Come sarà la pace fra Israele e Palestina

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Avrete letto tutti che fra una settimana ricominceranno i colloqui diretti fra Israele e Palestina per arrivare a una pace. Tutte le persone sono scettiche, e fanno bene a esserlo, ma lo sono per la ragione sbagliata: tutti dicono che sarà difficile trovare la pace fra Israele e Palestina, la verità è che come sarà quella pace lo si sa già, tutti sanno come sarà – che la facciano il prossimo mese o fra due secoli –, ma nessuno la vuole.

In tante occasioni, quando si parlava di Israele e Palestina, è venuta fuori questo discorso, e in molti mi hanno domandato quali fossero questi punti: ho sempre risposto in modo più disordinato di quanto volessi. Con il pretesto dell’ennesimo nuovo inizio delle trattative ho rimesso in ordine le cose, e ci ho scritto un articolone sul Post. Diciamo che, se non le sapessi, sarebbero le cose che vorrei sapere su Israele e Palestina.

26 Replies to “Come sarà la pace fra Israele e Palestina”

  1. Condivido quello che dici al 99%, e condivido in modo completo la sostanza dell’articolo, cioè che nessuna delle due parti vuole veramente la pace. In particolare non la vuole, o almeno non è disposta a sopportare i compromessi che ne deriverebbero, la parte più forte. Quindi è alto il rischio che il negoziato fallisca, con annesso rischio violenza. Però lasciare la situazione così com’è sarebbe peggio: non è solo uno slogan dire che ogni anni che passa allontana la pace, è la verità. Spero che vista la posta in gioco Obama e soci decidano di usare l’unica arma veramente efficace, l’unica che metterebbe Bibi con le spalle al muro: la sospensione degli aiuti.

  2. L’articolo vale la sua lunghezza, e immagino sia stata per te una fatica enorme, quindi complimenti. Da qui (Beit sahur, conosci qualcuno dell’AIC?) mi pare leggeremente troppo equilibrata, mentre il conflitto (pardon, l’occupazione) non lo e’, purtroppo.
    Sul non volere la pace. Io non ne sono del tutto convinto, ma mi pare che i palestinesi vogliano le cose che hai detto (diritto di ritorno, fine occupazione, fine colonie, Gerusalemme capitale), e che quello sia un loro diritto. Fine delle discussioni. E mi pare che la modalita’ israeliana sia sempre quella dell’inculo con la sabbia, poi la proposta se sostituire la sabbia alla vaselina. Se uno e’ stanco dice si’, se uno vole mantenere il proprio diritto dice no. Io non so quale sia la risposta giusta.

  3. @ Camilla: non è solo la parte più forte, son proprio tutte e due. Quale governo (e quale opinione pubblica) si ritirerebbe da un territorio se dal giorno dopo proprio da lì gli piovessero missili addosso? E che i missili siano lanciati da “forze armate regolari”, estremisti o altro poco importa, o no?

    Aggiungo una mia opinione che scrissi più di un anno fa sul mio blog: a poco serve che Obama o chi per lui metta pressione sui governi, se nel frattempo non si costruisce anche la pace tra i popoli e nelle opinioni pubbliche. E’ da lì che trae linfa da un lato la destra israeliana, oggi determinante nel gioco di coalizione, dall’altro i gruppi oltranzisti palestinesi, a partire da Hamas.

  4. @ Aubrey:
    Ciao Andrea, sì, conosco l’AIC e conosco molti degli italiani che sono passati di lì nel corso del tempo. Dovevo anche tenerci un corso d’italiano, nelle aule dell’AIC, poi non hanno più voluto.
    Immagino tu sia lì come casco bianco, in bocca al lupo e non perdere l’empatia. Ché è facile, lì in Palestina.

    Aubrey scrive::

    Sul non volere la pace. Io non ne sono del tutto convinto,

    Provo a mettertela così: tutti i palestinesi che ho incontrato mi dicevano che per la pace non c’era speranza, che una Palestina non ci sarà mai, e che è impossibile immaginare la creazione di uno Stato. La pace non arriverà mai, gli israeliani non la daranno mai, neanche sul territorio più piccolo. Non esisterà mai una Palestina, neanche su un quartiere di Ramallah.

    Eppure, nessuno accetterebbe meno del massimo. È una contraddizione evidente. Se pensi di avere un debito con me di 1000 euro, ma sai – ne sei convinto – che nell’arco della mia vita non ti potrò mai dare più di 500 euro o niente, accetterai i 500 euro piuttosto che niente.

    Invece tutti i palestinesi che ho incontrato io, tutti tranne uno, quindi qualcosa come lo 0,05% non accetterebbero i Territorî, ma vorrebbero la distruzione d’Israele.

    Aubrey scrive::

    Se uno e’ stanco dice si’, se uno vole mantenere il proprio diritto dice no.

    Te lo chiedo così: tu quante persone conosci, lì a Beit Sahur, che è una delle aree più moderate di tutta la Palestina, che accetterebbero uno Stato palestinese sui territorî del ’67?

    Aubrey scrive::

    diritto di ritorno) e che quello sia un loro diritto

    Non so, Andrea, a te sembra giusto che se quelle persone fossero somale, keniote, sudanesi, honduregne, o qualunque altra nazionalità al mondo, anziché palestinesi, solamente 180.000 di quelle persone – invece di 4 milioni e mezzo! – avrebbero gli stessi diritti che hanno ora i profughi palestinesi?

  5. Caro Giovanni, non sono casco bianco, sono venuto a trovare un’amica che era casco bianco. Sapevo della tua Palestina, non che fossi stato qui vicino pero’, l’ho scoperto solo ieri. Per il resto, ho un po’ semplificato il mio pensiero: i profughi sono un problema davvero, ma cio’ non toglie che i 180000 originali avessero ragione. Sul resto, mi sembra sempre che inconsciamente si creda siano i palestinesi a dover fare il primo passo: perche’ ne siamo tutti cosi’ convinti? Perche’ si dovrebbero “accontentare”, se sono nel diritto? Pragmaticamente, hai ragione tu, ovvio, ma a me pare che chiediamo i sacrifici alla parte sbagliata…

  6. @ Aubrey:
    “a me pare che chiediamo i sacrifici alla parte sbagliata” ?

    A me pare che finché si ragiona sul presupposto che c’è una parte giusta e una sbagliata non se ne esce.

    Finché il paradigma è questo, entrambe le parti hanno ragione…
    – “i miei avi erano qua 2.000 anni fa, ci sono ebrei nella terra biblica d’Israele da allora, la Palestina non è esistita come nazione e come popolo fino a 50 anni fa” da una parte, “è la terra nei miei nonni e bisnonni, ci abitiamo da 20 generazioni, abbiamo diritto a un nostro stato” dall’altra
    – “noi abbiamo abbiamo accettato la suddivisione della Palestina decisa dal’ONU nel 1947, sono gli arabi che ci hanno attaccato continuamente e ancora ci minacciano, quando l’Egitto ci ha proposto la pace noi abbiamo riconsegnato il Sinai” da una parte, “è un’occupazione, noi la combattiamo con le armi che abbiamo, anche i partigiani sparavano e voi chiamavate eroi” dall’altra
    – “ci avete cacciato dalle case dei nostri nonni” da una parte, “e noi abbiam dovuto scappare dalle nostre a Berlino, Varsavia, Bagdad e Damasco a rischio della vita” dall’altra
    …e potrei continuare.

    Deve cambiare il paradigma, va tolto dal dibattito chi ha più ragione e chi sta facendo le concessioni più dolorose, e bisogna iniziare a ragionare – come del resto ha ben fatto Giovanni nell’articolo – sulla soluzione che soddisfa le condizioni minime di entrambi, e sulle modalità per realizzarla. Sapendo fin dall’inizio che ci saranno delle ingiustizie, ma con la coscienza che l’alternativa è peggio.

  7. gallodidio scrive::

    Deve cambiare il paradigma, va tolto dal dibattito chi ha più ragione e chi sta facendo le concessioni più dolorose, e bisogna iniziare a ragionare – come del resto ha ben fatto Giovanni nell’articolo – sulla soluzione che soddisfa le condizioni minime di entrambi, e sulle modalità per realizzarla. Sapendo fin dall’inizio che ci saranno delle ingiustizie, ma con la coscienza che l’alternativa è peggio.

    condivido totalmente.

    @ Giovanni Fontana:

    l’articolo è molto esauriente, se fossi stata all’oscuro della questione leggendolo avrei avuto un chiaro quadro della situazione. bravo.

  8. @ gallodidio:

    Sulla prima parte della tua risposta: qui non è coinvolta Hamas, ma il governo di Abu Mazen. Che non vedo cosa possa fare di più di quello che ha già fatto nei confronti di Israele. Di fronte si trova quel tipo che si vanta di aver boicottato gli accordi di Oslo… Beh, io rispetto a livello di popolo gli Israeliani quanto i Palestinesi, ci mancherebbe, e non ritengo le vite degli uni o degli altri più importanti, ma a livello di governi no, essere imparziali non è possibile.

    Sulla seconda parte, discorso vero ma che vale fino ad un certo punto. I veri cambiamenti partono dal basso mentre quelli imposti non sono mai del tutto recepiti, hai perfettamente ragione. Guarda l’Italia, l’unità non venne dal popolo e ancora non ci sentiamo tali. Ma a volte non si può lasciare che le cose vadano avanti così come sono senza dargli una direzione, perché la massa va anche “educata” (non trovo un termine migliore, so che questo è maoista e non mi piace). Sempre con la mente all’esempio di prima, l’unità ci fu imposta, ma se non lo avessero fatto io a quest’ora sarei ancora sotto il Papa. Ne vale la pena o no, queste sono scuole di pensiero e io di fronte a diverse scuole di pensiero alzo le mani perché non ce n’è una giusta o una non giusta.

  9. @ Camilla:
    Non può essere la pace di Abu Mazen e Netanyahu, deve essere quella tra Israele e Palestina. Dici che Hamas è un’altra cosa. E se gli insediamenti israeliani in Cisgiordania venissero protetti da guardie private che sparano a caso sui passanti palestinesi, non daresti qualche responsabilità al Governo israeliano? (già vedo i titoli “milizie israeliane sanguinarie”,”la mano del Mossad”…)

  10. Camilla scrive::

    @ gallodidio:
    Sulla prima parte della tua risposta: qui non è coinvolta Hamas, ma il governo di Abu Mazen.

    Da un punto di vista negoziale non si possono scindere i due. Politicamente (e non solo) c’è un abisso, sia chiaro.

  11. @ Camilla:
    Per assurdo, mettiamo che si arrivi a una pace con Abu Mazen – e il giorno dopo le strette di mano e le feste in piazza piovessero missili da Gaza su Sderot. Che succederebbe?

    IMHO Bibi approfitterebbe immediatamente per denunciare gli accordi, sostenere che lui ci ha provato, che sono i palestinesi in ultima istanza a non voler la pace. E troverebbe terreno fertile nell’opinione pubblica, ahimè.

    Esistono altri scenari, per carità, ma il rischio che questo si manifesti – e inevitabilmente porti a rimandare il discorso di altri 10 anni – per me è troppo alto.

    No?

  12. gallodidio scrive::

    @ Camilla:

    IMHO Bibi approfitterebbe immediatamente per denunciare gli accordi, sostenere che lui ci ha provato, che sono i palestinesi in ultima istanza a non voler la pace.

    Per curiosità, in un simile scenario, in che punto del ragionamento avrebbe torto Bibi? è paragonabile a un banalissimo quiz di logica da test del quoziente intellettivo:
    “Israele e Palestina arrivano ad una pace. Piovono missili da Gaza su Sderot. Bibi denuncia gli accordi.” Date le precedenti premesse, quale delle seguenti conclusioni ne è DIRETTAMENTE deducibile?
    Lascio immaginare a voi le risposte multiple.

    Per prevenire risposte stupidamente critiche sulla forma del mio commento, ci tengo a precisare che sono ovviamente consapevole dell’estrema semplificazione della realtà in cui sono incorso, il cui scopo era (oltre all’ironia) di far notare la squilibratezza di alcuni ragionamenti (che purtroppo sono quelli della maggior parte delle persone). Nel tuo ipotetico scenario, non solo giustifichi implicitamente un ipotetico attacco da parte dei palestinesi dopo un eventuale trattato di pace, ma denunci pure l’inevitabile reazione ad una simile violazione. Prova a ribaltare la situazione: immagina che sia israele a violare il sempre ipotetico trattato di pace. Quale sarebbe la reazione dei palestinesi? Quale quella del mondo? Quale la TUA, soprattutto?
    (Ho letto il tuo primo commento e lo condividevo, era equilibrato e ragionevole, e rispecchiava il mio punto di vista – io ritengo che abbiano fondamentalmente torto entrambe le parti – quello che ti contesto è il ragionamento dell’ultimo commento, da cui traspare appunto una logica preconcetta e fallace, caratteristica di molti filo palestinesi).

  13. @ Mario:
    Non ho mai detto, né pensato, che Bibi avrebbe torto. Anzi, avrebbe ragione da vendere.
    Non giustifico nessun attacco da parte dei palestinesi, né prima né durante né dopo.

    Soprattutto, non ho capito come da quella frase, scritta per spiegare perché IMHO non si può scindere Abu Mazen da Hamas, tu deduci tutto questo e te la prendi con me in questo modo. Forse sei animato da logiche preconcette e fallaci?

    PS le “caratteristiche di molti filopalestinesi” dette cosi in modo generico e generalizzato non mi piacciono, per niente. Mi ricordano troppo da vicino nasi adunchi e altre caratteristiche analoghe che sessant’anni fa erano sufficienti per sbattere qualcuno con biglietto sola andata su treno diretto in Polonia.

  14. gallodidio scrive::

    PS le “caratteristiche di molti filopalestinesi” dette cosi in modo generico e generalizzato non mi piacciono, per niente. Mi ricordano troppo da vicino nasi adunchi e altre caratteristiche analoghe che sessant’anni fa erano sufficienti per sbattere qualcuno con biglietto sola andata su treno diretto in Polonia.

    Questa è una sciocchezza, al di là del caso in esame.

    Avere delle idee chiare su altre persone per le proprie idee è cosa necessaria, altruista, e positiva.

    Avere delle idee su altre persone per caratteristiche innate e non su opinioni deliberate, quello è pericoloso.

  15. @ gallodidio:
    Bè, se ho frainteso quello che intendevi mi dispiace. Mi sembrava di aver abbondantemente spiegato quello che ti contestavo, ovvero specificatamente quell’ipotetico scenario che proponevi, che mi sembrava appunto rispecchiasse un ragionamento fallace. Ti prego un momento di astrarti dal contesto e di leggere (al di là dell’ironia del precedente messaggio, che non voleva essere affatto offensivo, come a quanto pare è risultato) lo scenario che proponevi, come un problema di logica. Che conclusioni se ne traggono? è una questione banalmente linguistica, e mi pare – correggimi se sbaglio – che le conseguenze logiche del ragionamento fossero quelle che contestavo io. Se poi non è quello che intendevi “I beg your pardon”, però cerca di capire la mia perplessità.
    Per quanto riguarda le “caratteristiche di molti filo palestinesi”, di inviterei a notare che nel mio commento è singolare e preceduta da “logica preconcetta e fallace”. Gradirei molto qualche chiarimento su quale punto del mio discorso rimandi a caratteristiche somatiche (straw man, mi pare, giusto Giovanni?) e non a una semplice critica delle idee, per essere filologico a uno dei leit motiv di questo blog. Quello che ho criticato è semplicemente un ragionamento che NON rispetto, e se non ti appartiene mi fa solo che piacere.
    P.S. ripeto, se a volte sono un pò pungente nell’argomentare, non è assolutamente un attacco personale, ne che me la prendo con te, ne nulla di simile. Just a way to argue, per favore, non prenderla come un’offesa, che finire ad accusarmi come risposta di usare un metro razzista per giudicare le persone, quello si è offensivo.

  16. @ Mario:
    Senza polemica, non capisco tanto accanimento su uno scenario. Qua si parlava di come arrivare a una pace possibile, Camilla ha distinto tra Abu Mazen e Hamas e io ho descritto lo scenario per illustrare come se si distingue tra i due molto difficilmente si giunge a una pace duratura. A prescindere dal fatto che Hamas e/o Abu Mazen e/o e/o tutto il resto del mondo abbiano ragione e/o torto, e dalle opinioni personali di ciascuno di noi.

    Sull’aspetto somatico ho già precisato a Giovanni sopra, e mi scuso ancora se la mia analogia risulta offensiva. Di certo non ho interpretato le tue affermazioni come razziste, e la mia analogia in questo senso è fuori luogo. E’ solo che non mi piacciono le generalizzazioni della serie “questo è tipico di quelli che…”. Tutto qua, e nulla più.

    Aggiungo che in ogni caso associare i ragionamenti fallaci e/o preconcetti al ragionamento di una parte o l’altra non aiuta certamente a raggiungere una soluzione condivisa. Come si diceva all’inizio, a discutere di chi ha più ragione o più torto non si finisce mai.

    PS @Giovanni: se un post qua ha suscitato tutto questo, immaginiamo per un attimo le difficoltà che hanno i negoziatori veri… “The Process” di Uri Savir in questo senso è molto interessante.

  17. gallodidio scrive::

    PS @Giovanni: se un post qua ha suscitato tutto questo, immaginiamo per un attimo le difficoltà che hanno i negoziatori veri… “The Process” di Uri Savir in questo senso è molto interessante.

    Sai cosa? Che io penso il contrario. Che se ci andassimo noi, io te, tutti quelli che sono intervenuti in questo post, a tutelare gli interessi di israeliani e palestinesi faremmo la pace domani. Domani, anche oggi.

  18. Scusate ho inviato il commento a metà dell’editing. Riposto qua sotto per intero.

    @ Mario:

    Senza polemica, non capisco tanto accanimento su uno scenario. Qua si parlava di come arrivare a una pace possibile, Camilla ha distinto tra Abu Mazen e Hamas e io ho descritto lo scenario per illustrare come se si distingue tra i due molto difficilmente si giunge a una pace duratura. A prescindere dal fatto che Hamas e/o Abu Mazen e/o Bibi e/o Beilin e/o tutto il resto del mondo abbiano ragione e/o torto, e dalle opinioni personali di ciascuno di noi.

    Sull’aspetto somatico ho già precisato a Giovanni sopra, e mi scuso ancora se la mia analogia risulta offensiva. Di certo non ho interpretato le tue affermazioni come razziste, e la mia analogia in questo senso è fuori luogo.

    E’ solo che trovo le generalizzazioni della serie “questo è tipico di quelli che…” spesso fuorvianti, per non dire di peggio. Da una frase non si può estrapolare il profilo di una persona, né tantomeno inquadrarla in una categoria. In questo caso, è stata solo una deduzione errata. Ma può essere anche un artificio retorico per delegittimare il singolo (“è filopalestinese quindi scrive X perché …”). E vorrete perdonarmi se credo che il passaggio da generalizzare su opinioni a farlo su caratteristiche innate sia breve (non è questo il caso, parlo in generale).

    Tutto qua, e nulla più.
    Aggiungo che in ogni caso associare i ragionamenti fallaci e/o preconcetti al ragionamento di una parte o l’altra non aiuta certamente a raggiungere una soluzione condivisa. Come si diceva all’inizio, a discutere di chi ha più ragione o più torto non si finisce mai.
    PS @Giovanni: se un post qua ha suscitato tutto questo, immaginiamo per un attimo le difficoltà che hanno i negoziatori veri… “The Process” di Uri Savir in questo senso è molto interessante.

  19. @ Giovanni Fontana:
    Anche i negoziatori potrebbero farla subito, così come avrebbero potuto e forse voluto farla quindici anni fa (leggi il libro se hai modo).

    E’ che loro poi devono convincere governi e opinioni pubbliche molto più sospettose e irritabili di noi!

  20. @ gallodidio:
    non vorrei essere noioso, quindi taglierò corto…
    non è lo scenario in se contro cui mi accanivo, ma era semplicemente il modo di ragionare (che per altro non mi sembra affatto il tuo, leggendo le altre cose che hai scritto) che non mi convinceva. Evidentemente devo aver frainteso quello che intendevi.
    That’s it.

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