Il post sul ministro sparito dal sito del Foglio

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Giulio Meotti è un giornalista del Foglio che mi è capitato spesso di leggere, parla delle cose che interessano a me – Israele e Palestina, Occidente, Islam, etc – e mi è sempre sembrato arguto e ironico, oltre che non disonesto – anche se chiaramente troppo appiattito sulle posizioni della destra israeliana.

Il 23 agosto ha scritto un post sul proprio blog ospitato dal Foglio in cui faceva, sostanzialmente, l’apologia dell’ex-ministro tedesco Thilo Sarrazin autore di un libro in cui parlava dell’enorme rischio costituito dall’immigrazione mussulmana, e dell’islamizzazione della società europea. Sarrazin aveva scritto cose anche sensate, ma poco politically correct come: “Non desidero che il paese dei miei nipoti e pronipoti diventi in gran parte musulmano (…) dove le donne portano il velo e il ritmo della giornata è scandito dai muezzin”. Meotti ironizzava sulla certa crocifissione mediatica e giudiziaria che sarebbe seguita alla faccenda, e concludeva il pezzo con: «Evviva, ci arrendiamo!», citando Broder.

Il 27 agosto Meotti aveva scritto anche un articolo sul cartaceo del Foglio in cui raccontava la questione della pubblicazione del libro, in cui raccontava le opinioni dell’ex-ministro e parlava della polemica che era nata all’interno del suo partito, e in genere in Germania.

Successivamente, però, Sarrazin ha saltato lo squalo: se n’è uscito con delle dichiarazioni ignoranti sulla presenza di un gene diverso in alcuni popoli fra cui gli ebrei; di qui l’accusa di antisemitismo, e la richiesta di dimissioni dal direttorio di Bundesbank da parte di Angela Merkel. La cosa deve avere creato molto imbarazzo in Meotti che è amico d’Israele e molto interessato alle questioni ebraiche, che si è reso conto – immagino – di avere fatto un accostamento inopportuno. Però, invece di scrivere per spiegare il proprio errore, ha deciso di far sparire il post (che però si può trovare nella cache di google) facendo finta che nulla sia successo.

Ora, intendiamoci, è pienamente legittimo distinguere fra antisemitismo – nella più comune accezione del termine, quella dell’intolleranza nei confronti di un’etnia – e anti-islamismo, quando qui s’intenda la critica a un sistema di pensiero – come, ragionando laicamente, sono tutte le religioni – che non si condivide. Il razzismo è contestare le caratteristiche innate di una persona, mentre mettere in dubbio le sue idee – come si fa per il socialismo o il liberalismo – è un atto necessario e altruista. E non c’è niente di male neppure nell’aver scritto qualcosa di cui poi ci si pente, è successo tante volte anche a me. Sarebbe stato più onesto, però, scrivere «ho toppato», e non cercare di cancellare traccia del proprio autoammesso errore: questa è una di quelle cose che, la prossima volta che leggerò un articolo di Meotti, mi faranno domandare «ma è tutto vero?».

grazie a Luca F

Gheddafi show

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Ma tutto questo stupore e scandalo per lo show di Gheddafi? Non fa un po’ ridere anche voi?

L’Italia invita un dittatore, campione dei non diritti umani, e la cosa che stupisce tutti è che inviti trenta o cinquanta ragazze a convertirsi a quello che lui credere essere il vero Dio? Cosa avrebbe dovuto dire: «guardate, Allah è la vera via della salvezza, ma per voi va bene Cristo»? Fra l’altro tutta quella teologia farlocca – come lo è un po’ sempre la teologia – secondo cui Cristo avrebbe annunciato l’arrivo di Maometto eccetera eccetera è ciò che si crede ovunque nel mondo mussulmano.

No news, bad news

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Quando vedo foto come queste – viene dal Pakistan – penso che, davvero, il mondo sta facendo troppo poco e mi deprimo. Poi penso alla gente – ed è tanta – che dice che, invece, non dovremmo assolutamente intervenire, perché non è la nostra cultura, e mi arrabbio. Niente di nuovo, insomma, ma spesso le immagini stimolano pensieri molto scontati:

AFP

Come sarà la pace fra Israele e Palestina

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Avrete letto tutti che fra una settimana ricominceranno i colloqui diretti fra Israele e Palestina per arrivare a una pace. Tutte le persone sono scettiche, e fanno bene a esserlo, ma lo sono per la ragione sbagliata: tutti dicono che sarà difficile trovare la pace fra Israele e Palestina, la verità è che come sarà quella pace lo si sa già, tutti sanno come sarà – che la facciano il prossimo mese o fra due secoli –, ma nessuno la vuole.

In tante occasioni, quando si parlava di Israele e Palestina, è venuta fuori questo discorso, e in molti mi hanno domandato quali fossero questi punti: ho sempre risposto in modo più disordinato di quanto volessi. Con il pretesto dell’ennesimo nuovo inizio delle trattative ho rimesso in ordine le cose, e ci ho scritto un articolone sul Post. Diciamo che, se non le sapessi, sarebbero le cose che vorrei sapere su Israele e Palestina.

I topi non apprezzano la neutralità

Ho trovato la mia nuova citazione preferita:

Se sei neutrale di fronte a una situazione di ingiustizia, hai scelto di essere dalla parte dell’oppressore. Se un elefante ha il suo piede sopra alla coda di un topo, e tu decidi di essere neutrale, il topo non apprezzerà la tua neutralità.

Desmond Tutu

Si stava meglio, reprise

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Qualcuno me lo ha scritto nei commenti, altri privatamente, dicendomi che – sostanzialmente – avevo esagerato nello scrivere questo post. Perché in qualche modo facevo l’errore che imputavo agli stessi commentatori, aggiungendoci il “frocio” e le “peccatrici” che nessuno degli interlocutori aveva detto.

Ci ho riflettuto un po’, e ho pensato che avete ragione.

Che è probabile che alcuni, seguendo ragionamenti francamente sciocchi, pensino cose orribili, ma il principio minimo di garantismo avrebbe dovuto impedirmi di accomunarli ai peggiori, loro malgrado.

Lunedì degli aneddoti – XXXVII – Le svedesi

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Le svedesi

Il mito delle svedesi. Ho scoperto di recente perché fra la generazione dei nostri nonni c’era il mito delle svedesi, che erano – alternativamente o tutto insieme – alte, bionde, ridanciane, bendisposte al dialogo, aperte di vedute. Questa la versione raffinata, che probabilmente avrete sentito diverse volte, ma la traduzione – più ruvida e più italiana, anzi la facciamo romanaccia – era: bòne, e ce stanno. La non lusinghiera reputazione, però, era del tutto immeritata: non erano le svedesi a essere tutte puttane, ma erano gli italiani ad avere quell’idea, dura ancora oggi a morire, che la condizione naturale di una donna sia la renitenza alle avances maschili, da esprimere in ogni proprio atteggiamento ed espressione della persona.

È il concetto che c’è dietro al velo imposto alle donne nell’Islam, se non ti copri vuol dire che stai suggerendo al tuo interlocutore la tua presunta disponibilità. E andò così anche in Italia, negli Anni Cinquanta, quando cominciarono ad arrivare in Italia le svedesi. Venivano nella Penisola d’estate, al mare, a fare dei bei bagni e a passare la stagione. E quand’erano in spiaggia si mettevano in bikini, indumento che in Italia non si era mai visto: potete immaginare il malizioso stupore, fatto di pruderìe da quattro soldi, con cui persone che avevano vissuto soltanto accanto a ragazze cresciute a pane e cattolicesimo potevano interpretare quel simbolo – sono belle, e ci stanno. Di lì, per un bikini, la nomea: le-svedesi. E tutte le grandi storie, naturalmente raccontate al bar e mai consumate, di quanto le svedesi fossero per nulla ritrose.

Poi c’era la più bella fra tutte le svedesi, negli Anni Cinquanta, e anche lei venne in Italia. Per una ragione un poco diversa, però: lei era Ingrid Bergman, l’avrete capito. Aveva visto i film di Roberto Rossellini e se ne era innamorata. Magari si era innamorata anche di lui, chissà. Fatto sta che gli scrisse:

Caro Signor Rossellini,
Ho visto i suoi film Roma Città Aperta e Paisà, e li ho apprezzati davvero tanto. Se ha bisogno di un’attrice svedese, che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il suo tedesco, che non è propriamente comprensibile in francese, e che in italiano sa dire solamente “ti amo”, sono pronta a venire a fare un film con lei.

“Ti amo” glielo scrisse proprio così, in italiano, per fargli vedere che lo sapeva davvero. Naturalmente – che altro? – finì che si sposarono.

Grazie a Simone e Paolo

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Il vecchino milanese del tram

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Oggi dovevo prendere il tram, e ieri avevo finito la scorta di otto biglietti che mi ero comprato per farmeli durare un po’. Però, ferragosto, era tutto chiuso. E allora sono andato alla fermata a chiedere se qualcuno avesse un biglietto ché le tabaccherie sono tutte chiuse. E c’era questo vecchino che mi ha detto «sissì, ce l’ho», e – mentre gli davo l’euro del costo del titolo di viaggio – ha aggiunto, con accento milanese: «sa io ho l’abbonamento, ma c’è sempre qualcuno che ha bisogno di un biglietto, così ne porto sempre dietro tre o quattro».

E a me, questa cosa del vecchino milanese che porta con sé i biglietti per i bisognosi, e in questo traduce la propria buona azione quotidiana, mi ha un po’ commosso.