Frontiere aperte

Vi prego di non rispondermi che se penso questo allora dovrei pensare anche quest’altro, perché è molto probabile che vi dica «sì, difatti penso anche questo», e comunque non è un argomento: convincetemi che sbaglio.
shootingIo non ho ancora trovato una ragione decente, una che sia una, flebile, smilza, incoerente per non fare la cosa più semplice del mondo: frontiere aperte.

Si fa un gran parlare di rifugiati, rifugiantisi, perseguitati politici, mamme incinte, ma perché ci si indigna per l’assenza di una discriminazione positiva quando quel criterio non dovrebbe proprio darsi?  Ovviamente c’è sempre da lamentarsi del tanto-peggio, quando si verifichi, però mi sembra quasi che – chi ne parla – consideri esserci un livello oltre il quale bisogni essere ragionevoli, e io questo livello proprio non lo capisco.

Qual è la ragione per cui io, che sono nato in Italia, dovrei avere più diritto a risiedere e lavorare in Italia di uno, che è nato da un’altra parte, solo perché il caso l’ha fatto nascere al di là di una frontiera. Ma che discorso è?

Dice: non c’è posto. Se vogliono venire significa che il posto c’è, o ce n’è più che nel loro Paese d’origine. Una persona che si imbarchi in un viaggio simile, magari dall’Africa Centrale, un viaggio in cui quasi la metà muore, senza acqua per giorni – ne ho ascoltati più d’uno di questi racconti – viene qua perché anche quel poco che potrebbe ottenere qua, è enormemente maggiore del nulla che ha nel suo luogo natìo.

È il principio più liberale che c’è: libero scambio. Dire che non c’è posto significa dire che non vogliamo darlo, quel posto, se questo danneggerebbe anche soltanto un poco (a fronte di un vantaggio enorme per queste persone) il tenore di vita di chi entro quel confine sia nato. Che è un principio molto concreto, ma si chiama in un modo solo: egoismo.

Ma le donne no

Repubblica titola queste foto “tutti nel fiume”. Fa tanto caldo che, in Pakistan, ci si rinfresca buttandosi nel fiume Lagore. Un grande affollamento di ragazzetti festanti.

Le femmine, invece, devono morire di caldo.

Prendere in Giro

Tutti a dire che la tappa era pericolosa, quindi era stata neutralizzata, e dunque i corridori non dovevano fermarsi per annunciare col microfono le proprie decisioni. Potevano andare – piano – senza dirlo al pubblico.

Cioè, dovevano mentire? Dovevano fingere di fare la tappa seriamente e invece andare a 30 kmh? Ma che discorso è? O il percorso era pericoloso, e allora hanno fatto bene, o non era pericoloso, e allora hanno fatto male.

Netanyahu è in grado di arrivare alla pace

Lo dice un’analisi di Ha’aretz, in quale maniera però non l’ho capito – credo che l’ipotesi più verosimile sia: inasprimento dell’occupazione, Hamas riconquista la Cisgiordania, Israele decide rioccupano tutta la West Bank e far saltare gli accordi di Oslo, tutte le rimanenti persone normali (poche) scappano in qualche paese sensato, gli arabi-israeliani decidono che è meglio combattere per Dio che per la felicità dei propri figli, etc.
Inizia una guerra civile in cui – nel giro di qualche anno – muoiono tutti, da una parte e dall’altra.

Sì, in un certo senso si potrebbe chiamare “pace”.

Piedi negri

Un mio commentatore:

D’altronde la negritudine è più uno stato d’essere che un aspetto fisico.
Tra Pele e Maradona, il negro è Maradona.

L’onestà delle scimmie

Mi ricordo una storia dei paperi di Topolino in cui Zio Paperone stava cercando un rimedio per l’ambiente, perché tutta Paperopoli gettava le carte per terra. Dopo averne provate mille, gettò per terra il progetto della sua ultima soluzione d’insuccesso. Un bambino esclamò: «guardalo, grande e grosso e butta ancora le carte per terra». Resosi conto dell’umiliazione che gliene derivava decise d’installare in tutta Paperopoli dei bidoni dell’immondizia parlanti, che ripetessero la frase del bambino.

Cosa c’entra con le scimmie? Eh, secondo me le si potrebbero usare nello stesso modo. Hanno fatto un esperimento: ebbene anche le scimmie si incazzano se provate a fregarle, barando a carte; la faccia della scimmia è bellissima, incredula, non ve la perdete davvero:


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