8346
Sì, l’idea di lasciare 8.346 posti vuoti era molto bella.
Evviva il capitalismo e la libertà
Grazie a Saverio
Deutschland über alles
interesse 1 su 5
Non amo la mia patria:
amo mia moglie.
Gustav Heinemann,
Capo di Stato tedesco 1969-1974
Io volevo dire una cosa sulla Germania, quella del pallone. Quella che è uscita ieri, quella che dicono multietnica, fatta di tanti non-tedeschi. Che tutti hanno lodato, e hanno fatto bene. Vorrei provare a dirvi che i non-tedeschi sono i più tedeschi di tutti, però so che è una banalità, e allora vorrei provare a spiegarvela.
Amare la propria patria, generalmente, è una sciocchezza: sei nato lì, ci sei capitato per caso, non hai scelto nulla. Quelli che dicono di essere orgogliosi – o fieri – di essere nati in Italia, direbbero lo stesso se fossero nati in Slovenia. L’eccezione, però, è quella lì. Gente con genitori turchi, polacchi, bosniaci, nigeriani, ghanesi, tunisini che sono andati via dai Paesi in cui erano nati perché la vita era peggiore, perché non avevano un lavoro, o non c’era da mangiare, perché non c’erano abbastanza libertà, o perché ne volevano delle altre. Pensavano, e hanno deciso, che la Germania fosse un posto migliore, dove vivere meglio. Per quello che mi riguarda tanto basta a farli più tedeschi degli altri.
(ovviamente io tifavo contro, e son contento che abbiano perso, perché i tedeschi, i quattro titoli che ci raggiungono, il baiermonaco, eccetera: forza Olanda, poi)
Nel 2018 l’Italia sarà campione del mondo!
interesse 2 su 5
Il Campionato del Mondo di calcio, fino a ora, l’hanno vinto solamente squadre europee o sudamericane. E fino a ora si faceva una volta per uno: il campione in carica della Coppa del Mondo passava da essere sudamericano a essere europeo, poi sudamericano di nuovo, poi europeo, e così via. Quando il campione in carica non cambiava continente era perché non era cambiato il campione in carica.
Questa regola è stata infranta questa sera (per colpa delle sudamericane e dell’Italia). Però c’è dell’altro:
il Mondiale del ’30, in Sud America, l’ha vinto l’Uruguay;
il Mondiale del ’34, in Europa, l’ha vinto l’Italia;
il Mondiale del ’38, in Europa, l’ha vinto l’Italia;
il Mondiale del ’50, in Sud America, l’ha vinto l’Uruguay;
il Mondiale del ’54, in Europa, l’ha vinto la Germania;
il Mondiale del ’58, in Europa, l’ha vinto il Brasile, in finale contro la Svezia padrona di casa: ma c’era Pelè;
il Mondiale del ’62, in Sud America, l’ha vinto il Brasile;
il Mondiale del ’66, in Europa, l’ha vinto l’Inghilterra;
il Mondiale del ’70, in Nord America, l’ha vinto il Brasile;
il Mondiale del ’74, in Europa, l’ha vinto la Germania;
il Mondiale del ’78, in Sud America, l’ha vinto l’Argentina;
il Mondiale del ’82, in Europa, l’ha vinto l’Italia;
il Mondiale del ’86, in Nord America, l’ha vinto l’Argentina;
il Mondiale del ’90, in Italia, l’ha vinto la Germania;
il Mondiale del ’94, in Nord America, l’ha vinto il Brasile;
il Mondiale del ’98, in Europa, l’ha vinto la Francia;
il Mondiale 2002, in Asia, l’ha vinto il Brasile;
il Mondiale 2006, in Europa, l’ha vinto l’Italia;
il Mondiale 2010, in Africa, lo vincerà un’europea;
Quindi abbiamo conquistato un continente! Che, come tutti i giocatori di Risiko sanno, è cosa importantissima, per i turni a venire: in Europa vincono le europee (tranne una volta, quando c’è Pelè), in Sud America vincono le sudamericane, in Nord America vincono le sudamericane, in Asia vincono le sudamericane, ma in Africa vincono le europee!
Inoltre, se è vero che ogni dodici anni vince una fra Italia e Brasile – nel ’34 l’Italia, (nel ’46 la guerra), nel ’58 il Brasile, nel 70 il Brasile, nell’82 l’Italia, nel ’94 il Brasile, nel 2006 l’Italia – ci siamo praticamente garantiti la vittoria del Mondiale 2018: dato per perso quello del 2014, in Brasile, dove vincerà una Sudamericana, quello di 4 anni dopo è nostro. Tantopiù che in tutti questi casi – sia nel ’34, che nell’82, che nel 2006 – l’Italia ha ereditato il trofeo da una sudamericana che, invariabilmente, avrà vinto 4 anni prima e come sempre in Sud America.
Tutto questo, per la precisione.
Massimo Alfredo Giuseppe Maria
Minare la pace
Sulle alture del Golan ci sono dei campi minati, delimitati solamente da filo spinato e da cartelli come questo:
Quando ci passai, mi domandai se non fosse pericoloso per i (pochi) abitanti della zona: lo è. Un ragazzino israeliano, dopo aver perso parte di una gamba su di una di queste mine, è diventato promotore di una campagna per lo sminamento:
Naturalmente
Naturalmente tutti coloro che hanno predicato l’attenzione a non turbare la sensibilità dei mussulmani nella vicenda delle vignette su Maometto saranno davvero preoccupati – non bisogna turbare la sensibilità dei cattolici! – per ciò che riguarda questi provocatorî manifesti del Gay Pride di cui Roma è tappezzata. O no?
Naturalmente, invece, con le idee sbagliate non bisogna avere correità. Questo manifesto è esemplare, nella sua semplicità, senza fronzoli ruffiani: due uomini si bacino. Non c’è nulla di male. E ti deve entrare in testa.
Non c’è nulla di male a disegnare Maometto: e anche questo ti deve entrare in testa. Semplice, diretto, giusto.
Ignorate i diritti umani
Hitch
A Christopher Hitchens è stato diagnosticato un cancro all’esofago.
Hitchens è il più acuto e sagace giornalista che possiate incontrare. È impossibile leggerlo o ascoltarlo senza imparare qualcosa. Le sue opinioni non sono, mai, prodotte da riflessi condizionati, di partigianeria o tic mentale. C’è sempre una vigorosa e competente tensione verso la verità, che tiene i suoi ragionamenti sempre fuor di pregiudizio, come si può dire davvero di poche persone.
Per questo è sempre stato molto difficile identificarne la matrice politica: Hitchens è un progressista, nel senso più pieno del termine. La sua unica ideologia è l’estirpazione delle sofferenze delle persone. E lo è nella maniera più scanzonata e divertente, assieme dotata della arroganza dei fatti, e dell’umiltà del voler cambiare idea di fronte al torto. Se c’è una persona le cui opinioni non voglio smettere di leggere, è questa qui.
Feroce critico di qualunque conservatorismo, annichilisce – con la forza dei proprî argomenti – chiunque sia contrario ai matrimonî gay o ai diritti delle donne sulla scorta di dogmi risalenti all’età della pietra. È perciò un grande oppositore del Vaticano, dove fu convocato come advocatus diaboli nel processo di santificazione per Madre Teresa di Calcutta (rispose più o meno: «gratis?!?»). Per la medesima ragione Hitchens fu uno dei pochissimi a riconoscere i pericoli dell’islamismo senza che questo lo portasse al retrivo accartocciamento su di sé, del considerare occidentali – né tantomeno giudaico-cristiani – le idee di libertà (d’opinione, sessuale, di governo), per le quali qualunque persona che voglia marcare un segno su questa Terra deve combattere.
Nemico di qualunque dittatura al mondo, si fece picchiare da una squadraccia fascista, per l’irrefrenabile impulso di cancellare una svastica su un muro di Beirut – «quando vedo quel simbolo non posso fare a meno di volerlo cancellare», disse. Acceso sostenitore della democrazia e del governo del popolo, è sempre stato un grande critico al vetriolo della politica estera realista, come nel caso della complicità coi varî regimi dittatoriali delle varie amministrazioni americane durante la Guerra Fredda. Ha scritto Processo a Kissinger in cui enuncia le ragioni per cui l’ex segretario di Stato americano – e teorizzatore della dottrina realista della connivenza con le dittature – dovrebbe essere incriminato per crimini di guerra e reati contro l’umanità.
Dopo l’Undici Settembre, quando George W. Bush passò dalla piattaforma realista di isolazionismo con cui era stato eletto, a farsi campione dell’esportazione della democrazia, l’indipendenza di bandiera e l’eclettismo dell’intelligenza impedirono a Hitchens di fare il salto opposto, come invece tanti altri: fu inizialmente a favore della guerra in Iraq, nonostante Cheeney e Rumsfeld. Pur condividendone la pulsione ideale – umanitaria e libertaria – dell’intervento, conservò rilevanti scrupoli su come l’amministrazione Bush la stava portando avanti: sperimentò in prima persona il waterboarding per dimostrare che si trattava di una vera e propria tortura e chiedere che fosse bandito come tecnica d’interrogatorio.
In uno degli articoli più emotivamente densi che abbia mai letto, raccontò la storia di Mark Daily, un ragazzo arruolatosi nell’esercito americano. Si augurava di poter fare qualcosa per il mondo in cui viveva, e la rimozione di uno dei regimi più sanguinarî del ‘900 gli era parsa una delle migliori cause: fu persuaso da alcuni degli articoli a favore dell’intervento scritti dallo stesso Hitchens, e partì come volontario per l’Iraq. Lì morì. Hitchens si mise in contatto con la famiglia del ragazzo, e presenziò al suo funerale. Dall’Iraq aveva scritto questa cosa alla moglie – credo che sia impossibile trovare parole più belle e ricche che una persona possa rivolgere a un’altra persona:
Una cosa che ho imparato su di me, da quando sono qui fuori, è che tutto quello che ti ho professato a proposito di ciò che desidero per il mondo, e ciò che ho voglia di fare per ottenerlo, era vero.
Il mio desiderio di “salvare il mondo” è, in realtà, solamente un’estensione del tentativo di costruire un mondo adatto a te.
Io spero che Hitch riesca a venirne fuori, anche se ho capito che è davvero difficile: il tumore all’esofago è uno dei peggiori, e il fatto che venga sottoposto alla chemioterapia anziché a un’operazione non fa ben sperare, ma – comunque – continuo ad augurarmi, e augurarci, che fra qualche mese possa uscirne con il suo stile, e con una lettera bella come questa.
Se avete pregato per me, vi perdono.