4.500.000 a 0

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Forse non ve ne siete accorti, ma dopo la Terra rotonda, la schiavitù che è sbagliata, il mondo che non ha 6000 anni, il non uccidere gli infedeli, etc. etc. (continua per altre quattro e rotti milioni di cose) etc. etc., il Papa ha detto che anche sul profilattico e l’AIDS avevamo ragione noi e che lui, e i suoi, erano stati un po’ stronzi.

Al cor poco gentil ratto s’apprende

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Diverso tempo fa una persona con la quale avevo un dialogo franco e schietto mi sottopose, con entusiasmo, un articolo scritto da Marco Travaglio. Non ricordo se fossi d’accordo col contenuto dell’articolo, probabilmente sì, ma ricordo che conteneva un’immagine odiosa: Berlusconi era arrivato al capolinea e i ratti stavano abbandonano la nave che affondava. M’infuriai. Intanto questa storia di Berlusconi che era finito, e tutti i suoi sostenitori corrotti lo stavano abbandonando, l’avevo sentita mille volte, e tutte le volte Berlusconi era tornato più forte di prima. Anzi, il più delle volte non s’era mosso di lì, ché se tutti i topi l’avessero davvero abbandonato, negli anni, ora avremmo un’Italia diversa, e migliore.

Ma poi, soprattutto, come poteva essere accettabile un concetto come quello? Come si può apprezzare un argomento così andreottiano (a pensar male si fa peccato ma spesso si ha ragione? Magari fra le persone che frequenti tu, imbroglione!). Il gioco d’azzardo sulla malafede altrui, la delegittimazione degli altri pareri (pochi giorni fa, a proposito dell’abuso di potere di Bossi, scrivevo di “quanto la nostra mentalità sia abituata a distinguere malafede prima che ingiustizia: a vedere nei nostri avversarî dei servi del potere prezzolati, e senza una vera opinione, anziché delle persone che hanno idee (molto, in questo caso) sbagliate). Per doppiare il pensiero altrui e decidere che, in realtà, non è un’idea ma una menzogna camuffata ci vuole un bel pelo sullo stomaco. Un’operazione di ventriloquismo con cui può avere dimestichezza solo chi frequenta quella dimensione di doppiezza. Se questo è il tuo metro, non ci misurare gli altri!

Poi, ieri sera ad Annozero, Marco Travaglio ha usato la stessa sciupatissima metafora per apostrofare Sandro Bondi. Possibile che, ancora una volta, avesse usato quell’espressione sordida? Perché un’uscita infelice può capitare a tutti, e capita: il problema non è dire cose sceme, ma pensarle. Così, per curiosità, ho messo su Google questa storia del ratto e della nave che affonda, per vedere se era successo altre volte oppure fosse solo una coincidenza di inciampi.

Ecco:

Deve riconoscerle l’onore delle armi: mentre tutti o quasi i topi fuggono e abbandonano la nave, lei è sempre lì ultimo giapponese.
19/11/2010

Molti potrebbero essere in sintonia con il nuovo partito di Fini, ma non tutti, se i topi scappano dalla nave che affonda, devi mettere qualcuno alla porta per selezionare i topi, per vedere topo e topo, dire a questo
8/11/2010

Un partito con un’identità netta intorno ai valori di una destra normale, cioè legalitaria e rigorosa, o un caravanserraglio di riciclati berlusconiani in fuga dalla nave che affonda?
Ogni giorno le cronache segnalano le “new entry” (new si fa per dire) che si accalcano all’ingresso del partito finiano senza incontrare la benché minima resistenza
5/11/2010

La banda del buco si sta disunendo, sente i rintocchi del Dies Irae e si abbandona a un arraffa-arraffa scomposto, disperato, da ultime ore di Pompei. Come quelle bande di topi d’appartamento che, sentendo suonare l’allarme della casa e in lontananza le sirene della polizia, si riempiono le tasche con le ultime posate d’argento e gli ultimi gioielli alla rinfusa prima della fuga.
16/7/2010

Mentre i topi abbandonano alla chetichella la nave e persino le escort e le badanti si dileguano, James si propone come la versione moderna di Eva Braun nel bunker berlinese e di Claretta Petacci a Giulino di Mezzegra.
6/7/2010

I ratti della loggia. Il primo a sganciarsi è sempre Ernesto Galli della Loggia (…) Un po’ come la fuga del primo ratto dalla nave che comincia a imbarcare acqua. Gli altri seguiranno a stretto giro.
18/03/2010

La verità è che i primi a scaricare Craxi furono proprio i ragazzi dello zoo di Bettino: quel variopinto caravanserraglio di nani e ballerine, prosseneti e miliardari che si faceva chiamare Partito Socialista. Al primo scossone i topi fuggirono dalla nave, in linea con la tradizione italiota della fuga da Caporetto.
31/12/2009

Il fuggifuggi dalla barca che affonda è talmente frenetico che non c’è più pietà per nessuno, nemmeno per parenti, amici, colleghi. Si salvi chi può, mors tua vita mea. L’altra sera il salotto del Vespino di sinistra, dove nessuno s’era mai lamentato e dove non s’era mai parlato di casta, anzi la casta la faceva da padrona, pareva la fossa dei leoni.
27/09/2007

Come i topi e le pantegane abbandonano la stiva delle navi alle prime avvisaglie d’acqua, così dirigenti, portaborse, raccomandati, parenti, amanti, mezzibusti, soubrettini e soubrettine prenderanno la via della fuga, sciamando fuori all’impazzata con le mutande in mano, calpestando e travolgendo tutto e tutti
23/06/2006

E gli altri topi della nave che affonda seguono il suo esempio, mettendo in salvo la roba: è notizia di ieri che Dell’Utri vende all’asta l’argenteria di casa, anche perché la condanna per mafia (sia pure in primo grado) potrebbe portare a una misura di prevenzione, cioè al sequestro dei beni. Quanto alle elezioni, Bellachioma non ci pensa neppure a correre quel rischio
19/04/2005

A cinque anni mi son fermato.

Se mai vi capiterà di sentirmi dire all’indirizzo di qualcuno «le tue opinioni non valgono perché le dici solo per interesse» datemi un bel ceffone. E poi aggiungete: «questo è da parte mia, non di quello che mi paga».

Un nuovo ordine mondiale

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Ma tipo, dico io, ma a Ryanair non converrebbe prendere gli ambulanti della spiaggia invece di far vendere a hostess e stewart grattaevvinci e sigarette contro il fumo? Passa il senegalese, vuoi la collanina? Gli occhiali? No, non compro niente. Ma dài sconto. Poi arriva quello, canditi frutta fresca! La cinese che fa i massaggi cinesi, e l’immancabile cocco bello cocco fresco cocco bello.
Secondo me farebbero una paccata di soldi.

Paola Caruso, le aziende e la moglie di Hossam: mi spiegate una cosa come a un bambino?

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[Dico prima che magari sono scemo io, e dico davvero, nel senso che mi sembra che tutti stiano dando per scontata una cosa che io non do per scontata: quindi, ecco, se uno volenteroso e altruista viene qui e me la spiega lo ringrazio e cestino questo post]

Al giornalaio sotto casa mia lavora Pino, che ha una moglie, Rossella, che naturalmente lavora con lui: perché? Beh, perché è la moglie di Pino, hanno un’azienda, e lavorano assieme. Rossella ha fatto un po’ la casalinga, poi quando Pino ha avuto bisogno di una mano, invece di assumere qualcun altro, ha detto a Rossella di venire anche lei giù in piazzetta. Poi c’è quell’altro: come si chiama? Hossam, fa le pizze napoletane pure se è egiziano, e con lui lavorano il fratello – che è venuto dall’Egitto proprio per fare lì il pizzaiolo – e il figlio, che fa le consegne. Come l’hanno avuto quel lavoro? Beh, perché erano lì. Magari son anche bravi, le pizze di Hossam non sono male, però non è che abbiano fatto un concorso.

Sai che c’è? Secondo me sono dei raccomandati. Cioè, sì, lo sono. Mica hanno ottenuto il lavoro per merito, anzi il merito proprio non c’entra nulla: se uno la vede spassionatamente è la più bieca forma di familismo. Eppure non c’è nessuno che faccia uno sciopero contro Pino, Hossam, o Rossella.

Magari direte: ma quelli sono pesci piccoli, è naturale. Boh, sarà naturale, ma il principio è quello. Però vabbè, facciamo così: il presidente della Fiorentina si chiama Della Valle ed è proprietario della Tod’s, un’azienda famosa che vende scarpe. In realtà non è che l’abbia comprata lui l’azienda, l’ha ereditata dal padre che a un certo punto l’ha cooptato e tirato dentro. Perché non c’è uno sciopero contro Della Valle? E John Elkann? Sarà anche bravo, ma non è che ha vinto il concorso per entrare in Fiat.

Naturalmente in un impiego pubblico è una cosa completamente diversa: le sorti di un’istituzione pagata da tutti non devono essere danneggiate dalle preferenze di uno, ma in un’azienda privata non vedo proprio cosa dovrebbe spingere qualcuno a rivendicare qualcosa. Non è che in via di principio non sia sbagliato, intendo l’assumere qualcuno non sulla base del merito, da una certa prospettiva lo è certamente: ma, come ovvio e giusto, non c’è nessuna legge che vieti a qualcuno di fare quello che vuole con la propria azienda. È il mercato, funziona così: il concetto è che se Hossam assume il fratello anziché Carmine che fa le pizze più buone, la sua pizzeria riuscirà peggio, e così per Della Valle, per Elkann e per tutti gli altri.

Ecco, mi spiegate perché un giornale dovrebbe funzionare diversamente?

Secondo me Paola C ha esagerato, anzi dài, diciamolo: ha fatto una cosa scema. Capita di farne. E ho paura che questa scemata le costerà più delle scemate che capita di fare a noi, perché tutti i colleghi d’ora in poi la guarderanno storto, e per questo dal momento successivo a quello in cui ha iniziato questo sciopero della fame, mi è un po’ simpatica, ha anche una faccia simpatica. Potrebbe essere mia amica, anche se ha qualche anno più di me: ci mangerei un panino assieme e le direi «dài, smettila». Perché, a ogni modo, non capisco proprio la ragione per la quale un’azienda privata dovrebbe essere costretta ad assumere lei, anche se davvero più brava di un altro.

Oh, non dico che non possa essere un’ingiustizia, sarei tanto arrabbiato anche io: magari quel pivello della scuola di giornalismo è davvero un raccomandato**, non mi stupirebbe; però davvero non capisco il senso del fare uno sciopero della fame. Al limite scrivi la tua storia, racconti quel che è successo, e inviti la gente a non comprare un giornale che manda avanti un figliodì anziché una persona brava – sarebbe più che legittimo, magari convinci anche me e non vado più su Corriere.it – ma se fai uno sciopero della fame cosa vuoi ottenere, il lavoro? Il posto indietro? Per aver fatto uno sciopero della fame contro un meccanismo che non premia chi scrive bene? E il colmo è che, se così fosse, qualcun altro potrebbe fare lo stesso sciopero contro la tua assunzione: e sai che mica avrebbe tutti i torti?

** Sì: per quanto Paola C neghi – e questo invece, devo dire, me la rende un po’ antipatica – di aver espresso quel concetto, è naturale che l’accusa mossa al pivello sia quella di essere raccomandato: dici, io lavoro qui da sette anni e quello mi ha scavalcato senza averne i meriti. Quindi: o pensi che è tutto un caso, una botta di sfortuna (ma allora non fai lo sciopero della fame contro la sfortuna) oppure pensi davvero di aver subito un’ingiustizia, cioè che qualcuno l’abbia fatto passare avanti.

Quando il dito indica il sigaro, lo sciocco guarda il posacenere

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Il fatto che in questa foto la maggior parte delle persone si sia soffermato sul gesto di Cota, quello di reggere il portacenere – che potrebbe fare chiunque di noi per un amico senza che questo suggerisca servilismo – e non sul sigaro acceso da Bossi, un vero e proprio abuso di potere (un inserviente della prefettura sarebbe stato licenziato seduta stante), in spregio alle leggi, al buon senso, e alla salute degli astanti, dimostra quanto la nostra mentalità sia abituata a distinguere malafede prima che ingiustizia: a vedere nei nostri avversarî, dei servi del potere prezzolati, e senza una vera opinione, anziché delle persone che hanno idee (molto, in questo caso) sbagliate.

Contro la famiglia

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Questo è uno di quei post per cui penso di beccarmi dello stravagante, o del bastian contrario a qualunque costo: mi dispiace, perché è quello che penso davvero. E cioè che la cosa più sopravvalutata al mondo (dopo gli U2) è la famiglia.

A Berlusconi, fra ieri e lunedì, è stato revocato l’invito a parlare al forum delle famiglie: la cosa ha fatto particolare scandalo. Allo stesso incontro Sacconi ha detto di voler difendere «i diritti delle famiglie fondate sul matrimonio e votate alla procreazione», rettificando poi parzialmente. Alemanno ha espresso il concetto ben più chiaramente: «se vogliamo aiutare le famiglie, che sono quelle sposate, dobbiamo aumentare le tasse ai single e alle coppie con pochi figli».

Ora, quel forum è fatto di gente che intende la famiglia nella maniera più chiusa e retriva, con i Ruoli con la “r” maiuscola, e la donna a fare la mamma (senza fecondazione assistita, però): insomma, gente che sarà inghiottita dalla storia prima di quanto credano loro, e forse anche prima di quanto creda io. Quindi non servirebbe neanche discutere quelle posizioni lì, e infatti non le discuto: la mia critica va molto più in profondità, e si rivolge all’istituzione della famiglia in quanto simulacro da cui la società trae origine, e che per me è invece fondata su un concetto orribile che è quello dell’affetto incondizionato.

Prima però voglio dire una cosa: non ho un modello alternativo, non sostengo che i bambini dovrebbero essere messi in campi di educazione sovietici, però non penso astrattamente bene della famiglia, penso soltanto che sia il meno peggio che abbiamo – e sì, rivendico forte che i figli non sono proprietà dei genitori, così come trovo scandaloso che genitori ebrei o mussulmani possano vietare a un bambino di mangiare un genere di cibo per qualche loro balzano capriccio, o un testimone di Geova impedisca al figlio di ricevere una trasfusione.

La famiglia è quella che, per prima, opprime moltissimi omosessuali che non riescono a fare coming out: per quasi tutti il terrore principale è la reazione del padre o della madre. La famiglia è quella che, in India, mette al rogo le vedove. La famiglia è quella dove, in Italia, si consuma il più alto numero di violenze sessuali. La famiglia è quella che, in molti paesi mussulmani, ti uccide per lavare l’onore compromesso per aver subito uno stupro. La famiglia è quella che, nella concentrazione del legame esclusivo fra genitori e figli, riproduce (e crea) tutti i difetti della società.

E poi c’è la dimostrazione pratica che quella retorica familiare non funziona: io non sono stato particolarmente fortunato, con la famiglia, e me la sono cavata piuttosto bene. Conosco tante altre persone che hanno avuto famiglie incasinate, assenti, strambe, e molti di questi vivono una vita spensierata e felice, così come ci sono quelli che hanno vissuto in famiglie normali, mamma e papà, tutto regolare e poi le cose son saltate in aria e hanno avuto una vita travagliatissima, alla quale erano impreparati (vale anche il viceversa, naturalmente).

La famiglia si fonda su un concetto santificato, quello dell’amore a qualunque costo, su cui nessuno ragiona mai: la teoria è che si vuole bene alla mamma e al papà qualunque cosa facciano, qualunque persona siano, qualunque orrore abbiano commesso. Hina, la ragazza uccisa dal padre perché vestiva in maniera troppo occidentale, dovrebbe volere bene al padre, se fosse sopravvissuta. Najaf dovrebbe volere bene al padre, che l’ha ridotta così (immagine forte). L’affetto di un mio amico, omosessuale, per la madre dovrebbe rimanere lì – non intaccato – anche se quella lo disprezza per essersi innamorato. Emidio dovrebbe volere il medesimo bene alla mamma e al papà, nonostante questo.

La questione, a parti invertite, è un po’ più complessa: nell’educazione dei figli un genitore conta molto, ed è quindi probabile che, se tuo figlio finisce per essere una persona che vive la sua vita per fare del male al prossimo, tu abbia almeno una parte di responsabilità. Ma, anche in questo caso, c’è un limite oltre il quale il voler bene non deve essere assoluto, e ciascun individuo deve fare con chi gli sta accanto la cosa più altruista al mondo, evitando di autoposizionarsi su di un piano morale superiore: comportarsi con gli altri con lo stesso metro con cui ci si comporterebbe con sé stessi, dare a ciascuno le proprie responsabilità.

Ci sono affetti, invece, che ti valorizzano e ti spronano a essere migliore. Che ci sono perché sei proprio tu, perché sei quella persona lì, e non solo lì per caso. Parlo delle persone che hai scelto, gli amici, la persona che si ha accanto – che è la prima amica –, i maestri che ti hanno insegnato, le persone da cui hai imparato senza che lo sapessero. Nella maggior parte dei casi, invece, nostra madre ci vorrebbe bene anche se fossimo le persone più spregevoli, torturatori di bambini, rovinatori di vite altrui.

In sostanza, la mamma non vuole bene a me, ma al mio ruolo: ci potrebbe essere chiunque al posto mio, Fabrizio Corona o Adolf Hitler, e per il suo affetto sarebbe perfettamente identico. Invece le persone a cui voglio bene, e che me ne vogliono, perché mi hanno scelto, lo fanno perché sono proprio io, perché sono così, perché ho preso determinate scelte che rivendico e non ne ho prese altre che considero deteriori. Se al posto mio ci fosse qualcun altro non gli vorrebbero lo stesso bene, perché vogliono bene a Giovanni, me, come essere umano. E questo è ciò che considero prezioso.

Alcuni di noi hanno la fortuna che queste cose coincidano, che i loro genitori siano stati persone eccezionali, e assieme amici, maestri, consiglieri: beati loro, hanno tante ragioni per essere invidiati. Ma gli altri, per favore, lasciateli in pace.

I vostri figli non sono i vostri figli.
Sono i figli e le figlie della vita stessa.
Essi non vengono da voi, ma attraverso di voi,
e non vi appartengono benché viviate insieme.

Michelle col velo

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Questa è una foto brutta:

Barack Obama è in Indonesia, dove ha fatto visita alla moschea Istiqlal di Giacarta. Perciò Michelle ha indossato il velo. Naturalmente è legittimo che su una proprietà di un’istituzione religiosa sia fatta questa richiesta. Obama, però, avrebbe allora potuto rinunciare alla visita. Dite che sarebbe stato esagerato, per una cosa così irrilevante? Probabilmente avete ragione. E infatti Obama non doveva rinunciare, doveva mettersi l’hijab anche lui: «mia moglie ha la mia stessa capacità, intelligenza e valore. E merita lo stesso rispetto. Ciò a cui lei deve sottostare, una donna, è ciò a cui io devo sottostare, un uomo». Probabilmente una foto di Obama con l’hijab assieme a Michelle gli sarebbe valsa le prese in giro di qualche conservatore (sottomesso ai mussulmani!) – oltre che, probabilmente, l’ira di qualche islamista –, ma sarebbe stato un messaggio davvero bello e significativo.

Naturalmente varrebbe lo stesso per qualunque chiesa cristiana particolarmente tradizionale nella quale fosse chiesto alle donne di coprirsi.