Incontro con una leghista

Qualche sera fa ho fatto un incontro particolare. Sapete? Ho sempre pensato che qualunque partito, anche i più lontani dalle mie idee, avessero qualche buon motivo per essere votati. Questo non voleva dire che potessi dargli il mio voto, ma che trovassi una qualche dignità nel voto in qualunque direzione ideale. L’unico partito che ha sempre fatto eccezione è la Lega Nord. Non trovo una sola, degna, ragione per votare la Lega che non sia l’egoismo da posizione acquisita (sono del nord, via quelli del sud che sono più poveri; sono italiano, via i non italiani che sono più poveri; etc).

Tale percezione era stata anche fiancheggiata dal fatto che di leghisti ne avessi sempre incontrati pochi, abitando nella Roma ladrona. Conoscete tutti la mia naturale disposizione a discutere di qualunque cosa, così potrete immaginare con quale spinta mi sia tuffato sull’occasione offertami da un’amica comune di parlare con una leghista colta e “per bene”.

C’erano, poi, altre persone. M, piuttosto di sinistra con una venatura di cattolicesimo «Gesù è il miglior filosofo eccetera». V, di una sinistra più riflessiva ma scivolante verso il dipietrismo «Travaglio è come Cassandra». E P, un liberale puro e a oltranza, a cui avevo sentito difendere Berlusconi più di quanto mi piacesse. [Ovviamente qualunque descrizione tradisce la complessità di ciascun individuo, ma è utile ridurre a pochi termini per capirsi]. Insomma, un parterre ben assortito. E poi c’era lei, organica alla Lega, che lavora per il partito, oltre a scrivere per la Padania.

Ovviamente non mi aspettavo una conversazione amabile, le cose che dice la Lega su immigrati e stranieri sembrano fatte apposta per non farmi essere amabile, ma speravo che in un qualche punto del castello d’inferriate, confini inviolabilidi e terre sacre, ci fosse un piccolo spazio per insinuare un dubbio, una contraddizione.

Invece  lei era perfettamente coerente con tutto il suo impianto logico, fino ad arrivare alla brutalità delle naturali conseguenze di quella sua filosofia (proprio in senso tecnico), a cui mai pensavo potesse arrivare. In questo senso, almeno, la sua posizione sugli immigrati era abbastanza comprensibile: se ci sono utili, bene, altrimenti restinoaccàsa. Si noti subito il noi e loro sottointeso in qualunque discorso. La sua idea, classica del comunitarismo, era che qualunque cultura avesse valore al proprio interno. Quindi no al cuscus e sì alla polenta non perché la polenta sia più buona (una posizione che avrebbe senso! Però, mi dispiace, è più buono il cuscus), ma solo perché questa è la nostra tradizione. Quindi se in Marocco mangiano solo il cuscus, a dispetto di quelli a cui piace la polenta, fanno bene. Se degli italiani vogliono andare a cucinare il sushi in Giappone, è giusto che gli sia vietato.

In tutto questo M (sinistroide) era abbastanza silenzioso, salvo intervenire le volte che  le baggianate leghiste gli sembrassero troppo grosse. V (dipietrista), si poneva con modi da paciere, cercando di contestualizzare ed edulcorare le cose che diceva la leghista, più in quanto amica comune che per effettiva convinzione. Il più combattivo, assieme a me, era P (liberale), che al compimento dato al sistema ideologico leghista è sbottato: «questo è esattamente come la pensa Gino Strada».

Perché è vero, la cosa che più mi ha colpito di tutta la discussione, è quanto fosse chiaramente identica la posizione leghista e quella che – ora – inspiegabilmente tiene una buona parte di sinistra massimalista. Tutto il suo discorso era incentrato sul “chi siamo noi per giudicare le usanze altrui?” (che sottointendeva quindi che questi altrui dovessero lasciare in pace noi sulle nostre usanze). La risposta «un essere umano» non le era sufficiente, perché – anche se non esplicitamente – secondo lei esistevano diverse umanità, e ogni gruppo etnico vive a compartimenti stagni.

È capitato di parlare della mia esperienza in Burkina Faso anti-MGF, la sua frase celebre è stata «io non farei mai una campagna contro l’infibulazione in Africa». Perché anche lì – chi sono io? – quella è la loro tradizione, e finché resta fuori dai nostri confini non è nostro diritto (figuriamoci se è nostro dovere, come invece sostengo io) intervenire. Rispetto a questo principio di non ingerenza, e a quello ottocentesco della sovranità nazionale, si è inoltrata fino a dove il suo integralismo la spingesse: qualunque tipo di intervento dal “di fuori” le sembrava sbagliato. In Rwanda, in Darfùr, in Bosnia, anche se sparavano alla gente in fila per il pane, torturavano le donne, facevano pulizia entica, beh, non erano fatti nostri. Solo di fronte al Nazismo, ai sei milioni di morti, al fatto che – secondo il suo principio – gli americani non sarebbero dovuti sbarcare in Normandia perché lo sterminio degli ebrei era il risultato-del-percorso-storico tedesco (questa l’espressione che usava per ciascun altro eccidio. la persecuzione degli omosessuali in Iran? Il risultato del percorso storico iraniano) ha avuto qualche esitazione, a dimostrazione che anche l’indifferenza più disgustosa ha qualche esitazione di fronte al Male.

Mi servirà questa discussione, la ricorderò a tutti ogni volta che qualcuno mi dirà – di fronte alle peggiori ingiustizie – che “quella è la loro cultura”, in qualità di attenuante anziché di aggravante. Non so, ho come la speranza che essere associati alla precisa filosofia della Lega possa essere un buon deterrente per coloro che, a sinistra e in buona fede, stentano a capire come il mondo sia uno solo e non c’è nessuna ragione per “rispettare” le usanze che vanno contro ai più basilari principî dell’intangibilità della persona, dei diritti umani, dell’autodeterminazione delle idee e delle preferenze sessuali.

Alla fine della serata, dopo aver ascoltato (e subìto) tutti questi doppî standard, di diritti che a noi spettano per chissà quale conquista dei nostri bisnonni, e agli altri no perché hanno la sfortuna di essere nati su di un suolo non occidentale, io –  calmo ma risoluto – le ho detto: «Se a te interessa soltanto di come Silvia è trattata a Milano, ma non ti interessa delle vessazioni che subisce Aisha in Marocco, questo fa di te, semplicemente, una persona peggiore». Lei si è alzata e se n’è andata. Poi ha mandato un sms all’amica comune con scritto “non ti preoccupare, la nostra amicizia non è in discussione”.
Un mio amico ha commentato: «allora potevi impegnarti di più».

104 Replies to “Incontro con una leghista”

  1. Interessante discussione e, soprattutto, dfficile da sostenere.
    Comunque, io sono convinta che quando si esprimono le proprie idee, anche se sul momento sembrano non destare alcuna reazione, l’interlocutore, magari uno o due giorni dopo, ci rifletterà.
    Non dico che cambierà idea, ma almeno avrà ascoltato opinioni differenti alle quali paragonare le proprie.
    Ed é già qualcosa…

  2. mi dispiace, è più buono il cuscus

    Mi dispiace per te, o grullo, che non hai mai mangiato la polenta infasola’.

    quanto fosse chiaramente identica la posizione leghista e quella che – ora – inspiegabilmente tiene una buona parte di sinistra massimalista. Tutto il suo discorso era incentrato sul “chi siamo noi per giudicare le usanze altrui?” (che sottointendeva quindi che questi altrui dovessero lasciare in pace noi sulle nostre usanze).

    No, quella e’ la posizione della Lega. Quella della sinistra massimalista e’: tutte le usanze e tradizioni sono buone e giuste, tranne quelle occidentali, che nemmeno esistono.

  3. Hai centrato un punto maledettamente dolente. Penso che io e te abbiamo più o meno lo stesso imprinting culturale, credo, in materia di diritti civili, intangibilità della persona, libertà etc…
    Eppure questa cosa si scontra con la convinzione che nessuno di questi diritti abbia alcun fondamento….e son cazzi amari.
    Faccio una fatica atroce a conciliare questi due aspetti, perchè ho paura delle conseguenze cui porta la mia convinzione.

  4. Clunk scrive::

    Eppure questa cosa si scontra con la convinzione che nessuno di questi diritti abbia alcun fondamento….e son cazzi amari.

    Ma chi l’ha detto che no?
    Sei d’accordo che se ti tirano delle sassate in faccia o ti squarciano gli organi sessuali tu soffri?
    Se la risposta è “sì”, allora non c’è nessuna ragione per non combattere per una società in cui queste cose non succedano.

  5. L’unico metro è dunque il bene, anche fisico, dell’uomo?
    Eppure non c’è alcuna ragione per ritenere sbagliata la lapidazione, non c’è alcuna ragione per sostenere che sia più sbagliata di qualsiasi altra cosa. Su quali basi dovrebbe importarmi della sofferenza di un altro diverso da me?

  6. L’unico metro è dunque il bene, anche fisico, dell’uomo?
    Eppure non c’è alcuna ragione per ritenere sbagliata la lapidazione, non c’è alcuna ragione per sostenere che sia più sbagliata di qualsiasi altra cosa. Su quali basi dovrebbe importarmi della sofferenza di un altro diverso da me?
    Bada bene che non sono un cinico, solo non trovo fondamento per ciò che anch’io penso.

  7. Ho come l’impressione che il pensiero di Gino Strada sia poco conosciuto. Leggo abitualmente peacereporter, Gino Strada e il giornalino di emergency e mai mi è venuto in mente che Strada avvallasse pratiche orribili perché “quella è la loro cultura”. Non ricordo nemmeno un “noi e loro” nei discorsi di Strada. (O forse si’: “noi” che ripudiamo la guerra e “loro” che la vogliono e la fanno, talebani o statunitensi che siano) Non solo Strada, ma nemmeno emergency e la “sinistra massimalista” (?) di peacereporter.

    Oppure non ho capito il tuo post.
    ciao
    nicola.

  8. Interessantissimo dibattito, a cui fa seguito un pezzo di ragionamento ben più complesso dell’intangibile comunitarismo leghista della ragazza: ovvero quello realista-utilitarista (ormai sfumato nelle venature culturaliste) che ammette che esistano sempre delle differenze tra le persone, e che queste differenze le portino a stabilire diverse soglie limite che distinguono ciò che è assolutamente male da ciò che lo è relativamente. Il male relativo è con ciò stesso tollerabile perché mette in conto la possibilità che la sua eliminazione o il processo stesso della battaglia contro questo male possa provocare un male simile o più grande. E questo perché tra due mali la nostra morale ci impone di scegliere – anche secondo il tuo ragionamento – quello minore.

    Non a caso la leghista crolla solo quando tiri in mezzo l’esempio del Male Assoluto del Novecento, il nazismo; e non è smossa davanti ad altre tragedie. In certi casi si tratta sicuramente di limiti informativi che le impediscono di empatire certe situazioni come dovrebbe. In altri, però, possiamo tranquillamente parlare di soglie diverse di sensibilità e di costo-opportunità. (poco importa che lei non faccia questo ragionamento: era appunto mancante, nella vostra discussione)

    Prendiamo un esempio di male che sta sulla soglia tra male assoluto e male relativo, a seconda dell’osservatore: la tua cara mutilazione genitale femminile (MGF).
    La MGF è un male in sé perché provoca dolore ed impedisce il piacere delle donne che ne sono oggetto, ma irritare un governo che la consideri una sua tradizione minacciando sanzioni se ad essa non venga posto un freno può provocare conseguenze spiacevoli, tra le quali un più stretto controllo governativo delle mutilazioni stesse, che magari ne farebbe schizzare in alto il numero annuale di casi. Poi, se le sanzioni minacciate fossero applicate, ad andarci di mezzo sarebbe una parte della popolazione civile, specialmente nei paesi più poveri. E se questo non bastasse e si arrivasse ad uno scontro militare, beh, capisci anche tu che la conta dei morti sarebbe problematica.
    Inoltre c’è la possibilità non esigua (ed empiricamente verificata ogni volta che gli occidentali sono intervenuti in guerre fuori dall’Europa) che non solo il governo, ma anche le popolazioni locali si sentano minacciate dai nostri tentativi di ingerenza culturale, seppur a fin di bene.
    E dunque non possiamo non considerare ciò che inizialmente ci appariva assurdo, ovvero che la possibilità di una evoluzione ‘naturale’ verso un lento abbandono della pratica delle MGF provochi sì un lungo e diffuso dolore a tutte le donne cui vengono loro inflitte, ma che questo dolore sia nel costo-opportunità molto minore di quello che avremmo provocato se, istintivamente, fossimo intervenuti nei loro affari.
    Questo non significa che sia sempre preferibile l’inazione, ma che l’azione comporta dei rischi enormi che vanno sempre ben soppesati, e che in alcuni casi l’inazione possa essere l’unica alternativa possibile. Proprio sulle MGF, ad esempio, io e te condividiamo ‘soglie’ diverse: io penso che l’unico modo per porre fine a tale (aberrante, mi sia consentito di ripeterlo) pratica sia un passaggio lento e doloroso di riconversione economica e di maturazione politica, che sottragga la maggioranza delle persone dalla dipendenza dal settore primario e dal ciclo delle stagioni, da una parte, e dall’analfabetismo e dal tribalismo dall’altra. Sono anche dell’opinione che invece le campagne dirette di sensibilizzazione non facciano altro che convincere chi è già convinto, ed alienarsi ulteriormente chi non lo è, a livello governativo, mentre quella grande fetta di indecisi che sempre sta nel popolo non potrà essere raggiunta dal messaggio o non disporrà comunque di alcuno strumento per dar seguito alla predicazione nel deserto del nostro buon attivista, che incorrerà nelle ire di qualche capofamiglia incazzato, il quale molto semplicemente si sfogherà sulla sua donna e sulle figlie successive.
    E siamo sempre lì: da una questione di problemi assolutamente chiari e netti, tutto si complica nell’indistinta nebbia della realtà, che c’impedisce di prevedere soluzioni sicure a problemi che ci appaiono urgenti ed autoevidenti.

  9. @ Valentina:
    Non ho detto che la lapidazione è bene, ho detto che non è nè bene nè male. E’ e basta. Non la condivido, ovviamente, ma non riesco a trovare nessuna ragione che possa sostenere questa mia ripugnanaza nei confronti di tale pratica.

  10. Bel post, molto interessante. Mi è sfuggito solo un collegamento, quello con Gino Strada. Cosa significa esattamente la frase «questo è esattamente come la pensa Gino Strada»?

    Grazie,
    Chospo

  11. E’ interessante questa visione leghista della nostra cultura e delle nostre tradizioni che sistematicamente omette sia il cristianesimo (il messaggio, non la forma) sia l’illuminismo come se queste non fossero due componenti fondamentali della cultura italiana (e in particolare del nord dell’Italia).

  12. l’egoismo da posizione acquisita

    Questo non sarebbe un buon motivo per essere votati?
    A me pare eccellente, oltre che l’unico autentico.
    I grandi partiti sono tutti delle Leghe.
    A pensarci bene, anche i piccoli.

    E non c’è niente di sorprendente o disdicevole, a patto di considerare gli uomini per ciò che sono e non per ciò che vorremmo che fossero.

  13. senti, ma la tua “amica” sta anche leggendo il blog, no? e cosa dice? e’ solo questa la campana che dobbiamo sentire? perche’ ne esce male, parecchio.

  14. bene, bene
    son contento che la leghista fosse davvero molto leghista

    esperienza utile per te e per chiunque non abbia chiaro il pensiero leghista

  15. @ Clunk
    Scusa ma così mi sembra che il tuo messaggio sia “finchè non capita a me non mi importa sapere se è bene o male”, ed è un pò semplicistico, no? Penso bisognerebbe cercare di schierarsi anche riguardo le cose che non ci riguardano.

  16. @ v:
    Non è quello che dico io. Se mi capitasse sarebbe decisamente male per me, mi sembra chiaro. Solo non posso stabilire se sia male per tutti. A me sembra male perchè ho una certa formazione culturale, a un somalo (per dire) la lapidazione può sembrare giusta. Il problema è che non trovo un principio valido che dimostri che ho ragione io.

  17. Clunk scrive::

    Il problema è che non trovo un principio valido che dimostri che ho ragione io.

    In effetti il TUO problema è davvero grave se non riesci a trovare un valido motivo per tentare di fermare una lapidazione.

    Io non soffro di questo problema.
    Non ho la presunzione di sapere sempre cosa è giusto e cosa è sbagliato, ma almeno su certe cose, perbacco! Le idee le ho ben chiare.

    Lapidazione? no, grazie!

    E non mi interessa se per i lapidatori è ritenuta cosa buona e giusta.

    Rifletti.
    La tua posizione NELLE CONSEGUENZE PRATICHE non differisce minimamente da quella leghista.

  18. Clunk scrive::

    L’unico metro è dunque il bene, anche fisico, dell’uomo?

    Come si dice a Roma: “beh, hai detto ‘cazzo'”!

    Eppure non c’è alcuna ragione per ritenere sbagliata la lapidazione

    Beh, certo, se non consideri la sofferenza dei tuoi omologhi esseri umani una cosa negativa no. Ma a me, invece, l’etica appare proprio questo.

  19. nicola scrive::

    Strada avvallasse pratiche orribili perché “quella è la loro cultura”. Non ricordo nemmeno un “noi e loro” nei discorsi di Strada.

    Allora hai letto poco. Gino Strada parla sempre di neutralità assoluta rispetto a qualunque situazione.
    Io considero la neutralità una posizione immorale. Non esiste neutralità di fronte a un’ingiustizia: non fare nulla per evitarla è prendere posizione.

    Trova sbagliata qualunque tipo di ingerenza, e ha a più riprese definito i diritti delle donne – la liberazione delle donne mussulmane da burqa o hijab – come un concetto occidentale.
    Questo è il “noi” e il “loro”.

    Strada ha difeso il più grande criminale della storia vivente, Omar al Bashir, dittatore sudanese e orchestratore dell’ultimo genocidio della storia umana, e per questo condannato dalla Corte Penale Internazionale.

    Ovviamente ciò non toglie che fare il medico in guerra sia cosa commendevole.

  20. @ Billy Pilgrim:
    Condivido molto di quello che scrivi. Vorrei iniziare la discussione sulle MGF, su cui mi sembra di avere ottimi elementi per dire che la tua diagnosi di impossibilità di azione (efficace) sia sbagliata. Anzi, proprio grazie alle politiche di informazione e pressione ideale la pratica si è ridotta enormemente negli ultimi 10 anni.

    Però ho paura che qui siamo un passo indietro. Non è il come, che stiamo discutendo, ma il “se”. Insomma, salti un passaggio che tu dai per scontato – e così io – ma non è così scontato per molti.

    Insomma, ci tocca fare un passo indietro.

  21. Chospo scrive::

    Bel post, molto interessante. Mi è sfuggito solo un collegamento, quello con Gino Strada. Cosa significa esattamente la frase «questo è esattamente come la pensa Gino Strada»?
    Grazie,
    Chospo

    Credo di averlo puntualizzato in un commento precedente. In ogni caso è l’idea che ci siano dei “noi”, Occidente, e dei “loro” resto del mondo. Idea che io rifiuto. Come rifiuto qualunque concetto di rispetto delle “culture”: io rispetto le persone, non rispetto le cattive idee. Una “cultura” è buona nella misura in cui rende felici le persone che ci vivono dentro.

    Quindi, per esempio, contesto il tabù del sesso presente nella società italiana. E contesto in maniera più forte l’enorme e spaventoso medesimo tabù che c’è in molti paesi arabi.

    L’approccio di Gino Strada è un approccio che, a mio modo di vedere, confonde il fine con i mezzi. Cioè pone come proprio fine la “pace” e non la vita delle persone.
    Questo non estingue l’apprezzamento per ciò che fa, ma il suo è un approccio che proprio non condivido: un esempio ancora. Emergency rifiuta soldi da tutti i governi, stiamo parlando di soldi che i governi dànno alle organizzazioni umanitaria senza nulla in cambio.
    Secondo GS questo vuoldire non sporcarsi le mani, quando con quei soldi potrebbe costruire nuovi ospedali, nuovi macchinarî, salvare più persone, arti, uomini, donne, persone come noi.
    Preferisco le mani sporche.

  22. Difatto la tua amica ha buttato a mare la carta dei diritti dell’uomo che il più importante frutto di tutta la cultura occidentale maturata dalla grecia antica in poi…
    Negare quei diritti solo perché si è oltre confine significa negare se stessi e sopratutto aprire la porta a chi un domani dovesse negarteli.
    Se l’iran acquisisse l’arma nucleare sarebbe a questo punto legittimato ad usarla contro israele tirando tutto il mondo in chi sa che mortale spirale?
    Cuori induriti, cuori di pietra, cuori vuoti, menti volutamente bloccate, coscienze volutamente offuscate. La negazione totali della cultura occidentale, anche di quella padana e di quella cristiana.
    Il termine decerebrato è il più indicato. Considerato pure che sono stati 1000 coglioni nordisti a rompere le palle… Quantomeno nel regno delle due sicilie e qua nell’ex stato pontificio… Ma chi gli ha chiesto nulla… Tornassero nelle risaie che sono da sempre coloro che abitano oltre il rubicone barbari degni di servire roma esclusivamente come schiavi… e non a torto!
    Figuriamoci, pure qua a senigallia che diede i natali all’ultimo pontefice prima dell’unità si sta insinuando la lega… Qui che dipendiamo da roma e ci siamo evoluti con roma da 2400 anni… Odio gli idioti!

  23. @ Giovanni Fontana:
    Giovanni Fontana scrive::

    Anzi, proprio grazie alle politiche di informazione e pressione ideale la pratica si è ridotta enormemente negli ultimi 10 anni.

    Ecco, può essere. Hai qualche dato da cui poter attingere? Non ho ancora fatto un salto su Wikipedia inglese, e d’altronde mi piacerebbe conoscere anche la tua sponda, visto che sei stato giù in Africa.

    Però ho paura che qui siamo un passo indietro. Non è il come, che stiamo discutendo, ma il “se”.

    Se mi rileggi, troverai che è proprio ciò che ho premesso nel discorso, ed ho poi ricordato tra parentesi al termine del secondo periodo: è lampante che non si trattasse di quello, con la tua amica leghista. Stavo cercando di approfondire il discorso, ma mi rendo conto da tutta la discussione che il tuo post ha generato che anche il “se” può essere più interessante di quanto lo reputassi all’inizio. 🙂

  24. mattiaq scrive::

    E’ interessante questa visione leghista della nostra cultura e delle nostre tradizioni che sistematicamente omette sia il cristianesimo (il messaggio, non la forma

    Beh, o più precisamente, interpreta il Cristianesimo come è stato interpretato – più che legittimamente – per 1800 anni.

  25. fabio scrive::

    senti, ma la tua “amica” sta anche leggendo il blog, no? e cosa dice? e’ solo questa la campana che dobbiamo sentire? perche’ ne esce male, parecchio.

    No, non lo legge il blog. Lo legge sicuramente l’amica comune, V, e forse P.
    La leghista era la prima volta che la vedevo in vita mia (e forse l’ultima).

  26. Billy Pilgrim scrive::

    Ecco, può essere. Hai qualche dato da cui poter attingere? Non ho ancora fatto un salto su Wikipedia inglese, e d’altronde mi piacerebbe conoscere anche la tua sponda, visto che sei stato giù in Africa.

    Ho un sacco di materiale cartaceo, a portata di link non ho nulla. Ho dei report lunghissimi che potrei mandarti, ma ne avevo altri molto più sintetici che ti mando quando faccio un po’ di ordine nell’Hard Disk.

    Diciamo che, in due parole, il livello più facile per parlarne è quello legale. Ovvero che dagli anni novanta a oggi la maggior parte (sì, la maggior parte, lo sapevi?) degli stati africani interessati dalle MGF si sono dotati di una legge che la vieti.
    Ti ho messo qui una tabella molto schematica che avevo preparato quando ci lavoravo sopra:
    http://www.distantisaluti.com/wp-content/uploads/2010/02/Tabella-2pp..doc

    (comunque che le mutilazioni si siano ridotte non è contestato neanche da chi pensa che non dovrebbero ridursi)

    Billy Pilgrim scrive::

    tutta la discussione che il tuo post ha generato che anche il “se” può essere più interessante di quanto lo reputassi all’inizio. 🙂

    Eh, sei troppo ottimista, Mattè!
    http://www.distantisaluti.com/non-il-come-ma-il-se/

  27. Ma temperare universalismo e comunitarismo, no?
    Voglio dire, sono costretto a scegliere tra leghisti e radicali? Perché guardate che il 90% delle persone sceglierebbe i leghisti, probabilmente.

    Dev’essere per forza in contraddizione combattere l’infibulazione in Africa e tutelare la polenta in Lombardia? Fare una distinzione tra la dignità umana e i diritti universali dell’uomo da una parte (però bisogna anche mettersi d’accordo su quali siano questi diritti, perché scopriamo di non avere tutti le stesse idee su questo… tipo, abortisti e antiabortisti sono entrambi convinti di difendere i diritti umani… chi decide quali sono i diritti “giusti”?), e la varietà culturale delle nazioni, delle regioni, delle etnie che è un elemento importante e meritevole d’interesse?
    Guardate che se la Lega ha tanto successo è anche perché nella sinistra non abbiamo saputo dare una prospettiva comunitaria appetibile, come se tutto quanto fosse comunità ci fosse indifferente.

  28. @ Giovanni Fontana:

    Ti riferischi a questo:
    http://www.corriere.it/esteri/09_marzo_11/strada_bashir_alberizzi_a0f617fe-0e05-11de-b3a4-00144f02aabc.shtml

    Io invece ho capito che difendeva una posizione di diritto (La CPI non è competente per il Sudan) e faceva notare che c’è invece qualcuno che la CPI ignora deliberatamente, pur avendo il diritto (almeno) di indagare.

    Se si ignora il diritto per i cattivi, allora si può ignorare il diritto in modo arbitrario, come ha stigmatizzato Strada.

    Altra cosa che vuole mostrare Strada è che se si lasciano da parte i “ma loro” e si dà il buon esempio, anche i “cattivi” capiscono: “«Sono venuti ragazzini anche dal Ciad, un Paese in guerra con il Sudan che ha concorso per le spese” dell’ospedale pediatrico Sudanese.

    Hai mai sentito di ospedali di Emergency attaccati da terroristi?

    E’ un po’ il discorso che facevo io per il burqa. Se si lascia perdere la questione burqa e ci si concentra su come far rispettare i diritti dei più deboli, anche il burqa pian piano sparirà perché non avrà più senso.

    ciao
    nicola.

  29. Luca Gras scrive::

    Dev’essere per forza in contraddizione combattere l’infibulazione in Africa e tutelare la polenta in Lombardia?

    Beh, per quanto certamente io abbia più a cuore il combattere l’infibulazione, c’è un ragionamento di fondo che io non condivido. La polenta non è, di per sé, più buona del cuscus. Se un giorno – non credo che succederà, ma ipotizziamolo – in Lombardia il cuscus avrà completamente soppiantato la polenta vorrà dire che alle persone piace più il cuscus, e non c’è nessuna ragione per cui debba essere io a decidere quale sia un piatto da “tutelare”. È il fatto che ci sia qualcuno a cui quella cosa rende la vita migliore che fa sì che quella cosa abbia un valore, ed è la sua stessa tutela.
    Se un giorno nessuno vorrà più mangiare la polenta, pace all’anima sua: vorrà dire che tutit avranno trovato qualcosa di più buono da mangiare.

    Luca Gras scrive::

    Guardate che se la Lega ha tanto successo è anche perché nella sinistra non abbiamo saputo dare una prospettiva comunitaria appetibile, come se tutto quanto fosse comunità ci fosse indifferente.

    Mah, a dire il vero ora la sinistra, specie l’estrema sinistra, è notevolmente comunitarista.
    In ogni caso credo si debba distinguere ciò che io penso, da ciò che voglio che sia la posizione del mio partito in questo momento.

  30. nicola scrive::

    “ma loro” e si dà il buon esempio, anche i “cattivi” capiscono:

    Certo. Se iniziamo a infibulare le donne, e mettere loro il burqa, a violentarle per appagare il nostro piacere sessuale, e uccidiamo gli omosessuali, se instauriamo un Califfato sotto la più stretta Sha’aria, beh allora in quel caso Bin Laden sarà con noi perché avremo dato il buon esempio.

    nicola scrive::

    Hai mai sentito di ospedali di Emergency attaccati da terroristi?

    E questo on gli fa onore.
    Ho sentito di ospedali della Croce Rossa, di strutture educative dell’Onu. Di ristoranti gestiti da un palestinese e un israeliano insieme, di persone innocenti ai mercati, di donne che non portavano il velo o volevano innamorarsi di chi pareva a loro, e si può continuare all’infinito.

    nicola scrive::

    E’ un po’ il discorso che facevo io per il burqa. Se si lascia perdere la questione burqa e ci si concentra su come far rispettare i diritti dei più deboli, anche il burqa pian piano sparirà perché non avrà più senso.

    Questo è davvero un wishful thinking. E non hai, davvero, nessun elemento per sostenere questa cosa.
    Quello che, però, a me sta ancora più a cuore è farti notare una cosa: che quel “pian piano” è mézzo di sangue.

  31. “Il termine decerebrato è il più indicato. Considerato pure che sono stati 1000 coglioni nordisti a rompere le palle… Quantomeno nel regno delle due sicilie e qua nell’ex stato pontificio… Ma chi gli ha chiesto nulla… Tornassero nelle risaie che sono da sempre coloro che abitano oltre il rubicone barbari degni di servire roma esclusivamente come schiavi… e non a torto!
    Figuriamoci, pure qua a senigallia che diede i natali all’ultimo pontefice prima dell’unità si sta insinuando la lega… Qui che dipendiamo da roma e ci siamo evoluti con roma da 2400 anni…”

    Io critico di brutto il pensiero leghista e concordo in tutto ciò che ha detto a proposito Giovanni, ma pensieri come questi riportati sopra non mi paiono tanto differenti o migliori come spessore…c’è qualcuno che è razzista? e vai, ripaghiamolo con un razzismo ugualmente becero e tirando fuori attinentissime nozioni di storia antica…perchè non argomentare basandoci sulla storia dei tempi dei dinosauri a sto punto?

    Per il resto è curioso come certe idee si ritrovino pari pari nel pensiero di molti leghisti, di molti di estrema sinistra e di molti di estrema destra…e va annotato come il liberale seduto al vostro tavolo fosse un liberale “coerente” (altri lo sono a parole poi vanno anche loro dietro a questi concetti).

  32. nicola scrive::

    Hai mai sentito di ospedali di Emergency attaccati da terroristi?

    Hai mai sentito dell’ospedale di Strada a Kabul chiuso dai talebani, dopo che si erano stufati di farvi regolarmente istruzione per cacciare a bastonate gli uomini che lavoravano nello stesso reparto delle donne o viceversa?
    Poi gliel’hanno lasciato riaprire gli americani, l’ospedale a Kabul, ma naturalmente lui dice sempre peste e corna degli americani (dei talebani no).
    Capisco che Strada a sinistra sia una vacca sacra, ma mio nipotino di tre anni fa dei ragionamenti più complessi (e sensati). Una volta l’ho sentito rispondere – Strada, non il mio nipotino – a chi gli chiedeva come si fa, in certi casi, ad evitare la guerra: ‘Semplice: basta non cominciarla e ne hai già evitata una.’ Come si fa ad evitare la morte? Semplice: basta ricordarsi di respirare. Cazzo, come mai non ci ha pensato mai nessuno.
    Se la sinistra perde è (anche) perché si sceglie delle vacche sacre così.

  33. @ Giovanni Fontana:

    Non mi risulta che dare il buon esempio comprenda fare cose orribili. E nemmeno NON dire che sono orribili. Vabbè, so che hai capito bene.

    Per quanto riguarda il “piano piano” era riferito al fatto che le cose non cambiano dall’oggi al domani. Se pensi che vietare il burqa sia più veloce che permettere alle donne di ribellarsi al burqa e di creare le condizioni per ribellarsi da sole, sei libero di pensarlo. Io non lo credo.

    Il mio non è un wishful thinking, è una questione di metodo. Il metodo che esponevo, poi, non risolve solo un problema di sopruso, ne risolve molti, anche legati alla nostra cultura.

    ciao
    nicola.

  34. @Giovanni Fontana:
    E’ capitato anche a me, qui a Firenze, di discutere con un leghista, anche lui aveva la stessa impostazion mentale del “Noi-Loro”, e un chiodo fisso LA TRADIZIONE.

    E’ su questo concetto che ho trovato una falla, una crepa. Perchè, per un leghista,(almeno per quello da me conosciuto), la tradizione non è altro che un eterno mantenimento di tutto il prsente, senza sapere da cosa derivi.
    Il concetto stesso di mutamento, di evoluzione( credo anche quella Darwiniana) lo lascia perplesso. Le tradizioni, per un leghista(almeno per quel leghista) non si evolvono, non derivano, si perpetuano nel tempo.

    Per lui, scoprire o ammettere che le proprie radici/tradizioni non sono altro che il frutto di un lungo rimescolamento, è la fine del mondo!

  35. Io a un leghista la metterei semplicemente in questi termini:

    In occidente abbiamo certe libertà che altrove non ci sono. Va bene.
    E’ per via delle nostra e della loro cultura che sono diverse. Va bene.
    E’ giusto che rimanga così. Va bene.
    Anzi deve essere per legge così: che noi vietiamo l’infibulazione e loro la impongono. Va bene.

    PERO’, allora, togliamo i confini.
    Una nigeriana che accetta in toto la cultura occidentale deve essere libera di venire A VIVERE in occidente e un occidentale che vuole andare ANCHE SOLO IN VISITA in Nigeria deve accettare di sottoporsi alle restrizioni cui sono sottoposti i nigeriani.

    Non potrebbe opporre nessuna obiezione razionale.
    E se il mondo fosse davvero fatto in questo modo, lo sappiamo tutti come andrebbero a finire per infibulatori e leghisti…

  36. bellissima discussione. davvero interessante il punto di vista di billy pilgrim e ben scritto, il problema è che se aspettiamo che le cose cambino a livello economico e di tasso di analfabetismo, cosa auspicabile e presupposto essenziale, siamo di fronte ad un orizzonte temporale troppo esteso, quello che gli economisti più scaltri definirebbero di “lungo periodo”…Il difficile è proprio intervenire nel breve senza che l’azione non “neutrale” sembri un’ ingerenza culturale.
    Sono felice di non conoscerti billy, cosi giovanni non potrà sostenere che il mio fare da mediatrice fra le due posizioni sia dettato da ragioni di amicizia e non di convinzione.

    su gino strada:
    penso che strada abbia ben altro a cui pensare. se non si fa finanziare dai governi è risaputo, di certo non è perchè non vuole sporcarsi le mani ma perchè non vuole soldi da chi è responsabile dei civili morti ammazzati.
    una volta l’ho incontrato e ha detto che il suo sogno sarebbe quello di diventare inutile, a lui il suo mestiere non piace e vorrebbe che non ce ne fosse più bisogno.
    Gli ospedali di emergency sono un esempio da copiare, non solo di smisurata umanità, ma anche di efficienza organizzativa da cui c’è solo moltissimo da imparare.
    credo che lui faccia il suo mestiere, è immenso quello che fa e purtroppo insufficiente.
    ci sono video molto peggiori di questo, sui suoi ospedali ma linko questo:
    http://www.youtube.com/watch?v=8MwdYYE7J-A

    buttare la guerra fuori dalla storia degli uomini, questa sarà anche una posizione da sinistra massimalista,ma non me ne vengono in mente di altre.

  37. franco rivera scrive::

    La tua posizione NELLE CONSEGUENZE PRATICHE non differisce minimamente da quella leghista.

    No. Io ho detto che non trovo un motivo valido a sostegno della mia idea, non che considero giusta la lapidazione. Mi batterei quanto te per fermarla.

    Giovanni Fontana scrive::

    Beh, certo, se non consideri la sofferenza dei tuoi omologhi esseri umani una cosa negativa no. Ma a me, invece, l’etica appare proprio questo.

    Il problema è che l’etica non ha nessuna base, a mio avviso. Chi stabilisce la tua etica, Dio? Lo stato? La tua cultura?

  38. Giovanni Fontana scrive::

    Ti ho messo qui una tabella molto schematica che avevo preparato quando ci lavoravo sopra

    Interessantissimo, grazie: sono passati avanti molto importanti dal punto di vista legale.
    Sul numero stimato delle MGF hai qualche dato? Di quanto si sarebbero ridotte? Ovviamente non pretendo dati certi, solo qualche stima.
    Altra cosa sarebbe fare uno studio sul grado di applicazione delle leggi da parte di ciascuno stato, ma credo che sarebbe uno spreco di denaro che darebbe risultati comunque molto soggettivi.
    Devo dire che sono dati che fanno ben sperare anche una persona relativamente pessimista sui tempi rapidi del cambiamento culturale come me.

  39. Clunk: l’etica non ha alcuna base se la cerchi fuori da Dio, lo stato, la cultura. Ci sono però dei principî di massima che sono stati rispettati da tutte le società del mondo, fatte salve pochissime, ed in base a quelli cerchiamo di agire nel mondo anche per giustificare principî più complessi.

    Tutte le istituzioni umane hanno come scopo quello di preservare gli individui dalla morte e dalla paura della morte. Lo scopo di ogni individuo è quello di restare in vita il più a lungo possibile, e probabilmente anche quello di riprodursi.
    Da questi pochi principî escono etiche politiche anche del tutto antitetiche, è vero, ma negarli è impossibile. Da dove nascano? Ben poco importa. Cosa li giustifichi? Nulla: illi stant. Esistono? Difficile negarlo.
    Ti basti accettare che qualunque esistenza giace sul nulla, e che l’assoluto non esiste fuori dagli uomini.

  40. val scrive::

    Sono felice di non conoscerti billy, cosi giovanni non potrà sostenere che il mio fare da mediatrice fra le due posizioni sia dettato da ragioni di amicizia e non di convinzione.

    Cara Val, Matteo fu eletto nella Top 3 dei miei commentatori già a tempo debito. Provando a fare da mediatrice fra le mie posizioni e le sue, ti ritroveresti in un vicolo stretto – chissà se ci passa una persona!

    val scrive::

    penso che strada abbia ben altro a cui pensare. se non si fa finanziare dai governi è risaputo, di certo non è perchè non vuole sporcarsi le mani ma perchè non vuole soldi da chi è responsabile dei civili morti ammazzati.

    Bene. Questo sai come si chiama? Nella migliore delle ipotesi ottuso, nella peggiore delle ipotesi criminale.
    Può decidere se prendere quei soldi e salvare la vita di più persone, ricostruire arti, dare una vita migliore a più individui, e per un suo principio – non mi voglio sporcare le mani con quei soldi, appunto – decide invece di preferire che quei soldi siano destinati ad altro, magari a cose più inutili dell’indispensabile lavoro che lui fa.

  41. @ Billy Pilgrim: ma il fatto che un’etica universale non esista, salvo quei capisaldi che, giustamente, dici essere condivisi da tutte le culture, dimostra il fatto che le categorie stesse di bene e male non sussistono.
    Le istituzioni umane nascono per preservare la vita perchè senza quest’opera di preservazione il singolo avrebbe poche speranze. Questa è sopravvivenza, non c’è nessun principio.

  42. Billy Pilgrim scrive::

    Sul numero stimato delle MGF hai qualche dato? Di quanto si sarebbero ridotte? Ovviamente non pretendo dati certi, solo qualche stima.

    Sono dati molto difficili anche perché ci sono diversi tipi di mutilazione e ci sono persone che hanno fatto ricostruzioni vaginali, o più semplicemente sono state disinfibulate.

    La pagina di wikipedia en è fatta bene, quella dell OMS è più sintetica, ma ha un approccio – naturalmente – più medico che legale, che io condivido un po’ meno.
    http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs241/en/index.html

    Per completezza rispetto alle legislazioni nazionali ti ho messo qui anche tutte le risoluzioni, o i documenti, ONU che ne parlano e legiferano.
    Sì, le MGF sono veramente un ambito dove l’attivismo sta funzionando.
    Ovviamente bisogna stare attentissimi a “mirare” bene l’azione (una volta in cui discutiamo solo di MGF ti faccio un po’ di esempî di interventi fallimentari), e non bisogna pensare di avere già vinto.
    http://www.distantisaluti.com/wp-content/uploads/2010/02/Documenti-ONU-10pp..doc

  43. val scrive::

    buttare la guerra fuori dalla storia degli uomini, questa sarà anche una posizione da sinistra massimalista,ma non me ne vengono in mente di altre.

    Fammi capire, quindi tu non giustifichi la guerra mai, in nessun caso?

  44. Clunk scrive::

    @ Billy Pilgrim: ma il fatto che un’etica universale non esista, salvo quei capisaldi che, giustamente, dici essere condivisi da tutte le culture, dimostra il fatto che le categorie stesse di bene e male non sussistono.

    Certo che non esiste, però è molto ragionevole pensare che alla base di tutte le etiche non perverse vi sia la volontà di minimizzare il dolore. Quello che cambia è il modo per arrivarci, e infatti ognuno abbraccia quello che riterrà il percorso meno violento o più veloce.
    (è chiaro che, stabilite regole generali, non mancano singoli casi in cui l’etica di ognuno possa essere violata, talvolta necessariamente [m’è venuto in mente, per chi non l’avesse mai letto, lo stupendo Come pensano le istituzioni di Mary Douglas).

    Una cosa: non occorre essere relativisti per accorgersi dell’immensa relatività dell’etica. Su questo io e Giovanni, penso, concordiamo. Non concordiamo del tutto (ma in buona parte sì, devo dire, leggendolo spesso) sul grado di bontà che attribuiamo alla nostra etica o a parte di essa, sull’intensità con la quale riteniamo che il ‘bene’, poiché minimizza il dolore futuro, vada imposto ad altri nel presente, e sui mezzi da impiegare per raggiungere quel ‘bene’.
    Non siamo scellerati: nonostante ogni difficoltà, qualunque scelta attiva implica il pensiero di un ‘bene’, ed è proprio questo il motivo per il quale nessuno sano di mente si preclude il discorso morale.
    Ma quel ‘grado di bontà‘ che attribuiamo alla nostra etica è sempre relativo (ad altre culture, ad altre persone nella nostra cultura, ad altre parti della nostra etica): non siamo assolutisti, e su questo penso che io, te e Giovanni possiamo tranquillamente concordare. Non è facile non abbandonarsi al nichilismo, ma la mia esperienza mi dice che già essere estremamente relativisti è il primo passo: ad un certo punto bisogna fare quello successivo, che è scegliere, e smettere i ma-anchismi veltroniani.
    Tu sei più nichilista di Giovanni, e per questo propendi per un’inazione radicale, continuando ad indagare ossessivamente sui fondamenti di un’etica che non può averne di incrollabili, ma può comunque averne di saldi, eternamente dubitando.

    (d’altronde, senza voler scrivere un’agiografia, mi sembra che sia proprio ciò che fate continuamente tu, Giovanni e le persone intelligenti: dubitate).

  45. @ Billy Pilgrim: la minimizzazione del dolore è un fondamento della sopravvivenza che viene assunto dall’etica come principio. Il problema è che la minimizzazione del dolore guarda solo al proprio piccolo mondo. Esistono etiche che prevedono la sofferenza altrui e anche la propria, a voler ben vedere, specie quando si parla di religione. Hai ragione, la tentazione del nichilismo, ma il punto è che non è nemmeno una tentazione, è una convinzione. Però sull’inazione ti sbagli, credo che ogni etica abbia pari valore, ma che ognuno, in fondo, sia portato a cercare di estendere l’area di influenza della propria. La storia abbonda di esempi. Io, te e Giovanni condividiamo la medesima etica (suppongo) e cerchiamo di affermarla perchè convinti sia migliore di un’altra. Il problema è che non è migliore, è uguale a un’altra. Questo tarlo mi rode parecchio.

  46. val scrive::

    Direi di no, articolo 11

    “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”

    L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli. Dopo l’intervento in Afghanistan le libetà individuali, se dobbiamo dire, sono enormemente accresciute.

    L’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
    Credo che nessuna persona onesta potrebbe considerare la condizione delle donne sotto i talebani come una “controversia internazionale”.

  47. Anzitutto bisogna capire se la condizione delle donne sotto i talebani sia o meno domestic jurisdiction. Poiché in conflitto con il diritto internazionale classico, al solito è difficile giustificare un’ingerenza militare sulla base della violazione di un diritto umano fondamentale.
    Ciò detto, anche dal punto di vista legale la condizione delle donne afghane, posto che non sia in pericolo la loro vita in quanto gruppo, non costituisce ad oggi criterio sufficiente per stabilire se si tratti davvero di una controversia internazionale (e mi spiace, Giovanni, ma ci rientra eccome: dal punto di vista legale esistono controversie interne e controversie internazionali, nient’altro).

    Ma allora l’Italia si ritrova davanti al paradosso dell’inazione da entrambe le parti: nell’un caso, in quanto la materia sia semplice giurisdizione domestica dello stato, che non consente alcuna ingerenza da parte di stati differenti; nell’altro perché abbiamo ripudiato la guerra (offensiva) come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
    Potremmo giustificare un intervento militare solo sostenendo che l’oppressione delle donne afghane è un danno diretto e intenzionale al nostro stato. La qual cosa è chiaramente falsa.

  48. Io credo che quello che Clunk cerca di dirvi sia che non esiste una serie di motivi consequenziali tra loro che possono giustificare una scelta etica, poiché a monte di ogni serie di motivi deve per forza stare un postulato, ossia una verità accettata senza una giustificazione (per eesmpio in geometria euclidea che lo spazio sia piatto: niente lo giustifica, ma la geometria lo postula e su esso costruisce se stessa).
    Billy Pilgrim scrive::

    Tutte le istituzioni umane hanno come scopo quello di preservare gli individui dalla morte e dalla paura della morte.

    Questo non è del tutto accettabile: per esempio in Amazzonia esiste il cannibalismo e in quella comunità umana la morte altrui è il fine immadiato di un’altra persona.
    Questo è comunque un argomento forse complesso e da trattare con calma.
    Nel frattempo però noi possiamo parlare di come comportarci e di come valutare il nostro comportamento.
    Vediamo per esempio discriminazioni che non accettiamo, appunto perché la nostra morale/etica li condanna e ci sembrano ingiusti in assoluto e di fronte a questi noi puntiamo subito il dito. Ma forse l’unico modo per misurare i comportamenti di culture lontane e poterli criticare, è interpretare queste culture, poiché parlarne da qua è un’azione quanto meno poco utile. Interpellare queste culture significa dare loro i mezzi per poter parlare: un mezzo essenziale è ad esempio, che possano mangiare, poi che possano curarsi, istruirsi… E pertanto sembra opportuno fornire loro questi mezzi che potranno aiutare al dialogo, quindi alla reciproca comprensione, quindi all’eventuale cambiamento.
    Intorno a tutto ciò ci sta però una situazione storica detta globalizzazione, dove i valori non sembrano più essere propri di una nazione o di una cultura, ma più che altro di una “area di diffusione del mercato”: lo stesso mercato si diffonde in occidente e in Asia, e porta con sé gli stessi valori. Quindi se noi abbiamo accettato i valori di capitalismo, globalizzazione e omologazione, allora credo che possiamo accettarne tanti altri come l’infibulazione, … Se non vogliamo accettare quelli, cominciamo a non lasciare che le tradizioni vengano estirpate dalla nostra e potrebbe bastare fornire a tutti i mezzi, materiali, che noi abbiamo, in modo da avere qualcosa di uguale, di comune. Poi ci metteremo a parlare tutti insieme di nostri valori, potremo confrontarli e magari cambiarli. Fino a quel giorno non credo che abbiamo diritti di accusare le morali altrui, ma abbiamo la possibilità di adoperarci per il confronto…

  49. @ Clunk:

    la minimizzazione del dolore è un fondamento della sopravvivenza che viene assunto dall’etica come principio.

    Sì, che è quanto ho ribadito anch’io, nel mio commento.

    Il problema è che la minimizzazione del dolore guarda solo al proprio piccolo mondo.

    Non è un piccolo mondo, ma è certo autoreferenziale.

    Esistono etiche che prevedono la sofferenza altrui e anche la propria, a voler ben vedere, specie quando si parla di religione.

    Su questo hai ragione, ho peccato di semplicismo: ricordando che il dolore che prevedono queste religioni non è un fine in se stesso, ma una maniera per evitarsi dolori più grandi, tuttavia se il dolore massimo non si trova sulla terra, ma in un altro mondo, allora è giustificabile provocare anche un massimo dolore sulla terra.
    Ed è vero, sta tutto qui: quella che ho semplificato è in fondo una presa di posizione radicale e irriducibile.
    Pur tollerando e studiando ed interessandomi delle religioni, io ho scelto da tempo da che parte stare. Potresti risolvere l’aporia con il semplice prenderne atto, intanto, e in subordine luogo pensando che un pensiero che metta in conto tutti i tipi di etica e sia consapevole della relatività della propria è migliore di un pensiero che sia convinto della propria unicità e necessità.
    Se invece hai fatto il passo ulteriore dell’ultranichilismo, che sostiene che anche questa scelta di campo tra chi riconosce più etiche e chi ne ammetta una sola sia impossibile, perché chi assolutizza l’assoluto ha lo stesso diritto di esistere di chi lo relativizza, allora adesso, per te, effettivamente non c’è speranza.

  50. @ Billy Pilgrim:
    Io parlavo dell’espressione “controversia”, e certo se non si voglia definire controversia qualsiasi cosa – quindi l’Olocausto, le regole del nascondino, e il dualismo Montale Ungaretti – la condizione delle donne in Afghanistan non lo è.

    Del resto i costituenti, anche per pressioni, non potevano certo squalificare l’intervento americano in Sicilia: che difatti, direi, non è una “controversia”. Oppure sì?

    Dopodiché sono sicuro che la Costituzione nella sua interezza sia più legata a quel concetto reazionario e fascistoide della “sovranità nazionale” – sul quale si possono leggere bellissime pagine già di Einaudi – di quanto piaccia a me, ma mi interessava dismettere questo luogo comune sull’Articolo 11 come cardine del pacifismo come fine anziché come mezzo.

    Ma io non ho un approccio legalitario, le leggi che non mi piacciono mi propongo di cambiarle: se la costituzione dice che il matrimonio è fra un uomo e una donna – anche questo è disputato – io lo voglio cambiare.
    Se c’è qualche legge che impedisce agli omosessuali di adottare, o agli stranieri di entrare in Italia, io la voglio cambiare.

  51. Intorno a tutto ciò ci sta però una situazione storica detta globalizzazione, dove i valori non sembrano più essere propri di una nazione o di una cultura, ma più che altro di una “area di diffusione del mercato”

    Se fino a poco prima mi sembrava un punto di vista accettabile, mi sembra che da qui in poi tu sia perfettamente smentito da ricerche condotte non già oggi, ma fin dal 1996 (v. “Clash of civilizations” del fu Huntington, che mi pare siano avallate dalle ricerche sociologiche in Cina e India degli ultimi dieci anni).
    Tutto il resto del discorso mi sembra anzitutto non consequenziale con il postulato del mercato globalizzante ed omologatore, e soprattutto decade stanti i fatti del mondo nella realtà, e non nella testa di Noam Chomsky e dei teorici della dipendenza.

  52. @ Giovanni, allora, piano un attimo.
    Secondo me l’art. 11 della Costituzione italiana è una vaccata clamorosa, oggi. Ovviamente non nel momento in cui fu scritto. Emendarlo, come sai, è impossibile, perché ci espone a resistenze di tutta la sinistra sragionante. Ciò detto, anch’io vorrei cambiarlo.

    Ma dal punto di vista del mero diritto internazionale, francamente non vedo come potremmo non definire ‘controversia’ il problema delle donne in Afghanistan, nel momento in cui questo fosse sollevato da uno stato nei confronti di un altro. L’intervento degli americani in Sicilia c’entra poco, visto che l’articolo 11 ne è successivo e non dice quel che non devono fare gli altri, ma ciò che non possiamo fare noi.

  53. @ Billy Pilgrim:
    Dunque, forse, non abbiamo lo stesso concetto di “controversia”. Ripeto che mi sembra strano che i costituenti avrebbero potuto scrivere un articolo che squalificasse l’intervento alleato in Italia (oppure che desse sostanza al non-intervento precedente contro Hitler).
    Tantopiù che, se “controversia” è da intendersi in senso omnicomprensivo – e quindi tautologico (nel momento in cui dichiaro guerra diventa una controversia – come dici tu allora era molto più semplice scrivere: L’Italia ripudia qualsiasi guerra. Oppure: L’Italia ripudia la guerra, sempre. Oppure ancora, soltanto: L’Italia ripudia la guerra.

    Il fatto stesso che si sia sentita la necessità di introdurre delle distinzioni e delle specifiche, mi sembra, deponga a mio favore.
    Per quanto, lo ripeto, è una questione speculativa che – nella mia opinione sull’opportunità o meno di intervenire per impedire il massacro dei tutsi – conta davvero poco.

  54. Billy Pilgrim scrive::

    Secondo me l’art. 11 della Costituzione italiana è una vaccata clamorosa, oggi.

    Anche secondo me, nel senso che si tratta, né più né meno, di una limitazione di sovranità (fa parte delle prerogative di uno Stato sovrano decidere se e quando dichiarare guerra) imposta dalle potenze vincitrici ai Paesi che avevano perso la guerra: vedi i casi analoghi di Germania e Giappone, che infatti hanno poi modificato le loro Costituzioni per poter inviare truppe all’estero. Ammesso e non concesso che l’Italia potesse far militarmente paura a qualcuno, si tratta comunque di una condizione superata da decenni.
    Ma la vera, clamorosa vaccata di Giovanni è questa:
    ‘quel concetto reazionario e fascistoide della “sovranità nazionale”.’
    Libero lui di sognare il ‘liberi tutti’, imegin ol ze pipòl scièrin ol ze uerld, però sta di fatto che:
    1) John Lennon è morto;
    2) il concetto di sovranità nazionale è tranquillamente alla base della concezione del diritto internazionale, anche in Stati più progressisti e democratici del nostro: il pensare che tutto quel che sa di ‘nazione’ o di ‘identità‘ puzzi di fascismo è una di quelle vaccate che fanno parte dell’imprinting sinistroide da cui neppure Giovanni, checché si dia arie da liberale, è immune.

  55. No, un momento Giovanni, di pubblicistica sull’articolo 11 ce n’è a bizzeffe.
    L’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali: può solamente difendersi, o partecipare ad azioni di difesa collettiva. E’ controverso addirittura che possa partecipare a missioni di peace-enforcing (mentre è pacifico che possa farlo in quelle di peacekeeping), per l’ovvio motivo che si tratti di violenza impiegata per risolvere una controversia internazionale. Si tratta, in quel caso, di stabilire se la violenza consentita alle forze armate sia una guerra – infatti le nostre forze vengono dispiegate a guerra terminata, quando si spara sicuramente meno, e con regole d’ingaggio sin troppo severe.

    E’ proprio per questo che l’articolo 11 è una merda, e andrebbe emendato, ma che il suo intento pacifista resta conservato a quasi sessantacinque anni dall’estensione della Costituzione.

    (lo preciso in una parentesi: ogni interpretazione storicista non regge; l’Italia adottò l’articolo 11 proprio perché aveva partecipato come alleato alla guerra offensiva più radicale che potesse esistere)

  56. Altra cosa: una ‘controversia internazionale’ non esiste nel momento in cui dichiari una guerra, ma nel momento in cui due stati non si trovano d’accordo su qualsiasi punto.
    Il principio della domestic jurisdiction stabilisce il limite del dialogo tra ogni stato – fino a dove, cioè, ciascuno stato può spingersi nel criticare gli affari interni dell’altro (un tempo da nessuna parte, ora, probabilmente, da qualche parte).
    La controversia, per qualsiasi questione (di confine, di immigrazione, di possesso di armamenti) può essere risolta con svariati mezzi: mediazioni, buoni uffici, diplomazia in genere; arbitrati internazionali; ricorso ad organizzazioni internazionali; tante cose che dimentico ma non ho voglia di aprire il Conforti; e infine la guerra.
    Tutto qui, non esiste un concetto differente di ‘controversia’ che tu possa spartire rispetto al diritto pubblico internazionale, poiché esso è così per communis opinio, non di quisque opinio. 🙂

  57. Sul termine giuridico di controversia, allora, mi sbagliavo per ignoranza. Resta evidente, anche dalle tue osservazioni, che allora sarebbe stato molto più sensato scrivere “l’Italia ripudia la guerra, sempre”. Ancor più perché se è vero il bagaglio ideale che gli interpreti tu, allora – in spirito – l’Italia non avrebbe neanche potuto partecipare all’ISAF.

    Billy Pilgrim scrive::

    l’Italia adottò l’articolo 11 proprio perché aveva partecipato come alleato alla guerra offensiva più radicale che potesse esistere)

    No. Falso, la guerra fu dichiarata – e tardi – dagli Alleati. Che poi l’Italia dichiarò guerra successivamente è vero, ma a fianco di coloro che la guerra, per fortuna, avevano subito. I nazisti.

    Se si considera come movente di legalità internazionale l’invasione della Polonia, allora si deve considerare tale anche l’Anschluss o l’occupazione dei Sudeti. O la stessa occupazione sovietica della Polonia.

  58. Giovanni Fontana scrive::

    Resta evidente, anche dalle tue osservazioni, che allora sarebbe stato molto più sensato scrivere “l’Italia ripudia la guerra, sempre”.

    No. Non la ripudia in caso di difesa o difesa collettiva. La ripudia come (proprio, è implicito nelle interpretazioni costituzionaliste) mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
    Quanto all’ISAF, sbagli, anche se le interpretazioni peggiori dell’articolo 11 hanno trovato buon corso tra i politici più sinistrorsi. Siamo in Afghanistan sotto comando Nato, e l’Alleanza s’è appellata all’articolo 5 (The Parties agree that an armed attack against one or more of them in Europe or North America shall be considered an attack against them all and consequently they agree that, if such an armed attack occurs, each of them, in exercise of the right of individual or collective self-defence recognised by Article 51 of the Charter of the United Nations, will assist the Party or Parties so attacked by taking forthwith, individually and in concert with the other Parties, such action as it deems necessary, including the use of armed force).
    Lo scontro maggiore in Italia fu quando inviammo il contingente in Iraq, proprio perché non si trattava di una guerra definita giuridicamente come difensiva.

    No. Falso, la guerra fu dichiarata – e tardi – dagli Alleati. Che poi l’Italia dichiarò guerra successivamente è vero, ma a fianco di coloro che la guerra, per fortuna, avevano subito. I nazisti.

    Questa è una boutade clamorosa, eh. I nazisti avevano dichiarato guerra alla Polonia, che guerra non cercava. La Polonia era protetta da specifici e distinti accordi internazionali da Francia e Gran Bretagna, che a seguito degli accordi assunti scesero in campo per difenderla.
    L’alleanza tra Italia e Germania (Patto d’acciaio) era sia difensiva, sia offensiva; per questo in un primo momento Mussolini poté temporeggiare, cercando una maniera per disimpegnarsi da una guerra cui non era favorevole, e dovette cedere alle imposizioni hitleriane solo più tardi, entrando in una guerra offensiva a fianco di chi per primo aveva attaccato.

  59. Giovanni Fontana scrive::

    No. Falso, la guerra fu dichiarata – e tardi – dagli Alleati. Che poi l’Italia dichiarò guerra successivamente è vero, ma a fianco di coloro che la guerra, per fortuna, avevano subito. I nazisti.

    Sei piuttosto impreciso:

    THURSDAY, DECEMBER 11, 1941
    DECLARATION OF WAR BY GERMANY AND ITALY AGAINST THE UNITED STATES

    The Speaker laid before the House the following message from the President of the United States, which was read:

    “To the Congress of the United States:

    “On the morning of December 11, the Government of Germany, pursuing its course of world co nquest, declared war against the United States.

    “The long known and the long expected has thus taken place. The forces endeavoring to enslave the entire world now are moving toward this hemisphere.

    “Never before has there been a greater challenge to life, liberty, and civilization.

    “Delay invites greater danger. Rapid and united effort by all of the peoples of the world who are determined to remain free will insure a world victory of the forces of justice and of righteousness over the forces of savagery and of barbarism.

    “Italy also has declared war against the United States.

    “I, therefore, request the Congress to recognize a state of war between the United States and Germany, and between the United States and Italy.

    “FRANKLIN D. ROOSEVELT.

    “THE WHITE HOUSE, “December 11, 1941.”

    Mr. MCCORMACK. Mr. Speaker, I move that the message of the President be referred to the Committee on Foreign Affairs, and ordered printed.

    The motion was agreed to.
    DECLARATION OF WAR AGAINST GERMANY

    Mr. MCCORMACK. Mr. Speaker, I move to suspend the rules and pass House Joint Resolution 256, which I send to the desk and ask to have read.

    The Clerk read as follows.

    “Whereas the Government of Germany has formally declared war against the Government and the people of the United States of America: Therefore be it

    “Resolved, etc., That the state of war between the United States and the Government of Germany which has thus been thrust upon the United States is hereby formally declared; and the President is hereby authorized and directed to employ the entire naval and military forces of the United States and the resources of the Government to carry on war against the Government of Germany; and, to bring the conflict to a successful termination, all of the resources of the country are hereby pledged by the Congress of the United States.”

    http://avalon.law.yale.edu/wwii/dec05.asp#dec

  60. (Scialocco, sei impreciso anche tu: l’Italia entrò in guerra prima degli Stati Uniti, perciò si tratta di muovere obiezioni su un punto del tutto differente – le motivazioni della guerra di Gran Bretagna e Francia, come scrivevo nel post precedente)

  61. @ Billy Pilgrim:
    Non vedo l’imprecisione: io ho citato un documento. Se poi mi dici che a te importava solo stabilire l’inizio-inizio della guerra, ok; io ho precisato che la Germania (men che meno il Giappone, ma questo penso lo sappia anche Giovanni) non ha certo ‘subito’ l’ingresso in guerra degli Stati Uniti.

  62. Billy Pilgrim scrive::

    Questa è una boutade clamorosa, eh. I nazisti avevano dichiarato guerra alla Polonia, che guerra non cercava. La Polonia era protetta da specifici e distinti accordi internazionali da Francia e Gran Bretagna, che a seguito degli accordi assunti scesero in campo per difenderla.

    Quindi, allo stesso modo, avrebbero potuto entrare in guerra dopo la rottura del Patto di Versailles, dopo la rimilitarizzazione della Renania (quando proprio la Polonia aveva richiesto l’entrata in vigore del patto franco-polacco, di cui dopo). Sicuramente in questi due casi, di cui il secondo clamoroso.
    Dopodiché sull’Anschluss è dibattibile, per quanto – al tempo – la questione fosse pienamente presa in considerazione.
    Anche sull’annessione dei Sudeti, per quanto avallata da Monaco, ci sarebbe da discutere. Specie dopo l’annessione dell’intera Boemia.
    Anche la Cecoslovacchia era legata in alleanza con la Francia.

    Quindi, dopo almeno tre occasioni e mezzo in cui non lo fecero, all’invasione della Polonia furono Inghilterra e Francia a dichiarare guerra alla Germania. Se Scialocco è così bravo da trovare anche questa dichiarazione di guerra di Inghilterra e Francia alla Germania – e non quella, di due anni dopo, agli USA, che non c’entra nulla – ci fa un piacere.

    Il colmo è che, per lo stesso principio, avrebbero dovuto dichiarare guerra anche alla Russia, che poi invece gli fu alleata.

    (continuo domani)

  63. Giovanni parlava dell’intervento in guerra dell’Italia contro gli Alleati in generale (nel giugno 1940); l’America ha subito una dichiarazione di guerra da parte dell’Asse e, replicandovi, è entrata direttamente nel novero di quegli Alleati con cui l’Italia era in guerra già da un anno e mezzo. Ciò che preme sottolineare è che in nessun caso si può parlare dell’intervento italiano come di un intervento difensivo.

  64. Quindi, dopo almeno tre occasioni e mezzo in cui non lo fecero, all’invasione della Polonia furono Inghilterra e Francia a dichiarare guerra alla Germania.

    Giovanni, perdonami, ma cosa c’entra? L’inazione in tutti quei casi non pregiudica il fatto che, se di azione si fosse trattato, si sarebbe trattato di un intervento difensivo.
    Quanto alla Russia sovietica, di nuovo, non c’entra nulla: anzitutto non si conosceva il Molotov-Ribbentrop, e dunque la Russia dichiarò d’entrare in Polonia per difendere le minoranze ucraine e bielorusse dall’intervento di una “terza potenza” che approfittasse del caos (dichiarazione frutto di accordi faticosi con i tedeschi, peraltro). Qualunque fosse il pretesto, ad ogni modo, che Francia e Gran Bretagna avessero dichiarato guerra soltanto alla Germania, e con pochissima convinzione entrambe, peraltro, nulla toglie al fatto che a quel punto si sarebbe trattato di una guerra difensiva, come d’altronde sarebbe stato non solo politicamente, ma anche strategicamente, per tutto il 1941 (invasione della Francia, Leone marino, ecc.).

    Una nota marginale: mi piace questa discussione, stiamo entrando nel merito di molti argomenti, commento dopo commento; ma credo che ci stiamo anche allontanando dal topic del thread, peraltro con argomentazioni discutibili e francamente poco informate. Scusa, Giovanni, ma per me non basta ribattere possedendo il dono della retorica e della sottigliezza: ci vuole il supporto della storia e del diritto internazionale, e in questo caso mi sembra abbastanza evidente ti siano entrambi sfavorevoli.

  65. @ val:
    Gino Strada, da uomo del suo tempo, stenta sempre più a capire le ragioni di una guerra: non ritiene che la forza possa essere strumento per risolvere problemi internazionali e per i llavoro che fa pone la pace come condizione irrinunciabile. Ma la pace ha sempre parlato il linguaggio dell’utopia, dal’utopia pacifista rinascimentale degli umanisti cristiani, a Campanella, a Kant, fino ai socialisti.
    L’idea della pace è quasi sempre derisa. Ha sempre trionfato la REALPOLITIK, dai settecenteschi equilibri sostenentesi sulla guerra, al cesarismo napoleonico, ai vari Bismarck e banchetti coloniali. Poi la lotta per i mercati internazionali, le guerre mondiali.
    Ed eccola la bella equazione: pacifismo=viltà.
    Pacifista=traditore
    Perfino il Papa Benedetto xv che aveva riprovato l’inutile strage fu accusato dagli stessi cattolici ed escluso dalla Conferenza di Pace, si temeva il suo discorso, mentre a Versailles le nazioni vincitrici decretarono l’abolizione dell’impero turco e degli imperi centrali, l’umiliazione della Germania (da cui il rancore dei tedeschi, fomento al susseguente nazismo).
    Poi arrivò l’Onu e si intravedeva il progetto di un ordinamento sovranazionale orientato alla pace. Ma anche nel dopoguerra si misero condizioni alla pace e “pacifista” significò ancora una volta traditore.
    Poi la guerra fu vestita con panni ” proletari”, la lotta dei poveri contro i ricchi e si additarono nuovi eroi ( anche il buon CHE).
    Insomma abbiamo continuato e continuiamo a giustificare le guerre.
    Tuttavia da qualche parte vi è la convinzione che la nonviolenza e la pace possano essere non già un’utopia, ma una politica sostenibile. A questa intuizione diffusa però fa difetto la teorizzzazione, dov’è una filosofia della pace? E’ come se quando arriva il momento buono mancano le motivizioni ed eccola li ” la sinistra massimalista generica e inconcludente”.
    Allora a mio avviso si dovrebbe rileggere attentamente una pagina storica, quella della liberazione dell’India dal dominio coloniale inglese, occorrerebbe anche indagare meglio le ragioni filosofiche sottostanto all’azione di gandhi e prima di giudicare un pacifista come un utopista bisognerebbe verificare la bontà e la coerenza logica di una filosofia della nonviolenza. E chicazzosenefrega di marco travaglio.

  66. Billy Pilgrim scrive::

    Potresti risolvere l’aporia con il semplice prenderne atto, intanto, e in subordine luogo pensando che un pensiero che metta in conto tutti i tipi di etica e sia consapevole della relatività della propria è migliore di un pensiero che sia convinto della propria unicità e necessità.

    Su questo non c’è dubbio. I portatori di verità assolute mi angosciano come poche altre categorie scociali e sono, storicamente, la causa delle più immani sciagure. Però credo che sia una questione che non prevede mezzi termini. Se si è convinti della relatività dell’etica non ci si può fermare a metà. O si è convinti che ogni etica sia valida e ingiudicabile o non lo si è.

  67. val scrive::

    Allora a mio avviso si dovrebbe rileggere attentamente una pagina storica, quella della liberazione dell’India dal dominio coloniale inglese

    Hai detto bene: UNA pagina. In tutti gli altri casi, i dominatori coloniali se ne sono andati quando son stati scacciati con la forza e/o quando hanno deciso autonomamente d’andarsene, col loro comodo: come del resto è successo anche in India.
    Comunque UN esempio in condizioni del tutto particolari non costituisce un paradigma: sennò bisognerebbe dire che l’anarchia funziona perché quella volta a Barcellona i tram arrivavano in orario (oddio, c’è anche chi lo dice).

  68. Ma infatti, val, mi sconcerta un discorso tanto semplicistico da parte di chi sembra aver studiato, e parecchio: non esistono filosofie della pace? Veramente sovrabbondano, da More a Kant a Solov’ev. Servono filosofie della pace o, per meglio dire, portano la pace nel mondo? Una risposta veloce veloce: no.
    Il mondo è squilibrio, la violenza proviene da questo squilibrio, e un realista (quello che tu maiuscoleggi e bismarckeggi con l’intento di licenziarlo come filosofia perdente) semplicemente non ammette che l’utopia pacifista rechi pace, e che sia meglio gestire il mondo con i pochi mezzi presenti, piuttosto che inneggiare ad un futuro davvero improbabile, in cui non esisterebbero recriminazioni violente perché saremmo tutti uguali.

    Per tornare, infine, alla lotta di Gandhi: è fantastico come s’ignori bellamente Nehru, le centinaia di morti, l’esercito della guerra d’indipendenza indiana. La nonviolenza fu una strategia che anticipò i tempi del disimpegno inglese, abbinata ad altre strategie violente, e lo poté essere semplicemente perché anche gli inglesi avevano rinunciato ad utilizzare metodi eccessivamente violenti per distruggere l’opposizione indipendentista. Perché non fucilarono Gandhi? Probabilmente perché si aspettavano che le violenze successive all’omicidio di stato sarebbero state peggiori, e deleterie per l’esercito coloniale. Perché l’India poté esercitare del credito politico per raggiungere l’indipendenza? Perché aveva partecipato in forze ad uno dei bagni di sangue più fondamentali ed esiziali della storia del mondo, la Seconda guerra mondiale. La nonviolenza ha generato politiche tra le più violente e foriere di massacro in quell’area di mondo, fino alla spartizione indo-pakistana e alle ribellioni comuniste e all’uscita del Bangladesh.
    E allora la nonviolenza come strategia, sì, può essere utile in casi particolarissimi, e di sicuro lo spazio per la sua applicazione è andato ampliandosi in aree del mondo già libere. Ma la nonviolenza come condizione essenziale dell’uomo è una gran bella utopia inapplicabile: ad oggi possiamo solo limitarci a restringere le possibilità di una guerra, ed è molto meglio chiederci come fare, sapendo che ogni rimedio è temporaneo ed ogni controversia è suscettibile di sfociare in metodi violenti, quando tutti gli altri mezzi esperiti non abbiano avuto esito.

    Insomma: Gino Strada è un ottimo medico, ma di politica internazionale non ha capito una mazza, diciamocelo.

  69. @Clunk:

    O si è convinti che ogni etica sia valida e ingiudicabile o non lo si è.

    Non vi è alcun motivo per pensarlo. Questa rigidità strutturale riguarda i filosofi del Settecento ed Ottocento: non Derrida, non Guattari, non Débord, non Ortega y Gasset, non Gilpin, non Primo Levi, non me.

  70. Comunque UN esempio in condizioni del tutto particolari non costituisce un paradigma.

    E chi ha parlato di paradigma, ho scritto che non è un utopia ma una politica sostenibile. Mi dispiace, le pagine sono molteplici e confermi ciò che disse di lui Einstein “ può darsi che le generazioni future stentino a credere che una creatura simile abbia camminato sulla terra”
    Il grande merito di Gandhi è soprattutto quello di aver fatto accettare la nonviolenza a un popolo violento.
    Il popolo indiano non era affatto naturalmente mite e Gandhi fu esso stesso vittima di tale violenza.
    Vedeva un limite in quelle proposte rivoluzionarie che mirano alla conquista del potere; non è possibile realizzare e perseguire la giustizia sociale prendendo il potere o agendo sulle strutture intermedie. E’ molto piu importante creare un popolo libero e cosciente, capace di esprimere una volontà in qualunque circostanza.
    La sua vocazione l’aveva scoperta in Sudafrica, dove rimase oltre vent’anni, li lo colpirono le condizioni precarie degli immigrati indiani, guidò una lotta politica contro la segregazione con azioni nonviolente nel 1907 e nel 1913-14 riusci a far abolire le leggi razziste ( o no?). Nel luglio 1913 promosse la lotta delle donne indiane contro la invalidazione dei matrimoni contratti con rito non cristiano, piu di 6000 minatori si mettono a scioperare, centinaia di indiani finiscono in prigione. Gandhi organizza una marcia attraverso la frontiera del Transvaal violando l’ingiusta legge dell’immigrazione che vietava il passaggio degli indiani da uno stato all’altro: più di 3000 uomini donne e bambini marciavano in condizioni difficili, per diversi giorni, era l’ottobre del 1913. In seguito a questa azione Gandhi venne arrestato e condannato a 15 mesi di carcere, ma a dicembre viene messo in liberta e nel giugno dell’anno successivo si giunge all’accordo con il quale tutte le rivendicazioni degli indiani vengano soddisfatte. Diceva agli indiani “ non possiamo volere l’indipendenza se prima non abbiamo acquistato la coscienza di uomini liberi”.
    La lotta di Gandhi era volta a cambiare mentalità alla gente, perché era proprio sui difetti degli indiani che si fondava l’autorità degli inglesi, primo fra tutti la divisione in caste, con l’emarginazione dei fuori casta, gli intoccabili e l’assurda soggezione delle donne. Ce ne sarebbero da scrivere, altri 50 pagine. Ci sono anche le lotte e la disobbedienza civile che certamente a portato gli indiani ad ottenere l’indipendenza.
    Scusami tanto, ma a me sembra che anche la violenza e la guerra abbiano mostrato la loro impotenza a risolvere i problemi.
    ( ora rispondo a pilgrim)

  71. Il mondo è squilibrio, la violenza proviene da questo squilibrio, e un realista (quello che tu maiuscoleggi e bismarckeggi con l’intento di licenziarlo come filosofia perdente) semplicemente non ammette che l’utopia pacifista rechi pace, e che sia meglio gestire il mondo con i pochi mezzi presenti, piuttosto che inneggiare ad un futuro davvero improbabile, in cui non esisterebbero recriminazioni violente perché saremmo tutti uguali.

    A questo non io, ma il signor g ( gandhi) risponderebbe:ho scoperto che la vita persiste in mezzo alla distruzione, e quindi dev’esserci una legge più alta di quella della distruzione. Quanto ai mezzi è proprio li il punto, mezzi sbagliati si risolvono in un fine sbagliato, non si puo raggiungere la verita con le menzogne, non si ottiene l’eguaglianza del principe e del contadino tagliando la testa al principe. Quando la guerra sembra che faccia dle bene è solo un bene temporaneo, mentre il male che produce è durevole. E’ proprio una questione di metodo.

    Il mondo è squilibrio, la violenza proviene da questo squilibrio,

    Non sono d’accordo nella maniera piu assoluta, se fosse questo il mondo, ora ci saremmo distrutti tutti e la distruzione, per me non è la legge degli uomini.

  72. Scusami tanto, ma a me sembra che anche la violenza e la guerra abbiano mostrato la loro impotenza a risolvere i problemi.

    Una cosa, minima ma proprio per questo fondamentale – poi aspetto la tua risposta -: non c’entra affatto la validità della violenza e della guerra (peraltro condizioni generalissime, che andrebbero sviscerate caso per caso: quando, invece, vale che la minaccia di violenza contenga il totale di violenza esercitata [leggi: guerra fredda, equilibri europei con eserciti addestrati e controllati che si ammazzano tra loro risparmiando tutti gli altri, e via elencando] le prospettive della violenza non sono efficaci ad arginare la violenza? E appunto, di qui, il più generale discorso della pace democratica, che però, visto che lo sto declinando tra parentesi, magari rimandiamo ad una successiva discussione), c’entra la possibilità che esista un mondo popolato da uomini e che non sia violento.
    Il realismo analizza la storia e postula la stabilità della condizione umana (non dell’etica: non siamo stupidi; sì della condizione fondamentale dell’uomo, cioè quella di aggirarsi per un mondo in cui la distribuzione delle risorse scarse è ineguale).

    Finché esisteranno squilibri di risorse (cioè a dire: sempre), sempre chi è svantaggiato cercherà di raggiungere chi è avvantaggiato, e sempre chi è avvantaggiato cercherà di preservare la sua condizione di avvantaggiato. Puoi prendere una parte o l’altra nella lotta, che può farsi più o meno violenta a seconda degli uomini che l’incarnano e delle istituzioni che la contengono. Oppure puoi astenerti dal lottare, ma lo farai solo in particolarissime condizioni: la prima, perché lottare non ti serve, perché ti accontenti di quel che hai – ma guai se entrasse in casa tua un tizio per razziarti mobilio e cibarie, no? La seconda, gandhiana, è lotta in se stessa e sotto condizioni particolarissime, non violenta solo in tanto in quanto anche il tuo nemico (dichiarato) abbia deciso di non esercitare il massimo della violenza. Utilizzerai la nonviolenza come massima strategia per ottenere ciò che ritieni ti sia stato sottratto.

    L’unico metodo efficace per raggiungere una pace stabile è farlo sotto il rischio sempre presente (per quanto lontano, rimosso, sprofondato) di guerra. La pace perpetua, invece, genera mostri, ogni volta che si schianta la faccia del filosofo la normale natura media dell’essere umano.
    Non esistono stadi evolutivi prossimi venturi in cui non lotteremo per ottenere ciò che vogliamo per sottrarlo a chi ne ha di più, a meno che un nuovo, incredibile equilibrio geologico, atmosferico, fisico e psicologico investa la razza umana. L’unico ordine giungerà forse alla fine, quando raggiungeremo tutti la staticità ordinata e perfettamente distribuita di atomi dispersi nel cosmo. Fino ad allora temo che sarà impossibile eviscerare la violenza dal mondo.

  73. ho scoperto che la vita persiste in mezzo alla distruzione, e quindi dev’esserci una legge più alta di quella della distruzione.

    Se questo mezzo ha validità del mondo, si deve poter convincere il principe del tuo esempio a stringere alleanza con il contadino, a fare pace con lui, e a condividere con lui uno stato intermedio tra il prevaricato e il prevaricatore, collaborativo.
    Oppure si può pensare che la pace non sia di questo mondo, e urlare: “così non risolveremo mai i problemi del mondo”, ma accontentarsi di urlarlo fino a quando una vita migliore (la morte) ci avrà accolti nella sua dimensione egualitaria, e finalmente potremo essere sicuri di aver avuto ragione. Scusa, preferisco basarmi su un principio più efficace in questo mondo: ammettere che il mondo è violenza, e fare di tutto perché essa diminuisca.
    Peraltro stai addirittura semplificando il pensiero di Gandhi, che non si emancipò mai dall’ammissione perfettamente induista che il mondo fosse luogo di scontro tra violenze. Piuttosto ne rigettò l’applicazione per raggiungere, ripeto, un obiettivo contro un nemico perfettamente dichiarato: l’Impero britannico.

    se fosse questo il mondo, ora ci saremmo distrutti tutti

    Lo squilibrio di risorse fonda equilibri di vita basati su quelle continue configurazioni di squilibrio. Basta con le puttanate che violenza chiami sempre violenza, ché altrimenti appunto, ci saremmo distrutti tutti, e così non è. Non eri tu, il liberale? Perché a leggerti intravvedo ovunque punte d’assolutismo?

    Il mondo è violenza ineliminabile nelle sue fondamenta, non nel suo esprimersi pratico. Ciò che possiamo fare in quanto esseri umani è provare a cercare una maniera meno inadeguata delle altre per minimizzare il livello della violenza nel mondo. Gandhi vi riuscì per un periodo, e non ho mai detto che i predicatori di nonviolenza non possano avere successo sotto particolari condizioni.
    Semplicemente, non si può pensare che il mondo non sia violenza o che possa diventarlo in un certo futuro, perché questo spalanca le porte a certi stupendi paradossi bolscevichi. Cioè a dire: se predico la nonviolenza, ma dieci persone vogliono farmi fuori, schiatto (vedi Gandhi nel ’48). Se mi circondo di persone disposte a difendermi da chi, violento, vuole farmi fuori, ammetto che l’esercizio violento dell’autodifesa, che fa salva la mia vita, sia ammissibile finché il mondo non abbia smesso le sue sembianze di violenza. Se in molti mi vogliono morto, mi ritrovo in guerra, e allora rossi si ammazzano con i bianchi, qualche opportunista mi darà una mano a raggiungere il mio obiettivo, una guerra generale prenderà il mondo, e se io vincessi sarei addirittura costretto a segregare i violenti altrove, eternamente tentando di convincerli, fino a quando morissero e restassi da solo con i miei discepoli nonviolenti. I quali genereranno figli, che però potrebbero dar di matto e diventare violenti. A quel punto vi è un’alternativa: dopo la distruzione dei violenti, sterilizzazione dei nonviolenti.
    Poi, da morti, tornare sulla terra assieme a Gandhi, sorridenti, e constatare che quel che è rimasto al mondo sono un paio di ghepardi che si contendono gli ultimi brandelli di una gazzella.

  74. Billy Pilgrim scrive::

    francamente poco informate

    Ho provato a ricostruire tutta la questione: hai ragione, effettivamente di legalità internazionale ne so poco.

    Conservo quella piccola obiezione sulla controversia, ma così. Solo perché fosse messo agli atti che avevi ragione tu.

  75. @ val:
    Valeria, è sufficiente farsi due domande:
    Cosa avrebbe fatto Hitler contro Gandhi?
    L’avrebbe ammazzato. Altro che incarcerazione. Fine del sogno indiano.

    Cosa avrebbe fatto Gandhi contro Hitler?
    Ancora peggio. Gandhi, in vita, non fu mai molto chiaro sul tema, per quanto riconoscesse che avere l’Inghilterra come nemico fosse cosa molto diversa dall’avere la Germania nazista.
    Quale fosse il suo rimedio contro l’Olocausto è difficile a dirsi: la teoria che ho sentito più volte è che 6 milioni di ebrei avrebbero dovuto commettere suicidio di massa così da muovere le coscienze dei tedeschi a cambiare idea.

    Io non considero il pacifismo cinico – nel senso di avere la pace come fine anziché come mezzo – un’utopia bella, la considero una posizione profondamente immorale.

  76. @ GiovanniGiovanni Fontana scrive::

    Solo perché fosse messo agli atti che avevi ragione tu.

    Col leggerti, capisco che sentirmi dire che avevo ragione mi mette più a disagio di quando mi si dice che non ne ho. 🙂
    Conservo la mia parte di ragione, in questo caso, ma vorrei conservare anche la mia fallibilità, perciò vedrò di rimediare al più presto con una minchiata clamorosa da qualche altra parte, su questo blog. Un abbraccio pubblico, Giovanni.

  77. val scrive::

    e nel 1913-14 riusci a far abolire le leggi razziste ( o no?)

    Come volevasi dimostrare: tenere segregati razzialmente gli indiani non conveniva più, in termini di costi/benefici, i negri invece sì, tant’è vero che rimasero segregati per altri decenni. O è perché erano più fessi e non avevano un Gandhi?
    val scrive::

    Ce ne sarebbero da scrivere, altri 50 pagine.

    Sì, vabbé, il film l’ho visto anch’io 😉
    L’obiezione di fondo rimane: se non sei disposta a usare la violenza mai, in nessun caso, cosa farai quando troverai un violento disposto ad usarla contro di te?

  78. @ Shylock:
    Shylock scrive::

    Come volevasi dimostrare: tenere segregati razzialmente gli indiani non conveniva più, in termini di costi/benefici, i negri invece sì, tant’è vero che rimasero segregati per altri decenni. O è perché erano più fessi e non avevano un Gandhi?

    Tu dici che non gli conveniva piu segregare gli indiani? E invece con la violenza che si è fatto in quei dieci anni? E che mi dici degli effetti collaterali di tutte le guerre sugli indifesi e sugli innocenti, sulla sanità, sull’istruzione? Io penso semplicemente che con la nonviolenza, che non ha bisogno di capi, si mira al convincimento del nemico attraverso la non collaborazione, la disobbedienza civile, attraverso il carcere, il digiuno. Si cerca di convertirlo, non di farlo fuori. Talora si avanzava in zone militari sotto il tiro dei soldati. Erano cosi tanti che i soldati si rifiutavano di sparare e facevano causa comune con gli insorti. Io non ho visto il film ma ho letto un mucchio di libri tra cui Clemente Fusero, Gandhi, Dall’Oglio. Anche se uso la violenza e mi stanno per ammazzare rischio di sbagliare il tiro, di ammazzare qualcun altro e di essere sconfitta, dunque, se mi vuoi convincere del fatto che la guerra e la violenza è meglio, perchè è piu efficace, non è un argomento valido.
    Diciamo che la guerra continua ad essere di questo mondo anche perchè la mamma dei produttori di armi e di esplosivo è sempre incinta e perchè c’è ancora troppo omertà di fronte alla prepotenza e alle menti programmate per uccidere salvo intervenire in ultima istanza.
    Gandhi è riuscito per un pezzetto a domare le fiamme, ha viaggiato da solo, fino al gennaio ’48, poco prima di essere ammazzato. Gandhi morì indifeso, proprio come era vissuto.
    Comunque se ho parlato di lui, non è perchè io sia assolutista, ma perchè penso che lui abbia fatto conoscere un linguaggio di pace che non è affatto utopico o immorale ma passa per l’autoconsapevolezza della smisurata forza di ogni essere umano.
    Quello che penso, è che la violenza crea un bene provvisorio ed un male durevole, sempre.
    I Mussolini, gli Hitler incontravano meno obiezione diffusa, erano pochissimi quelli che gli andavano contro, forse oggi siano un pò di piu e potremmo fermarli.
    INoltre la prima scelta è fra azione e non azione, una volta che si sceglie l’azione si sceglie tra lotta violenta e non violenta.
    Nel 1991 c’è stato un gruppo di nonviolenti che hanno tentato di fermare i treni che portavano armi per la prima guerra del Golfo.
    Anche se è un pò fuori contesto, mi viene in mente Giovanni Falcone, o Don Pino Puglisi, assolutamente “non violenti” nella strategia,e proprio in questo, maestri.
    Io penso che gli eroi, i sodati uccisi, non siano degli eroi, ma delle vittime esse stesse.

  79. val scrive::

    E che mi dici degli effetti collaterali di tutte le guerre sugli indifesi e sugli innocenti, sulla sanità, sull’istruzione?

    E di tutti gli effetti collaterali delle non-guerre? Di tutti gli effetti collaterali dell’aver lasciato un regime più che nazista governare il Sudan per tanti anni, con enormi effetti collaterali sugli innocenti, sulla sanità, sull’istruzione?

    Talora si avanzava in zone militari sotto il tiro dei soldati. Erano cosi tanti che i soldati si rifiutavano di sparare

    Si vede che hanno trovato dei soldati buoni. Solo che poi trovi anche quelli che, più gente c’è, più è felice di sparare.
    E quando arrivi a quel punto, beh, farti ammazzare non è un’azione tanto eroica. È un’azione da integralista a cui non frega nulla di salvare la vita di tante persone, ma solo di mantenere linda la sua importantissima coscienza.

    val scrive::

    Quello che penso, è che la violenza crea un bene provvisorio ed un male durevole, sempre.

    Sì, esatto. È per questo che voglio impedire che la violenza sia perpetrata in Rwanda, in Darfur, in Kosovo, in Guinea.
    val scrive::

    INoltre la prima scelta è fra azione e non azione, una volta che si sceglie l’azione si sceglie tra lotta violenta e non violenta.

    E se si sceglie l’azione non violenta, e questa causa – o permette – più morti, più soppressione delle libertà, più distruzione di infrastrutture, della scelta violenta allora – prendendo la strada “non violenta” – si è responsabili di quella morte e quella sofferenza.

  80. val scrive::

    Tu dici che non gli conveniva piu segregare gli indiani? E invece con la violenza che si è fatto in quei dieci anni?

    Come ho detto, non conveniva più rispetto al costo: se un’azione non violenta è sufficiente, non sono certo contrario; io parlo dei casi in cui la nonviolenza non solo non basta a ‘convincere’ l’avversario ma ottiene l’effetto opposto, di dargli mano libera per reprimerti violentemente. O quello è un ‘effetto collaterale’ che sei disposta a sostenere? E a proposito, quanti indiani furono ammazzati, prima che gli inglesi si convincessero a mollare? E quanti indiani e pakistani sono morti, dal giorno dell’indipendenza in poi? Secondo il tuo stesso ragionamento, gli innocenti, gli indifesi, la sanità e l’istruzione non sarebbero stati garantiti meglio dagli inglesi, che avrebbero impedito a indù e mussulmani di scannarsi in campo aperto, come fecero dopo l’indipendenza?
    Ma ancora non mi hai risposto: se non sei ‘assolutista’, quando ti trovi davanti uno col coltello e poco ‘sensibile’ ai tuoi argomenti non violenti, che fai?
    val scrive::

    Diciamo che la guerra continua ad essere di questo mondo anche perchè la mamma dei produttori di armi e di esplosivo è sempre incinta

    Ommioddio. Diciamo che anche la madre dei produttori di luoghi comuni non scherza, quanto a prolificità?
    In Ruanda è stato commesso un genocidio usando, come principale weapon of mass destruction, il machete, che non mi risulta essere un asset delle multinazionali kattive.
    val scrive::

    Anche se è un pò fuori contesto, mi viene in mente Giovanni Falcone, o Don Pino Puglisi, assolutamente “non violenti” nella strategia,e proprio in questo, maestri.

    Bullshit, come dicono ad Harvard: Falcone usava tutta la violenza organizzata e legale che l’apparato repressivo dello Stato gli metteva a disposizione, mica andava in giro a predicare ‘mettete delle zagare nelle vostre lupare’.

  81. @ Billy Pilgrim:
    Mi cogli in castagna 😛 Non posso rispondeti in merito a quei filosofi perchè non li conosco abbastanza. Mi farebbe molto piacere, sempre che tu abbia tempo e voglia, se mi illuminassi brevemente in materia.

  82. Shylock scrive::

    val scrive::
    Shylock scrive::

    Ommioddio. Diciamo che anche la madre dei produttori di luoghi comuni non scherza, quanto a prolificità?
    In Ruanda è stato commesso un genocidio usando, come principale weapon of mass destruction, il machete, che non mi risulta essere un asset delle multinazionali kattive.

    Aldilà che non mi riferivo alle multinazionali cattive e basta…Devo dirti che ieri ho visto Shooting Dogs ed ecco se quello è tradotto, l’atteggiamento dei nonviolenti, devo riconoscere che fate bene ad incazzarvi con me.
    Quando ho studiato Gandhi, sia chiaro, sono rimasta impressionata e colpita dalla logica di fondo e “cioè cerco di convertire il nemico e non di annientarlo”, ma guradando gli hutu col macete e i loro massacri indisturbati, in effetti non mi venivano in mente strategie nonviolente.
    resta il fatto che l’unico nonviolento del film è il prete, che infatti muore con tutti gli altri.
    I soldati dell’Onu sono vittime di ordini dati da dei degenarati.
    Vi dò ragione, non tutte le guerre sono sbagliate, ma la non violenza non è degenerazione ma una tecnica che cerca di intervenire lì dove l’odio si incarna e si radica.

  83. @ Shylock:
    @ Shylock:
    Nella mia esperienza di Leghisti, il pensiero leghista è strapieno di venature ex-marxiste. Secondo me la lega è, anche, un partito “ex di sinistra”, per cui non è strano che le due filosofie, quà e là si tocchino.

  84. E’ stato entusiasmante leggere questo post..mi piacerebbe leggere anche tutti i commenti, ora non posso, ma troverò del tempo per farlo.. non so se qualcuno lo ha già scritto ma…

    Condivido questa espressione…
    «allora potevi impegnarti di più»

    Un Salutone!

  85. Rileggendo qua e là, nostalgico di approfondimenti che solo l’epoca blog mi ha regalato, ho trovato il pezzo su Silvia / Aisha che in pochi hanno scritto.

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