Raccolta immagini raccogliute

Ecco la seconda tranche, delle immagini messe qui in fase di trasferimento.


La raccolta, il raccolto:

Wall-E in Afghanistan:

da qui

United Steaks:

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Da queste parti non ci se ne fa gran concetto, ma la donna più bella del mondo è chiaramente questa:

da qui

Il concentrato del vintage – come spogliarsi per il proprio marito:

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Pro-choice in versione Moccia:

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Puoi scriverlo anche mille volte, ma questo non gli dà più veridicità:

Arte pura:

Il più grande pericolo per l’immagine dell’Islam: A) Terrorista suicida B) Tagliatore di gola C) Disegnatore di vignette. Purtroppo molti mussulmani sembrano rispondere “C”.

da qui

Sempre religione – è tutta questione di domande:

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Dante Alighieri, ma in versione calabrese:

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All’inizio l’uomo creò Dio…

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Photoshoppata di quello che dovrebbe essere il messaggio dell’Uaar:

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Di solito i manifesti politici sono davvero brutti. Invece questo qui, per quanto io non sia un fan del Dalai Lama, è molto ben pensato:

Questa qui, invece, rivoltata a 90°:

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Stop the sag!

Qualche tempo fa, in un’intervista su MTV, Barack Obama aveva espresso la sua posizione sui pantaloni calati. Per spiegare che non tutte le cose di buon senso possono essere regolate per legge aveva detto che, certo, fare una legge per vietare di portare i pantaloni calati è una sciocca perdita di tempo, però, insomma, queste cose bisognerebbe capirle da soli: magari evitate di farci vedere le vostre mutande, diceva l’allora candidato alla Casa Bianca.

C’è chi, sulla questione, ci si è incaponito sul serio, ed è il senatore dello stato di New York Mike Adams, che con tanto di manifesti come questo:

Il manifesto a Brooklyn, foto AP

ha cercato di fare appello alla comunità nera, dove quella dei pantaloni calati sembra essere più che una moda, un tratto di distinzione sociale e di riconoscimento. Lo slogan della campagna è “noi siamo migliori di così”, dove quel noi è rivolto agli afroamericani, e riecheggia delle conquiste fatte erodendo la segregazione. Adams dice che andare in giro con i pantaloni calati è misurarsi col metro dei razzisti, è farsi imprigionare dallo stereotipo altrui. Per dirlo ha anche pubblicato un video sul canale Youtube del senato del New York in cui ripercorre la storia delle caricature denigratorie ai danni dei neri, con una differenza: questa è una caricatura autoimposta.

La serietà con cui dice «se ci tiriamo sù i pantaloni, tiriamo sù il rispetto che hanno per noi», fa un po’ ridere.

E a me che me ne viene?

Ebbi già modo di definire la Lega Nord come il partito dell’egoismo disgustoso, e di raccontare l’incontro con una leghista in cui si palesava tutta la miseria che c’è nel vedere il proprio orizzonte terminare sul filo spinato della recinzione del proprio podere. La Lega è il partito dell’egoismo perché concepisce la buona politica come quella che conviene a un gruppo, ovviamente a scapito degli altri, e non come quella più giusta per massimizzare il benessere di tutti: che sia nord contro sud, italiani contro immigrati. Perfino eterosessuali contro omosessuali: la Lega non è contraria ai matrimonî omosessuali perché intrisa di cattolicesimo. Certo, è un partito tradizionalista e in quanto tale ossequia la religiosità, ma il conservatorismo è quello dei diritti acquisiti: se noi abbiamo dei diritti, perché darli anche agli altri? Mica ci conviene.

È, in qualche modo, l’altra faccia – quella negativa non solo nei mezzi, ma anche nei fini – di un metodo: quello per cui le battaglie, giuste, le debbano fare solo le persone interessate. I diritti delle donne li devono difendere le donne, quelli degli omosessuali li devono difendere gli omosessuali, e così via. Il concetto per cui l’opinione di una donna ha più titolo nel difendere altre donne. E, purtroppo, non è una cosa che attecchisce solo a destra: ricordo, una volta, di una sottile argomentatrice che mi accusò di voler difendere le donne dal burqa perché, come uomo, avevo piacere a “spogliarle”. Se si combatte perché parte di una comunità e non perché qualcosa è giusto, non ci si può stupire se si trova qualcuno che combatte contro quella stessa comunità, per tutelare i proprî privilegi.

È proprio questa idiozia settoriale, che possiamo chiamare comunitarismo, quella che dà – all’inverso – il nome al blog di Daniele Sensi, l’AntiComunitarista appunto. Ieri ha scritto un post in cui, a fronte di tutte le analisi sul voto – sulla “vicinanza al territorio” della Lega (quanto è sul territorio, il partito che da diciassette anni prende sempre più voti di tutti, cioè Forza Italia?), sulla necessità di dare una risposta al “problema dell’immigrazione”, sull’insofferenza al centralismo, etc – ha scritto un post di una cardinalità quasi elementare, il partito trasversale degli egoisti:

Alla Lega è invece riuscito di mettere insieme il maggior partito trasversale di sempre, l’unico che possa ambire ad una compiuta maggioranza assoluta, se non all’egemonia totale: quello dell’egoismo. L’imprenditore egoista, il coltivatore diretto egoista, il precario egoista, il disoccupato egoista, il dipendente statale egoista, l’egoista settentrionale e quello meridionale, quello cattolico e quello ateo, l’egoista illuminato e snob così come quello rozzo ed ignorante: all’elettore leghista tradizionale, tutto secessione e celodurismo, si è affiancato uno sterminato popolo cui della Padania e del dio Po non importa nulla.