione di Vienna non è il titolo, “benvenuto/i”, in grande; né la solidale laboriosità che traspare dall’elenco, quasi burocratico, delle necessità alle quali l’amministrazione può rispondere. Non è né quel “per favore, non esitate a fare domande”; né la traduzione, fra parentesi, in simple English di una parola (“interprete”) che potrebbe risultare difficile. Non è l’umano “stiamo facendo del nostro meglio”.

È la postilla finale, prima della firma. “You are safe”. Siete al sicuro. Sei al sicuro.

Lo è perché vuol dire «fidatevi di noi», che è il messaggio più bello che si può dire a un nuovo arrivato (perché c’è da fidarsi di noi, no?). Ma lo è ancora di più perché, rispettosamente, sottointende un’altra parola, “now” (siete al sicuro, ora), che è il riconoscimento dell’identità e della storia che queste persone si portano dietro. È il riconoscimento, prima ancora che siano tenuti a provarlo (come del resto la convenzione di Ginevra richiede), che a quell’identità e quella storia ci crediamo. Che sono effettivamente dei rifugiati, che scappano dalla morte, dalla distruzione, dalla sopraffazione, dalla tortura, e da ogni cosa non sicura del mondo. È il riconoscimento di ciò che, di questi tempi, tanti mascalzoni mettono in dubbio, questionando – con sciocchezza o ignoranza – la legittimità delle loro paure, del terrore da cui fuggono. Vuole dire: anche noi ci fidiamo di voi. Sappiamo da cosa fuggite, lo riconosciamo e vogliamo aiutarvi. Siete al sicuro, ora.

 

3 Replies to “Sei al sicuro”

  1. io davvero non riesco a capacitarmi del fatto che ci sia gente che crede, sul serio, che uno si faccia una traversata in mezzo al mare non perchè scappi dalla guerra ma perchè è cattivo e vuole venire qui a rubarci il lavoro.

  2. @dtm. Io invece non mi meraviglio di gente che non crede a quello che vede, ovvero migliaia, ormai milioni che quella traversata la fanno provenienti (anche) da Paesi dove la guerra non c’è: le narrazioni servono proprio a questo, a far credere a quello che non c’è; altrimenti basterebbe la realtà.
    Certo, venire alla ricerca di benessere materiale, accontentandosi di condizioni, anche salariali, peggiori di quelle conquistate nel corso degli anni dagli indigeni è un po’ più complesso di ‘rubarci il lavoro’. Ma vallo a spiegare, per esempio, a quei tedeschi che ora vengono a sapere che il loro sussidio Hartz IV verrà innalzato di ben 4 euri al mese, mentre il loro governo annuncia già che ne spenderà 10 miliardi per i profughi. La povertà, tra le altre cose, spinge alla semplificazione.
    P.S. Nel frattempo, in Austria hanno sospeso i treni dall’Ungheria: gli sarà venuto un calo di solidarietà.

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