Ramadan, episodi 1/3 – Diario dalla Palestina 49
Vivendo un po’ la vita qui, si iniziano a riconoscere i vari covi dei cristiani di Betlemme, dove ci si raccoglie per bere, mangiare, fumare durante il Ramadan: possono essere ristoranti, o ristori simili a bar, ma anche negozi o case private. Mi è capitato di vedere persone entrare in un negozio di souvenir per bere dell’acqua, o stanze riadattate a fumerie abborracciate: insomma, l’approccio è più quello del non cercare problemi che quello della comodità.
La pecora, quando percepisce un pericolo, mette il muso dentro a un cespuglio: è convinta che se lei non vede ciò che pul recarle danno, questo ciò che può recarle danno non potrà vederla. Ecco, mi sono domandato se è per lo stesso meccanismo che l’unica persona che ho visto bere in pubblico durante il Ramadan è un nostro amico cieco: avrà uno statuto speciale?
Chissà come si comporteranno, invece, i proprietari della casa di fronte al mio ufficio: l’edificio è tappezzato di croci, madonnine, preghiere. Come avevo già detto, è qualcosa di molto oltre quello che potrebbe fare il prete più kitsch che conosciamo in Italia. La novità è che con l’arrivo del Ramadan la madonnina a grandezza quasi naturale (a occhio un metro e venti) è illuminata a giorno per tutta la notte; che c’entra il Ramadan con i cristiani? Ovviamente nulla: è un modo per rivendicare la propria identità (e superiorità): «voi addobbate le case e le moschee con luci e palline d’ogni colore? e io vi piazzo mille luci colorate e vi illumino a giorno la Madonna!»
E per i mussulmani come funziona esattamente? La mattina presto (all’alba) il Muezzin inizia con «Allah Akbar», a cui segue una preghiera: in quel momento tutti i fedeli smettono di rimpinzarsi di cibo e liquidi (si saranno svegliati apposta per ingurgitare tutto quello che si può prima del divieto); il digiuno andrà avanti fino al tramonto, quando ci sarà la nuova e più lunga preghiera del Muezzin che inizierà sempre con «Dio è grande». In mezzo ci saranno stati altre preghiere che, però, non incideranno sul digiuno.
Tradizionalmente la cena che segue la fine del digiuno – come si può immaginare – è molto sostanziosa, ed è momento di incontro per le famiglie che lasciano tutte le attività e si riuniscono: le strade interne di Betlemme, dove normalmente ci sono negozietti aperti sino a notte fonda, durante le sere di Ramadan sono più che deserte – già poco dopo il tramonto assomigliano a una città fantasma del far-west.
Ovviamente, come succede in ogni parte del mondo, ogni ricorrenza ha i suoi cibi caratteristici: durante il Ramadan in medio-oriente si mangiano i Qatayef, una sorta di pancake più spugnosi che vengono riempiti con formaggio o – meglio! – noci, cannella, miele e zucchero: in quest’ultima forma, con una spruzzata di pistacchio sopra, sono squisiti. Durante il Ramadan le pasticcerie fanno un orario molto particolare: sono aperte solamente la mattina presto, quando vendono soltanto i quatayef vuoti, appena fatti (ovviamente non si possono mangiare!), che le donne di casa riempiranno a loro piacere. E sono aperte la sera – dopo la fine del digiuno – quando provvedono a rifornire di Qatayef già farciti le famiglie più pigre o più occidentalizzate.
Due immagini: i Qatayef vuoti appena tolti dalla piastra, e quelli arrotolati, farciti e pronti da essere messi fra i denti. Se volete, qui c’è la ricetta: si servono caldi.
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Tutto questo andrà avanti per un mese.