Sono sempre fatti tuoi

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Uno dei mantra di questo blog è che non esiste neutralità di fronte a un’ingiustizia, nelle grandi cose – come i massacri perpetrati di fronte all’ignavia del mondo –, o in quelle più piccole: episodî che capitano a tutti, e nei quali il “non sono fatti miei” tradisce solamente uno sterminato egoismo (il privato è politico, dicevano le femministe ai bei tempi).

La trasmissione dell’ABC “What would you do?” (cosa faresti?) si basa proprio su questo concetto: il meccanismo è quello delle candid camera, ma invece di fare scherzi alle persone ignare delle telecamere, si tenta di porli in delle situazioni che mettano alla prova il loro senso di giustizia contro il loro “non sono fatti miei”.

In questo caso, in Texas – uno degli Stati degli USA in cui un cameriere può rifiutarsi di servire degli omosessuali –, una cameriera (complice) inizia a criticare e insultare una coppia di omosessuali (complici anche loro) con figli. La maggior parte degli avventori del ristorante interviene, ognuno con la propria strategia: chi trattando a male parole la cameriera, chi chiamando in causa Gesù, chi parlando rivolgendosi direttamente alle due lesbiche.

Vedere queste reazioni, assieme a questa notizia, è un bel segno d’ottimismo.

River

41 Replies to “Sono sempre fatti tuoi”

  1. Wow, mi chiedo quali sarebbero le reazioni se la stessa cosa succedesse in Italia

    Grazie Giovanni, your film made my day…

  2. E’ molto interessante, anche per come rappresenta la differenza culturale fra gli stati piu’ liberal in cui ognuno puo’ fare cio’ che vuole all’insegna del relativismo e dell’individualismo, ed un Texas in cui si interviene di piu’ sulla comunita’, nel bene e nel male.

    Un bel pezzo di sinistra, e a volte ci mi sono messo anch’io, ha pensato che il superamento del bigottismo e dell’intolleranza passasse attraverso la recisione del legame con la societa’, ma troppo spesso questo ha comportato la liberta’ di farsi i fatti propri, nel bene e nel male, senza se e senza ma.
    Tu invece ti sei sempre schierato contro questa tentazione, e lo apprezzo molto.

  3. Stefano scrive::

    E’ molto interessante, anche per come rappresenta la differenza culturale fra gli stati piu’ liberal in cui ognuno puo’ fare cio’ che vuole all’insegna del relativismo e dell’individualismo, ed un Texas in cui si interviene di piu’ sulla comunita’, nel bene e nel male.

    È un’ottima osservazione, non ci avevo pensato. C’è anche da dire che gli Stati Uniti hanno un’impostazione molto “moralista” (o responsabilista) che favorisce questo tipo di sentimento di partecipazione.

    [per il resto, grazie].

  4. @ Stefano:
    @ Giovanni Fontana:
    Pensate che il Texas rappresenti un’alternativa a uno stato piu’ liberal come NY o sia semplicemente in una fase meno avanzata dell’accettazione dell’omosessualita’? Mi spiego: non e’ possibile che la gente in Texas si senta maggiormente in obbligo di intervenire semplicemente perche’ il problema della discriminazione verso gli omosessuali e’ piu’ grande?

  5. @ Alessa’:

    Quella di Stefano mi sembra una buona interpretazione. In genere dove “un problema è più grande”, c’è – inevitabilmente – più comprensione per chi discrimina. Pensa se qualcuno facesse la stessa cosa, in Italia, con un terrone. «Terrone del cazzo, esci di qui»: io direi che avrebbe reazioni più indignate oggi (dove quel tipo di discriminazione, per fortuna, non c’è quasi più) che quarant’anni fa.

  6. Aggiungo questo aneddoto personale, al ragionamento di Stefano: come sapete io sono un bel mangiapreti. Ho un amico frate, un tempo commentava anche su questo blog, che mi raccontò che la cosa che più gli era piaciuta di me era una volta che lui mi aveva detto: «ma non ti preoccupare, non ti voglio convertire» e io gli avevo risposto: «fai male, se tu pensi che quella sia la mia Salvezza, e mi vuoi bene, certamente devi provare a convertirmi», naturalmente non con un coltello puntato alla gola, ma con la forza della persuasione, della presenza, anche dell’invadenza (che è un po’ quello di cui hanno paura quelli che non intervengono in questo episodio).

  7. @ Giovanni Fontana:
    Non mi trovi d’accordo sull’esempio del terrone. Visto che il problema non esiste quasi piu’ la gente si sentirebbe meno in dovere di prendere le difese della persona discriminata (la quale avrebbe la possibilita’ di difendersi da sola). Se io andassi in centro a Londra a gridare invettive contro, per esempio, i mussulmani sono sicuro susciterei molte piu’ reazioni negative che se gridassi invettive contro le persone dai capelli rossi discriminate nel medioevo, e questo non perche’ il numero dei mussulmani a Londra sia maggiore delle persone dai capelli rossi.

  8. Ti rispondo da londinese (come in realta’ da qualche tempo potrebbe fare anche Giovanni): se tu lo facessi, tendenzialmente nessuno ti si filerebbe.

    Non e’ tanto una battuta, quanto un modo per sottolineare un tratto culturale: qui a Londra la gente si fa i fatti propri, e se qualcuno cerca di entrare nella sfera individuale di un altro, viene rimbalzato.

    In Texas e’ diverso: la sfera individuale e’ piu’ larga e quindi piu’ permeabile. Questo puo’ avere conseguenze negative, quando i texani si dimostrano intolleranti verso comportamenti che a Londra sarebbero considerati privati e quindi intangibili, ma anche positive, come nel video di prima.

    Credo che un discorso simile si possa fare anche sulle diverse citta’ italiane.

  9. @ Stefano:
    Quindi secondo te e’ solo un fatto culturale. Tra 50 anni quando una cameriera Texana non potra’ piu’ rifiutarsi di servire degli omosessuali, e la discriminazione verso gli omosessuali sara’ ridicola come lo e’ a NYC o a Londra, si avranno le stesse reazioni del filmato? Puo’ darsi, e sicuramente il tratto culturale ha un’influenza, ma rimango dell’idea che ci sia comunque una forte componente evolutiva del problema.

  10. E’ un insieme di fattori: il grado di apertura passiva alla diversita'(per dire, alto ad Amsterdam, basso in Alabama); il grado di partecipazione attiva alla societa’ (alto in un paesino di provincia, basso a New York); il grado di gravita’ percepita del comportamento (uno schiaffo rispetto ad un insulto a mezza bocca); e aggiungerei il timore di eventuali ripercussioni personali (effetto “se sono grandi e grossi poi finisce che menano pure me).

  11. Bel programma.
    Invece dei reality sarebbe da importare qualcosa del genere sulle nostre tv.

    P.S.
    Nei commenti continuate a confondere “liberal” (=sinistra americana) con “liberali”.
    Non è detto che un “liberal” sia favorevole alla minore ingerenza dello Stato, mentre un liberale lo è sempre.

  12. @ Stefano:
    Ovvio. Quello che pero’ mi sembrava di capire dal tuo primo commento era che ci fossero, come dire, due alternative per superare “il bigottismo e l’intolleranza”: una via Texas e una via NY, per intenderci. E mi chiedevo se invece “la recisione del legame con la societa’” non fosse un’inevitabile conseguenza (un effetto collaterale), e che quindi la differente reazione tra texani e newyorkesi non fosse spiegata da una differente fase evolutiva di questo processo. Tutto qui.

  13. Visto che siamo in tema omofobia…vorrei chiederti cosa pensi della eventuale legge sull’omofobia, che prevede un’aggravante in caso di aggressione a sfondo omofobico (orribile, non credo nemmeno esista la parola)? Io mi sono fatto l’idea che sia antiliberale e che l’aggressione vada punita indipendentemente dal motivo. Non credo si possa impedire alla gente di pensare che l’omossesualità sia una devianza, purtroppo.

  14. @ Clunk:

    Se posso dire la mia (che a quanto pare mi sono scoperto non propriamente liberale), sono fortemente d’accordo, per due motivi:
    1. Non essendo liberale trovo che lo Stato abbia fra i suoi compiti quello di educare la popolazione a seconda delle direzioni che questa assume. Perciò se l’omofobia è diffusa diviene importante risolvere il problema anche aggravando la pena. Questo dovrebbe creare un deterrente e far capire in modo chiaro che le istituzioni sono fortemente contraria a questo tipo di discriminazione. Si cerca perciò di imporre una uguaglianza in modo sostanziale che diventi con il tempo una uguaglianza formale accettata culturalmente.
    2. Si viene a creare una discriminazione positiva che serve a colmare la discriminazione de facto verso gli omosessuali. Affinché gli omosessuali siano al pari di ogni cittadino, data la delicata situazione, è necessario tutelarli in maniera particolare.

    Punire l’aggressione per se è una concezione a mio giudizio semplicistica, perché non va oltre l’atto aggressivo e non si cura delle cause a monte dell’aggressione. Non si cerca di punire un atto, ma si cerca di evitarne la ripetizione. Il problema diviene perciò fermare l’omofobia, non semplicemente la violenza.

  15. @ Valerio:

    Che lo stato debba educare (ed educa ancora, per fortuna) è sacrosanto, ma il rischio, di una legge sull’omofobia, non è di creare un reato d’opionione?

  16. Clunk scrive::

    Visto che siamo in tema omofobia…vorrei chiederti cosa pensi della eventuale legge sull’omofobia, che prevede un’aggravante in caso di aggressione a sfondo omofobico (orribile, non credo nemmeno esista la parola)?

    Io sono contrario a qualunque reato d’opinione (quindi anche la legge Mancino). Sull’aggravante per la motivazione sono abbastanza favorevole, ma non ho un’opinione ben definita. È una cosa che succede comunemente per, chessò, “razzismo” o “futili motivi”.

    Non punisci uno che pensi che i froci devono essere pestati, punisci uno che li pesta per quello.

  17. @ Clunk:

    In realtà ti ha risposto Giovanni quando dice

    Giovanni Fontana scrive::

    Non punisci uno che pensi che i froci devono essere pestati, punisci uno che li pesta per quello.

    ma anche ammesso che diventi un reato di opinione, che problema ci vedresti? Se sei un liberale puro (come Giovanni), capirei la tua perplessità. Tuttavia ad un liberale immagino il ruolo stesso dello Stato come educatore poco dovrebbe piacere. Ma dato che dici che non ti disturba affatto, anzi ritieni sia un ruolo fondamentale, non sei un liberale. In questo caso, non vedo perché dovresti avere dei problemi con i reati d’opinione.

  18. @ Valerio:

    Non so se sono un “liberale puro” (anzi, su alcuni temi come la tassa di successione non lo sono neanche lontantamente), in ogni caso non penso che neanche un liberale puro pensi che lo Stato non debba in, nessun senso, educare: ogni manifestazione dello Stato – anche il divieto di praticare mutilazioni genitali femminili – è un messaggio didascalico.

    Quello che un liberale non vuole, nel senso dello Stato etico, è che questo imponga un determinato comportamento.

  19. @ Giovanni Fontana:

    È materia tua, ma da quello che ricordo il liberalismo presupporrebbe un intervento quanto possibile minimo dello Stato, finanche a relegarlo a mero organo di controllo e polizia (il cosiddetto “Stato Minimo”). Ricordo che Gentile – che non è liberale – propugnasse l’importanza dello Stato educatore. Un libro stesso intitolato “Lo Stato Educatore” parla del ruolo dell’indottrinamento da parte del governo durante il Fascismo, non durante il Liberismo. Lo stesso Stirner, (seguace di Smith di cui condivide ed anzi rinforza l’ideale liberale e liberista) presuppone l’eliminazione dello Stato educatore per lasciare spazio alla concorrenza.
    In fondo, se ci si fida dell’autonomia degli individui, perché bisognerebbe instradarli? Al contrario. Che senso avrebbe affidarsi all’iniziativa privata se questa stessa viene indottrinata? Sarebbe demagogia.

  20. @ Valerio:
    Io penso che il valore della libertà sia strumentale, il razionalismo – da sempre legato al liberalismo – punta necessariamente all’universalismo e in una direzione. Nella ricerca di questa direzione, avere più pareri possibili è utile, necessario, e per questo bisogna avere la libertà, ma che nel liberalismo ci sia una visione progressiva del mondo mi sembra inevitabile.

  21. @ Giovanni Fontana:
    Giovanni Fontana scrive::

    ogni manifestazione dello Stato – anche il divieto di praticare mutilazioni genitali femminili – è un messaggio didascalico.

    Dal mio punto di vista, sì. Non capisco come possa esserlo dal tuo. In quanto liberale ogni azione dello stato dovrebbe essere semplicemente mirata a mantenere l’ordine che permette allo stato stesso di sopravvivere come entità ed ai privati di espletare le proprie attività in maniera autonoma. Il fatto che io poi veda le leggi nella loro componente didascalica dovrebbe essere una mia interpretazione (che dovrebbe peraltro far sorridere te)

    Nel tuo esempio…
    Il divieto di praticare mutilazioni genitali è necessario al fine di mantenere la coerenza dello Stato. Non si fa la legge perché “è male e quindi va insegnato che è male”. Assolutamente. La legge si fa perché se fosse permessa questa pratica, si sovvertirebbe l’equilibrio delle regole, presentandosi un conflitto fra questa concessione ed i principi dello Stato Liberale stesso e, perciò, risultando in un fallimento del sistema. Questo è il concetto che un liberale dovrebbe avere, no?

  22. @ Giovanni Fontana:

    Cerco di rispondere a quello che ho capito (la terminologia si è tecnicizzata non poco dall’inizio della discussione).

    Giovanni Fontana scrive::

    nel liberalismo ci sia una visione progressiva del mondo mi sembra inevitabile

    Condivido, ma ritengo che questa progressione per un liberale debba scaturire da un confronto fra individui senza influenza alcuna da parte dello Stato. Quando per raggiungere questo benessere presupponi un’influenza dello Stato nella sfera privata abbracci un’idea non liberale (che sia socialista, piuttosto che comunista, fascista, consdervatorista poco importa). In realtà tutte le teorie economiche e politiche mirano al benessere delle persone, no? Dipende da come vuoi arrivarci.

  23. Valerio scrive::

    La legge si fa perché se fosse permessa questa pratica, si sovvertirebbe l’equilibrio delle regole, presentandosi un conflitto fra questa concessione ed i principi dello Stato Liberale

    appunto: confronto di ragioni, poi “è male e quindi va insegnato che è male”.
    perchè l’idea politica è affare morale, lo stato liberale è messaggio didascalico.

  24. @ Lorenzo Panichi:

    Lorenzo, ti ringrazio della risposta, tuttavia mi rimangono dei dubbi. Sono d’accordissimo con il tuo punto di vista, ma continuo a considerare un’ipotesi alternativa che mi sembrerebbe più “liberale”. Mi spiego meglio.

    Per quanto riguarda il reato di opinione:
    La legge Mancino (così come il primo comma della XII disposizione della Costituzione) in uno Stato veramente liberale, non dovrebbe esistere. Io non impongo alla minoranza di cambiare idea o starsi zitto. Sarà la società stessa che, attraverso i suoi mezzi, insegnerà che il razzismo è male (se lo ritiene un male). Lo Stato controllerà che non si attuino azioni illegali (mancata assunzione di personale ebreo, gitano, ecc. per motivazioni etniche), coerentemente con i principi costituzionali e liberali, ma lascerà che la società si confronti a modo suo. Tapparmi la bocca se voglio esaltare le opere magnifiche del Duce non rende lo Stato migliore. Al contrario. Il post su Netanyahu dovrebbe aver spiegato proprio questo.

    Per quanto riguarda le aggravanti ai reati:
    L’aggravante ad un reato dovrebbe semplicemente diminuire l’utilità del compiere il reato stesso, seguendo un semplice principio economico (per un liberale, s’intende). Difatti un liberale come Giovanni (correggimi se sbaglio) è contrario alla galera per bancarotta fraudolenta, dato che è dimostrata l’inefficacia dell’inasprimento della legge al fine di ridurre l’incidenza del reato. In questo caso non devo forse insegnare che la bancarotta fraudolenta è un male? Per un liberale, no. L’aggravante “galera” serve non ad indottrinare, ma a ridurre il numero dei casi. Se vi si riesce, bene, altrimenti l’aggravante non ha senso (seppure lo ha per me che, non liberale, presuppongo che lo Stato debba indottrinare i cittadini).

  25. Valerio scrive::

    L’aggravante “galera” serve non ad indottrinare, ma a ridurre il numero dei casi.

    Non è vero, un fattore importantissimo – oltre alla deterrenza e alla prevenzione – è proprio la rieducazione.

  26. Giovanni Fontana scrive::

    Valerio scrive::
    L’aggravante “galera” serve non ad indottrinare, ma a ridurre il numero dei casi.
    Non è vero, un fattore importantissimo – oltre alla deterrenza e alla prevenzione – è proprio la rieducazione.

    non per niente l’artic9olo 27 della costituzione italiane recita:
    “(…)
    Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
    (…)”

  27. @ Franco Rivera:
    @ Giovanni Fontana:

    Allora, prima di tutto mi sembra il discorso abbia cambiato indirizzo. Si parla di funzione legislativa, non Amministrativa, perciò il dibattito era sulla funzione \emph{educativa} della legge che prevede l’aggravante di pena, e non sulla \emph{rieducazione} del detenuto (che è funzione propria della Pubblica Amministrazione, non del Parlamento). A meno che, certo, quello che intendiate – spero di no – è che lo Stato preferisca aggravare le pene inflitte (e perciò mettere in galera chi si macchia di reati anche minori) al fine di rieducarlo. Questo avviene in ordinamenti totalitari.

    Continuando, la rieducazione non è liberale. Nemmeno quella prevista per la detenzione. È sposata anche da organismi liberali (direi da tutti gli organismi), ma il suo fine è pur sempre adeguare una personalità a quella della società. Di per sé questa è una restrizione della libertà di pensiero individuale che va in conflitto con il principio liberale. Non per nulla, è adottata in misura tanto più incisiva tanto meno l’ordinamento è liberale. Con un minimo sforzo di astrazione, proviamo a tendere al limite.
    Limite della rieducazione che tende all’infinito –> rieducazione totale: totalitarismo
    Limite della rieducazione che tende a zero –> nessuna rieducazione: Stato Minimo.
    Fra i due limiti, il secondo è decisamente più simile ad un ordinamento liberale (se non l’ordinamento liberale per eccellenza).

    L’istituzione del principio rieducativo è perciò da considerarsi una svolta anti-liberale dei liberali necessaria a difendere la società e non l’individuo. È un compromesso necessario, tuttavia, in linea puramente teorica, l’assoluto liberalismo non dovrebbe presupporla. Ed infatti un retaggio liberale rimane nella pena dell’ergastolo che è tutt’altro che rieducativa e riabilitativa in quanto pena assoluta (BRICOLA, Scritti di diritto penale). Qui si evince chiaramente il conflitto fra libertà individuale ed intervento dello Stato che, difatti, viene risolto con un deus ex machina dalla Cassazione (Sentenza 15 Giugno 1956) tramite la possibilità di una grazia che quindi presupporrebbe il reinserimento (di un non-rieducato, però, perché non risolve il fatto che l’ergastolo non sia per rieducare, essendo un istituto assoluto).

    Che poi i movimenti liberali si siano evoluti verso frontiere più sociali, non lo dubito (se ne è parlato considerando l’interventismo dei liberali qualche post fa), tuttavia se si considerano gli ideali fondanti ed i principi, ritengo che la rieducazione non possa essere considerata liberale.

    E, comunque, si tratta di intervento dello Stato nella funzione di Amministratore dei detenuti che, ripeto, nulla ha a che vedere con la funzione legislativa.

    (ma sarei felice di saperne di più, quindi, per favore, rispondetemi magari considerando entrambi i contesti. :P)

  28. Mi spiace aver lanciato il sasso e poi essere sparito. Per questioni di tempo, purtroppo. Provo a recuperare e dire come la penso.Valerio scrive::

    Tuttavia ad un liberale immagino il ruolo stesso dello Stato come educatore poco dovrebbe piacere.

    Non credo di essere un liberale puro. Non lo sono in campo economico, in molti casi. Ma senza nessuna forma di educazione in grado di dare delle linee guida al comportamento, direi che la convivenza risulta impossibile. Lo stato deve dare delle procedure, non dei contenuti. Ma senza procedure rischiamo molto.
    Valerio scrive::

    il suo fine è pur sempre adeguare una personalità a quella della società.

    Direi che il suo fine è più che altro evitare rischi per gli altri individui, nel rispetto, però, di valori, quale quello alla vita. Sarebbe più liberale uccidere un delinquente, garantendo la sicurezza degli altri individui, pur di non rieducarlo?

  29. @ Clunk:

    Piacere riaverti qui, Clunk. E grazie di aver risposto. Provo a continuare.

    Clunk scrive::

    Non credo di essere un liberale puro

    Difatti non mi sembravi esserlo, come dicevo prima.

    Clunk scrive::

    Ma senza nessuna forma di educazione in grado di dare delle linee guida al comportamento, direi che la convivenza risulta impossibile.

    Sono d’accordissimo. Tuttavia (forse ho compreso male io il tuo punto, in tal caso correggimi) non consideravo che vi potesse essere mancanza di educazione, semplicemente consideravo che -in un ipotetico contesto totalmente liberale – non è ruolo del legislatore educare.

    Clunk scrive::

    Direi che il suo fine è più che altro evitare rischi per gli altri individui, nel rispetto, però, di valori, quale quello alla vita.

    Ciò non toglie che per farlo rieducandomi, deve però calpestare la mia libertà di pensiero.

    Clunk scrive::

    Sarebbe più liberale uccidere un delinquente, garantendo la sicurezza degli altri individui, pur di non rieducarlo?

    E chi ha mai parlato di eliminazione del detenuto?
    Ed invece se non riesci a rieducare un fascista (perché per apologia del fascismo è prevista la pena detentiva) lo terresti in galera vita natural durante? Io non considero l’eliminazione del carcerato, ma non impongo la sua “rieducazione”. Deve essere libero di pentirsi o meno del fatto. Libero di difendere le proprie idee.
    Pensa che tragedia se il principio di rieducazione fosse applicato seriamente ed in maniera funzionale (grazie al cielo è rimasto al livello di chiacchiera dottrinale). Pensa che tragedia se Mandela fosse stato “rieducato” nel carcere. Pensa che tragedia se Ghandi fosse stato “rieducato” nel carcere. E non ditemi che l’Impero Britannico ed il Sudafrica non fossero liberali perché – ammesso che non lo fossero – il principio rimarrebbe lo stesso.

  30. Valerio scrive::

    semplicemente consideravo che -in un ipotetico contesto totalmente liberale – non è ruolo del legislatore educare.

    Capisco. Ma per garantire il rispetto delle leggi, chi può educare se non il legislatore?
    Valerio scrive::

    Ciò non toglie che per farlo rieducandomi, deve però calpestare la mia libertà di pensiero.

    Vero. Ma meglio calpestare la tua libertà di pensiero che il diritto alla vita degli altri. Si tratta del male minore.
    Valerio scrive::

    perché per apologia del fascismo è prevista la pena detentiva)

    Una legge che andrebbe abolita oggi stesso. Comunque, se rimetto in libertà un criminale (pericoloso s’intende, ad esempio un terrorista) non corro il rischio di recare pericolo agli altri? La retorica della sicurezza non mi piace. Se ne sono serviti in tanti per fare danno, ma il rischio esiste.

  31. @ Clunk:

    Clunk scrive::

    Capisco. Ma per garantire il rispetto delle leggi, chi può educare se non il legislatore?

    La garanzia del rispetto della legge avviene con la garanzia della pena e con la garanzia dell’equità della legge stessa (una legge iniqua DEVE essere infranta). Il fattore educativo viene invece lasciato ai privati. Io non ti insegno a non essere omofobo, io ti punisco se compi discriminazione nei confronti degli omosessuali. Poi puoi continuare a pensarla come vuoi, ma io continuerò a punirti ogniqualvolta commetterai un reato.

    Clunk scrive::

    Vero. Ma meglio calpestare la tua libertà di pensiero che il diritto alla vita degli altri. Si tratta del male minore.

    Clunk scrive::

    se rimetto in libertà un criminale (pericoloso s’intende, ad esempio un terrorista) non corro il rischio di recare pericolo agli altri?

    Rispondo congiuntamente essendo lo stesso il problema.

    In tal caso non lo rimetteresti in libertà, ragionando con i tuoi presupposti. Perché non saresti in grado di avere la sicurezza della buona riuscita della rieducazione e considereresti – come hai detto tu stesso – la vita degli altri più importante della libertà del criminale. A questo punto per essere sicuro di “salvare gli altri” dovresti ucciderlo o tenerlo a vita in galera. Il che non è propriamente rieducativo. Cosa vogliamo fare?
    1. Ammettiamo che una volta scontata la pena il debito sia saldato
    2. Andiamo a chiedere ai galeotti se si sentono rabboniti da 15 anni di galera ed in caso di risposta positiva li rispediamo fuori, altrimenti buttiamo la chiave
    3. Non ci fidiamo della buonafede dei galeotti (in fondo, sono criminali) ed in nome della sicurezza degli altri li lasciamo marcire in galera?

    Non è molto chiaro quale opzione preferisci.

  32. Semplicemente: un processo rieducativo, attentamente studiato e non calato con la forza. Tentativi di assistenza, non violenze da gulag, per capirci, mi sembra la cosa migliore. Se io vengo punito perchè ho ucciso in nome di qualunque cosa e non mi si fa capire che ho sbagliato a priori, nonostante qualunque idea io possa mettere in campo, rimarrò in carcere per sempre. Mi sembra logico, potrei rifarlo. Lo rifarei domani se fossi convinto della bontà della mia azione o della necessità, per lo meno. Quindi non vedo altre prospettive oltre un tentativo di rieducazione.

  33. Valerio scrive::

    Limite della rieducazione che tende all’infinito –> rieducazione totale: totalitarismo
    Limite della rieducazione che tende a zero –> nessuna rieducazione: Stato Minimo.
    Fra i due limiti, il secondo è decisamente più simile ad un ordinamento liberale (se non l’ordinamento liberale per eccellenza).

    la libertà è una curva
    perchè dove finisce la mia comincia la tua

    L’istituzione del principio rieducativo è perciò da considerarsi una svolta anti-liberale dei liberali necessaria a difendere la società e non l’individuo.

    se sei in arena e vuoi sopravvivere allora ammazzi, ma a questo devi preferire la chiusura dell’arena coatta

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