Exit poll

Il primo, pericolante, exit poll dà Livni in vantaggio. Cioè bene. Nel senso che, come avevo letto da qualche parte, Livni ha un (solo ma grande) vantaggio: non è Netanyahu.

Bignami sulle elezioni in Israele

Domani si vota, chi vuole buone notizie può smettere di leggere qui.

Si vota con un proporzionale duro e puro, alleanze formate dopo, e sbarramento al 2 %. A spoglio avvenuto, il presidente Shimon Peres darà mandato al leader di maggioranza relativa – e quindi, a meno di colpi di teatro, futuro primo ministro – di formare una coalizione che superi i 60 seggi entro un mese (che può diventare un mese e mezzo).

Quindi, non soltanto ci sono una miriade di partitini che sperano di raggiungere lo sbarramento (come il Nostro), ma come consueto in Israele ci sono un sacco di partiti medio-piccoli – ma sicuramente sopra al quorum – che si spartiscono percentuali relativamente basse. Per dire, nelle elezioni del 2006 soltanto due partiti – quelli che poi guidarono il governo – ricevettero più di 300.000 voti, Kadima e Labour.

I leader di questi due partiti, e quindi candidati presidente, sono i principali autori della guerra a Gaza, rispettivamente il primo ministro designato Tzipi Livni (Kadima) e il ministro della difesa Ehud Barak (Labour). Se vi aspettereste che questi siano i partiti più di destra, rimarrete delusi: dei primi cinque partiti sono i più a sinistra, che qui significa i più pacifisti. L’altra brutta notizia è che sono rispettivamente secondo e quarto nei sondaggi.

Fino a un mese fa sembrava certa la vittoria del redivivo Benjamin Netanyahu che, convinto che il suo passato (e presente) di falco gli coprisse le spalle sul campo della sicurezza, ha impostato una campagna elettorale fondata principalmente sull’economia – è più o meno universalmente riconosciuto, anche dai suoi nemici, che sia stato un ottimo ministro dell’economia. Netanyahu sembra però avere fatto male i conti (!), perché ultimamente il suo vantaggio nei confronti di Kadima si è assottigliato enormemente, e gli ultimi sondaggi pubblicati dànno Kadima a soli due punti dal Likud. Se questa sembra una buona notizia, preparatevi a essere delusi anche qui: l’ultima emorragìa di voti del Likud pare essere stata a favore dell’estrema destra di Yisrael Beiteinu, un partito che quattro anni fa non conosceva nessuno.

Storicamente votato soltanto dagli immigrati russi, e con una collocazione politica un po’ strana – pur essendo chiaramente più a destra del Likud, ha fatto parte per un breve periodo dell’ultimo governo, salvo poi uscirne quando sono stati intavolati gli ennesimi trattati di pace con l’ANP – sembra essere solidamente la terza forza, con il Labour di Barak quarto e al minimo storico. Il leader del partito, Avigdor Lieberman, una specie di Santanché israeliano, ma maschio e con un passato da buttafuori di discoteche, è sembrato affermarsi come nuovo campione dell’ultra destra israeliana, con una campagna elettorale che aggressiva è dir poco: la cosa che ha fatto più notizia è stata la proposta di togliere la cittadinanza israeliana agli arabi-israeliani che non giurino fedeltà allo Stato. Tutti dicono che sarà lui l’ago della bilancia.

Meritano una citazione lo Shas, il partito degli ultra-religiosi, che propone politiche particolari sullo stato sociale e la famiglia (un po’ come le destre sociali in Europa), ma che per quel che riguarda il conflitto è su posizioni fra l’estrema destra e il razzismo deliberato. Dall’altra parte dello schieramento politico, Meretz, che è sempre stato il partito dei pacifisti e promotore di iniziative come quelle di Ginevra, ha dato il proprio silenzio assenso all’intervento a Gaza, e soltanto ora muove minute critiche sulla condotta di guerra: come dice l’articolo citato sotto, la ragione d’esistere di un partito come questo è l’assunzione di posizioni ferme e coraggiose. In assenza di ciò perché un elettore non dovrebbe votare Labour?

Infine la parte araba. Di solito le percentuali d’affluenza degli arabi-israeliani sono molto basse: si può sperare che un’alta affluenza cambi qualcosa? No, anche qui. Non solo le posizioni dei partiti arabi sono spesso talmente poco concilianti da non permettere una qualunque trattativa, ma sulle questioni civili – come i diritti delle donne e degli omosessuali – hanno posizioni molto più affini a quelle della destra religiosa che a quelle della sinistra pacifista. Per la stessa ragione è molto difficile immaginare un grande numero di arabi che votino a sinistra.

Intanto il ministro degli esteri palestinese ha detto che Hamas sta continuando a lanciare razzi su Israele per cercare di impedire la vittoria di un partito che promuova dei colloqui i pace: ha ragione, ma tutto fa pensare che domani – con o senza il contributo di Hamas – la pace sarà più lontana.

Qualche link (in inglese) per approfondire:

Ritratto di Liberman (Times)
Le reazioni di Fatah e Hamas (Ha’aretz)
Analisi preelettorale (Jazeera)
Che senso ha votare Meretz? (Ha’aretz)
Concisa panoramica sui quattro candidati (Telegraph)

Dove seguire la diretta di domani e dopodomani

Domenica 8 febbraio

 Il progresso – Diario dalla Palestina 162

Dal non avere il computer, ad avere addirittura internet. Il progresso umano. Ho scoperto che c’è un altro wireless qui a Betlemme, oltre a quello delle suore: ed è nel palazzo di fronte a casa mia. Però è flebile flebile, e per fargli prendere il minimo di segnale che serve per ricevere qualche dato, devo aprire la finestra (fa un freddo cane) e sporgere il computer di fuori. Però funziona. L’immagine non ve la so descrivere, ma fa di molto ridere.

E. E.

Allora, extraterrestre, dallo spazio, la solita storia. Arriva qui, e noi gli spieghiamo.

VITA E MORTE
I cattolici sono (fra) quelli che credono in Dio; credono – in vari e diversi modi – che c’è una vita dopo la morte. Credono anche che questa vita successiva, se meritata, sia mirabilmente migliore di quella che viviamo qui.
Quindi li si dovrebbe ritenere più inclini a considerare prossimo al ridicolo il valore di questa vita, tantopiù che morire prima significa traslocare nel luogo più bello, nei pressi del Creatore.

Muore giovane colui che è caro al Cielo. (Menandro)

I non credenti, al contrario, sono persone che – in genere, si semplifica per l’extraterrestre – credono che la vita finisca dopo la morte. Quindi che abbiamo solo questa, e prima e dopo c’è il niente. Perciò anche una vita brutta terribile e noiosa dovrebbe essere enormemente meglio che niente, il Niente.
Ovviamente si può anche prendere in considerazione l’ipotesi, che il proprio non esistere sia migliore dell’esistere. Condizione rara, inauspicabile, ma non inammissibile, considerato che – qualunque sia il caso – a un certo punto il bus si ferma.

Non prendere la vita come una cosa seria, tanto – comunque vada – non ne esci vivo. (Hubbard)

LIBERO ARBITRIO
I cattolici sono quelli che pensano che siamo al mondo per compiere l’opera del Signore in Terra. Alla fine dei giorni Dio (la Verità) giudicherà tutti in base al modo in cui ognuno ha usufruito del proprio libero arbitrio. Il Libero arbitrio è quello che fa di un uomo una vera persona e non un burattino. Dio potrebbe tutto, ma decide di non mandare in opera la sua onnipotenza, così da mettere alla prova il genere umano, individuo per individuo: questa è la ragione per cui a tutti i farabutti del mondo è permesso di compiere il male che ci circonda, le vittime saranno ricompensate nella vita futura.

Se Dio esiste dovrà chiedermi perdono (Anonimo su un muro di Auschwitz)

I non credenti sono quelli che, assumendo la non presenza di una Verità assoluta, e quindi l’assenza – ora domani o fra due milioni di anni – di un’Entità giudicante, cercano in alcune convenzioni sociali e umane la via per abitare degnamente questo pianeta. Fra queste ci può essere quella di impedire a una persona di commettere il male, in nome del bene comune. Il metro di questo giovamento non può fondarsi su pretese ricompense successive che il non credente non ammette, né sulla paura che la non osservanza di patti sottoscritti con un’entità non riconosciuta (l’Autorità) possa danneggiare una vita alternativa all’unica creduta dal non credente.

Se esiste una specie di Dio capace di condannarmi perché non ci ho stretto un patto: pazienza! Non ci tengo a passare l’eternità in compagnia di uno così. (McCarthy)

COSCIENZA
Per Dio contano le intenzioni: non quello che uno combina, ma la coscienza di chi le commissiona a sé stesso o ad altri. Quindi non ha alcun senso cercare di impedire un peccato, bisognerebbe semmai tentare di cambiare l’idea alla persona in questione: sia a priori che a posteriori (la rivoluzione del perdono). Invece costringerla ad agire, o impedirle di fare ciò che un credente ritiene sbagliato è in contrasto con gli assunti della propria fede per due ragioni: Dio guarda la coscienza e non l’effetto, così si detrae un individuo del proprio libero arbitrio.

È dell’uomo desiderare che anche gli altri gioiscano del bene di cui noi gioiamo, non di costringere gli altri a il nostro modo di pensare. (Spinoza)

QUINDI
Perché sbaglia, il povero extraterrestre, a pensare che – giusto o meno, sacro o meno, mezza vita o morte – sia in contraddizione con ogni cosa dire a una famiglia che la vita della loro figlia appartiene più alla nostra idea di lei che a essa (la famiglia), e – per quelli che ci credono – al giudizio del Signore?

Perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore (Cristo)

E IO
Sai che c’è? A me la vita piace tanto, non perché c’è ma per le persone che ci stanno dentro. Se io ci dovessi capitare, perché dovrebbe decidere la parte rimasta di me, anziché tutti loro? Se dovesse capitare a me, decidano le persone che hanno fatto la mia vita, e non io che l’ho solo vissuta.

La vita è un dono meraviglioso. Vi assicuro che l’ultima cosa che farò sarà morire! (Benigni)

Sabato 7 febbraio

Omosessuali, Palestina e pensieri confusi- Diario dalla Palestina 161

In questi giorni ho fatto vedere questa foto a vari palestinesi:

palestina-lesbiche.jpg

Si tratta di una manifestazione del mese scorso contro la guerra a Gaza e a favore della Palestina. Come vedete lo striscione reca la firma delle “compagne femministe e lesbiche”
Più d’una persona qui l’ha recepito come uno dei miei soliti scherzi. Insomma, non può essere che ci sia qualcuno che difende la Palestina in nome, o comunque sbandierando, la propria omosessualità: non può essere altro che una delle mie consuete provocazioni. Del resto, con le persone di cui mi fido, l’omosessualità è uno dei temi che tento di affrontare di più. Ahlam, lo raccontai già, mi disse di averlo scoperto da poco – che esistono gli omosessuali. E io le dico sempre: «cosa ne sai che non lo sono? Pensi che siano diversi, di poter riconoscere, chi è gay?». «È disgustoso», mi dice sempre, quando accenno al discorso. E lei, nel suo modo, è una delle persone più tolleranti ch’io conosca. Le reazioni degli altri è meglio non riportarle.

Così mi sono chiesto se lo sanno, quelle ragazze che manifestano, che un omosessuale (magari ateo!) che tifa Palestina e indossa il kufiah verrebbe ucciso con priorità immediata, rispetto a un colono ebreo ortodosso Magari no, ma se lo sapessero cosa penserebbero?
La mia paura è che risponderebbero con gli stereotipi che possiamo associare a quel pensierodebole, che – come portato – ha l’accettazione di qualunque cultura, in quanto cultura in sé, e finisce per contemplare la persecuzione dell’omosessualità, e tutte le peggiori aberrazioni (infibulazione, etc) in quanto il rifiuto di esse “è un concetto occidentale”.
Soprassiedo su quanto ci sia di razzista nel considerare occidentali, e quindi Nostri, i valori civili e i diritti umani che dovrebbero essere universali: ovviamente quando si dice “rispetto la loro cultura”, che sottointende la sottomissione della donna, c’è molto di questo atteggiamento di sussiego malinteso.

Ho pensato che sì, un po’ mi dovrei stupire, perché di solito gli omosessuali – strano eh? Perseguitati da tutte le religioni! – hanno qualche anticorpo in più rispetto a quel mercimonio delle idee del buon senso.

Ma ho anche pensato che, in fondo, neanche il mio era il migliore dei pensieri, perché se quelle persone hanno delle idee, e delle buone e informate ragioni per sostenerle, non dovrebbero farsi condizionare dal loro orientamento sessuale, e quindi dal sentirsi maggiormente in gioco. Anzi, fa onore il contrario.

A istinto avrei qualche dubbio sull'”informate”, ma questo mio non posso chiamarlo altro che pregiudizio.

Venerdì 6 febbraio

Terrorista di Hamas usa bambina come scudo umano per difendersi dal lancio di formine di plastica colorate – Diario dalla Palestina – Diario dalla Palestina 160

Come da titolo:

Sono degli stronzi

Non riesco a trovare altre parole. E dei farabutti.

Prima di venire qua in Palestina facevo una piccola cosa, un paio di volte a settimana, che era insegnare italiano agli immigrati. Chi mi conosce sa quanto sia rompipalle sulla lingua, quindi diciamo che insegnarla era la naturale prosecuzione della mia noiosità. E mi divertiva molto. I posti erano pochi, sono pochi, una quarantina che diventavano sempre settanta, con la gente che stava in piedi, solo per seguire queste lezioni gratuite che io – e molti altri bravi insegnanti improvvisati – tenevamo. C’era anche gente che non entrava, perché fisicamente non c’era spazio, e così anche un’ora e mezza prima della lezione (un’ora e mezzo!!!) c’era una fila di persone che stava lì ad aspettare soltanto per riuscire a entrare nella struttura, e poter imparare un po’ d’italiano, primo strumento per cominciare una nuova vita. Vedere quella fila di gente in attesa era il miglior anticorpo a quella scemata secondo cui gli stranieri non hanno voglia di lavorare: io, la voglia di fare un’ora e mezza di fila, non l’avrei avuta.

C’erano molte piccole soddisfazioni, come potete immaginare: quando qualcuno tornava dopo settimane a dirci “ho trovato lavoro come giardiniere”, oppure quando per Natale mi regalarono un sacchettino con qualche caramella e una scatola di gessi. Lì c’erano persone che avevano fatto viaggi incredibili, avevano bevuto la benzina per non morire disidratati, avevano rischiato di esser ammazzati per la loro fuga, in giro per tutto il mondo. Eppure, nonostante avessero visto (o forse proprio per questo) tutto il male del mondo, coprivano l’insegnante di una gratitudine per quel paio d’ore spese per loro, davvero commovente.”Grazie maestro”, la prima cosa che tutti volevano saper dire.

C’era una cosa molto importante che ricordavamo sempre, a ogni lezione: «mi raccomando, se state male potete andare in ospedale, anche se non avete i documenti». E se vedevamo qualche faccia dubitosa, si rimarcava il concetto: «le cure mediche – in Italia – sono assicurate a tutti, e nessuno può chiedervi nulla né tantomento rispedirvi al vostro paese».
Molti degli studenti, quando dicevo questa cosa, si stupivano e gli si leggeva sul sorriso la contentezza per essere arrivati in questo Grande Paese civile.

Ecco, uscivo di lì e – come pochissime volte mi è capitato – ero davvero orgoglioso di essere italiano.