Secondo me questo sondaggio di Repubblica sulla proposta leghista di condannare al carcere chi indossi il Burqa traduce nella pratica ne varie posizioni, schierandole. Disinnesca e – mi sembra – smascheri ogni pretesto ammantato d’interesse, con una semplice divisione in tre – anzi in quattro.
Detto che quello dell’ordine pubblico è – davvero, ammettiamolo – un pretesto. Certo, ci sono molte più complessità di una realtà a quattro (o tre) fattispecie, ma credo che alcune generalizzazioni siano utili quando si discute, e questa sia una di quelle che limita al minimo questi equivoci – ecco quelle che sono le posizioni:
La Lega presenta una proposta di legge che prevede pene fino a due anni per chi indossa il burqa. Siete d’accordo?
Inizio dal non so, che sembrerebbe la più vigliacca, ma non lo è. Quante volte capiterà di non sapere quale sia il mezzo migliore per affrontare i problemi e arrivare a quello che – indubbiamente – è meglio. D’altra parte, se “non sai” perché clicchi sulla pagina del sondaggio per votare?
Poi il sì. Questa è la posizione sporca di una certa destra virante all’identitarismo (Lega, molti del PDL, i fascisti), ma non mi stupirei che accogliesse anche molti di coloro che son dentro a questa nuova e inedita avventura della sinistra legalitaria (Di Pietro, ma anche alcune frange del PD). Il concetto è: siamo meglio noi (che poi dovremmo parlare di chi è questo “noi”) quindi combattiamo loro. L’intento di chi risponda sì a questa domanda è quello di tutelarsi, che sia per ‘sta storia che una sotto al burqa possa portare una bomba (aboliamo i giacconi!) o per tutelare sé tutelando la propria società: insomma chi vota “sì” non è contrario al Burqa perché è un sopruso per quella donna, non pensa di essere contro al Burqa per stare dalla parte di quella donna. E difatti la vuole sbattere il carcere. Insomma, non ce l’ha con la pratica – scandalosa, vergognosa – ma con la persona che la vive. È anche un’ulteriore estensione di quel concetto doppiamente disgustoso per cui «a casa tua fai quello che ti pare, ma a casa nostra comandiamo noi».
Mi domando se costoro non vorrebbero sbattere in carcere anche le donne che hanno subito, consenzienti, l’infibulazione.
Ci sono tanti motivi per rispondere no a questo quesito, la più nobile delle quali è quella che in uno Stato libero ognuno di noi deve poter fare ciò che vuole. Ma, in questo contesto, un “no” di questo tipo fa passare un solo messaggio: «chi se ne strafrega». È questa la vera risposta vigliacca, i problemi degli altri non sono nostri problemi – e in ciò si avvicina pericolosamente al concetto sotteso a chi vota “sì” – o peggio, il burqa non è un problema. Molte di queste persone, se vedessero una scena simile per strada, dovrebbero – cioè non dovrebbero assolutamente, ma questa è la prosecuzione logica del loro sragionamento – ignorare la violenza di un marito che picchia una moglie del sud che se l’è sposato. In fondo quella, di picchiare la moglie, è una loro tradizione.
Sapete che c’è? La mia tradizione, la mia cultura, è quella che mi spinge a provare a impegnarmi per donne e omosessuali – e ogni discriminato – in tutto il mondo. Ora che avete da dire?
C’è poi il sono d’accordo sul divieto ma non sul carcere che è la posizione più facile da prendere. Ma mica che le posizioni più facili siano sempre sbagliate. È la più facile perché, effettivamente, non specifica un’alternativa al carcere: ma di cose formalmente “vietate” in cui non ci si accanisce su chi ne è primo attore e vittima ce ne sono: l’aborto, la prostituzione (poi non è detto che in questi altri casi io sia d’accordo con il divieto, ma è un altro post e un’altra storia). A che serve? Probabilmente a poco, ma poco è sempre meglio di niente. “Poco” è mandare un messaggio, per quanto flebile – ma non sottovalutiamo mai, e ascoltate questo mai con tutta la intensità, i messaggi. È un voler dire, che qui, in questo Paese e in questo momento storico, tante persone si sono riunite e hanno deciso che sì, la donna e l’uomo devono avere gli stessi diritti. Che sì, la sede dell’autocontrollo sessuale maschile è nel fottuto corpo dell’uomo e non in quello della donna che non deve “provocare”.
È dire, in una parola: «questa è la cosa giusta, venite con noi».
Mi ha stupito – almeno per ora, con il 39%, vincono i buoni:
Si |
(158 voti) 32%
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No |
(140 voti) 29%
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Sono d’accordo sul divieto ma non sul carcere |
(189 voti) 39%
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Non so |
(2 voti) 0%
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